24 - MAI FIDARSI DI UN MAGO

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Jeans, giacca blu, occhiali e cappellino con visiera, come un qualsiasi corriere Amazon che si guarda attorno alla ricerca del civico giusto: ho persino una piccola scatola e dei fogli tra le mani.

La porta che dà sul cortile non è nemmeno chiusa a chiave e così scivolo dentro annusando l'aria umida e silenziosa del basso ventre dell'Hermione.

Il ristorante è aperto e tutto il personale di sala e cucina è all'opera al piano di sopra, mentre il manager arriverà tra trenta minuti esatti: dannato adorabile ungherese abitudinario. La tabella dei turni di oggi vede Jay Jay al suo posto a sfregare pentole e padelle.

Muoviti lento e non attirerai l'attenzione.

Inizia la mia mezz'ora di gloria.


Alla fine del corridoio polveroso del piano interrato mi aspetta la porta che dà sulla dispensa del ristorante, chiusa da una massiccia serratura dorata: tiro fuori dalla scatola una bomboletta di olio per zittire i cardini e soprattutto grimaldello e tensore.

Lavoro con i due ferretti con gli occhi semichiusi, alla deriva nella mia breve estasi illegale e dopo diciotto secondi risuona quello scatto sublime: oggi sono tremendamente in forma.

Metto via i miei strumenti e varco la soglia, forte del silenzio che percepisco dall'altra parte.

A volte è veramente questione di istanti: quando uno dei commis chef entra in dispensa mi fiondo su di una pila di cartoni di vino, dandogli le spalle mentre fingo di controllare la bolla di accompagnamento, come farebbe un corriere qualsiasi.

Prospettiva, angolazione e punto di vista: parole sacre come Vangeli.

Sento la persona dietro di me esitare e quando mi mette una mano sulla spalla, affondo il volto nei fogli che ho in mano e rimango immobile, cercando solo di controllare il battito cardiaco:

«Non ti preoccupare: lasciali pure lì, che appena ho un minuto di tempo li sistemo io.»

Detto questo afferra un sacco di patate, mi saluta ed esce di scena rapido ed inconsapevole.

Entro in ufficio con il sudore sul collo come biglie di ghiaccio e sicuramente con qualche capello bianco in più: chiudo la porta a chiave e controllo sugli schermi del sistema di sicurezza chiunque si muova dal ristorante per scendere giù.

Avere avuto da Jay Jay il codice della cassaforte mi rende le cose fin troppo semplici; sbadiglio mentre prendo quello che stavo cercando e l'orologio mi dice che ho già speso la metà del tempo a mia disposizione.

Lascio la giusta quantità di disordine e prendo la strada per la libertà, dopo una piccola sosta negli spogliatoi, per completare l'opera.

Torno in cortile e mi compiaccio dei cinque minuti avanzati ,mentre con gesti compassati lascio il cappello in un bidone della spazzatura e gli occhiali da sole sostituiscono quelli da vista portati dal corriere.

La giacca reversibile passa in un istante dal blu al verde e la trasformazione è completa, come confermato dal riflesso nella vetrina all'angolo.

Missione compiuta. Missione decisamente compiuta.

Entro al Berlino 1921 e raggiungo il tavolo prenotato giorni prima sulla balconata al piano di sopra.

Una camerierina che avrà la metà dei miei anni mi porta al tavolo cibo e bottiglia di vino: brunch e spettacolo, cosa chiedere di meglio?

Afferro il calice di bianco ghiacciato mentre la posizione privilegiata del tavolo mi permette di vedere attraverso la vetrata dell'Hermione.

La tensione è tangibile e lo scompiglio nasce, cresce e prende il sopravvento:

cameriere che si bisbigliano cose all'orecchio, baristi che continuano a guardare verso la cucina, il manager e l'head chef che discutono animatamente, seduti ad un tavolo vicino all'ingresso.

I pancakes con salmone ed erba cipollina del Berlino 1921 si confermano imbattibili anche questa volta. Inizio a tagliare bocconi della giusta dimensione, per far si che il piacere non finisca troppo presto.

La polizia arriva quando sono a metà bottiglia, nelle vesti discrete di due culturisti in divisa con manganelli, radiolina e tutti gli accessori del caso.

Quando Jay Jay viene invitato a sedersi al tavolo vorrei essere lì di fianco, a distanza sufficiente per sentire l'odore della sua paura, paura che declina in terrore quando il manager gli mostra la busta con il denaro sparita dalla cassaforte e ritrovata nel suo armadietto negli spogliatoi, insieme ad una serie di effetti personali di altri dipendenti del locale.

La camerierina mi sorride compiaciuta quando esplodo in una risata genuina, battendo una mano sul tavolo: questo vino è una meraviglia, la prossima volta ci devo venire con Serena.

Mentre i due parlano con i poliziotti mi preparo al gran finale di questa opera indimenticabile: cambiata la scheda del telefono invio un messaggio e ritorno veloce al mio vecchio numero, rompendo la nuova SIM in due e lasciandola nel posacenere.

Jay Jay si fruga in tasca, recupera l'apparecchio e rimane perplesso non riconoscendo il numero, ma le bambine nella foto le riconosce bene, avendole generate e cresciute, infatti guarda in basso abbattuto e rimette via il telefono.

Solo una piccola assicurazione per un futuro sereno, visto che certa gente capisce solo certi linguaggi e certi livelli di violenza.

Così impari a fare lo stronzo con me:

«Mai fidarsi di un mago: è la prima regola.»

Quasi quasi ordino ancora una bottiglia e chiedo il numero alla camerierina: oggi è veramente una giornata da ricordare.

NUDO CHEFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora