Segnalato. Tutto mi sarei aspettato tranne di essere segnalato.
E le cose che non mi aspetto sono solitamente quelle che mi agitano.
Sono tornato da Tenerife da un giorno, sono ancora emotivamente convalescente, ma con i meglio propositi di reagire e ricominciare al meglio che mi arriva un gancio al mento che avrebbe messo al tappeto anche un toro.
Neanche il tempo di sfoggiare l'abbronzatura in contrasto con la giacca bianca che vengo convocato in ufficio dove il capo pastry chef della compagnia (un gigante eritreo che non ha mai fatto nulla per nascondere la sua disistima nei miei confronti) e l'head chef mi spiegano di aver ricevuto una lunga e-mail
di segnalazione da parte di una sous chef riguardo una mia presunta condotta svagata e superficiale riguardo il mio lavoro e focalizzata sul fare i miei esperimenti durante le ore di turno.
E qui parte il processo: usi ingredienti tuoi o della cucina, quando fai i tuoi esperimenti, quanto il tuo lavoro ne risente, facciamo che da adesso in poi non fai più nulla...
Tutto questo con buona pace dell'autorizzazione dell'executive chef a fare letteralmente quel che mi pare e di un rendimento della sezione pasticceria che non ha mai conosciuto picchi così alti come durante il mio operato.
L'executive chef, il vertice della piramide gerarchico culinaria della compagnia.
Un francese con gli attributi di cemento armato, che mi ha sempre portato in palmo di mano. Una persona mai nominata nel mio piccolo processo pomeridiano. Una persona evidentemente all'oscuro di questa piccola storia ignobile.
Sputato il mio sdegno come veleno di fronte a due persone che hanno tutto in mente fuorché ascoltarmi esco a prendere una boccata d'aria e reprimo l'istinto di sfoghi luciferini della rabbia che mi sta montando dentro per mettermi immediatamente a scrivere una contro segnalazione direttamente all'executive chef, calcando la mano sull'amarezza di essere rimasto mio malgrado invischiato in una storiella ridicola.
Passano due minuti e quaranta secondi e l'executive mi risponde dissipando le nubi e l'amarezza di questa cosa sottolineando la grandezza del mio lavoro, ribadendo la libertà di fare esperimenti vari e garantendomi che parlerà con la sous chef in separata sede.
E anche questa cosa è sistemata: gran reazione.
Ho solo paura che questa nuova forza sia prematura ed abbia ancora dei lati deboli: lati deboli che questa notte crolleranno sotto il fuoco nemico, ne sono certo.
Ora però venite con me, ma fate piano: staccate una fiaccola dal muro e scendete i gradini senza fare rumore.
Prima di lasciare l'Hermione per oggi voglio mostrarvi un ambiente nelle segrete del ristorante di cui pochi conoscono l'esistenza: la cucina delle preparazioni.
Se al piano di sopra schierano la squadra A e i ritmi sono ai limiti della musica da rave, qui sotto si cammina a ritmo blando di reggae, lavando insalata e tagliando carni e rompendo uova senza troppe cerimonie.
Qui ex-lavapiatti promossi e chef non proprio di primo taglio preparano mescole ed ingredienti misurati e calibrati per gli chef al piano di sopra, senza l'ansia del servizio sul collo.
Fin dal primo giorno mi devo stropicciare gli occhi per dissipare l'immagine di catene che li tengano bloccati ai tavoli ed una guardia nell'angolo che batte il tempo su di un grande tamburo: dannata immaginazione.
Un piccolo e grezzo mondo a parte, separato dalla realtà da una porta e due rampe di scale, che spesso vede prevalere in turno una maggioranza latina sulle comparse dell'Africa nera, tra un bestemmione in spagnolo ed una canzone dei Calle 13 che esce dalla solita vecchia cassa bluetooth, con la mia anima di pastelero ogni volta che passo di qui che parteggia e gode.
Treviglio mi accoglie tra le sue braccia come una madre, senza fare domande e con il caldo affetto di sempre: sento nelle vene e tra i suoi vicoli quella sensazione instabile ed inebriante di essere un magma plasmabile in qualsiasi forma, di avere un futuro dove posso fare qualsiasi cosa.
La settimana in Basilicata mi ha fatto davvero bene. Ho conosciuto gente
che mi ha aiutato, persone che mi hanno ricordato che c'è ancora tantissimo oltre i confini del tuo dannatissimo orto.
Pantaloni sotto al ginocchio e scarpe da ginnastica sformate, perchè i Korn hanno dettato la moda di una generazione, mi siedo sugli scalini dietro al vecchio cinema con un gelato e penso che nonostante tutto le cose andranno bene.
E' in quel momento che il cellulare rompe tutta la poesia: lo sento scottare tra le mani ancora prima di leggere il nome.
La mia Piccola Codarda si esibisce nella sua telefonata quotidiana da donna sposata o poco ci manca, seguendo il filone del vorrei che rimanessimo amici.
Convenevoli, riassunto della giornata ed un imbarazzo e un tono forzato da accanimento terapeutico emotivo relazionale: siamo i protagonisti sul palcoscenico la sera della prima di Ode allo Squallore.
Capisco troppo tardi di aver messo il piede in fallo quando le accenno a nuove conoscenze oltre la Manica e alla seria possibilità di mollare tutto e cercare fortuna a Londra.
-Per finire a fare il cameriere?-
Sei colpi di pistola pronunciati con una leggerezza ed una nota acida che mi perforano il cuore senza passare dal via.
Mi rendo conto in quel momento che quel minimo che sto provando a ricostruire aveva le fondamenta su di un filo di tela di ragno.
Se io ho rinunciato al futuro non vedo perchè debba insistere tu, povero illusionista illuso.
Terror puro al calor bianco, che ti sbriciola il terreno sotto i piedi e ti tira giù nel vortice.
Quelle parole che si ripetono come un grottesco eco distorto.
Per finire a fare il cameriere.
Per finire a fare il cameriere.
Per finire a fare il cameriere.
***
Riprovo distintamente quel senso di smarrimento cosmico e di vuoto lacerante e come al solito mi alzo di scatto dal letto senza fiato e con i battiti a mille, ma questa volta non sono totalmente cosciente: una via di mezzo tra il sonnambulo ed il sub allucinato dalla mancanza prolungata di ossigeno.
Annaspo con gli occhi a mezz'asta per la camera e percepisco vagamente una figura che mi si avvicina: è come guardarla attraverso un vetro smerigliato. Qualcuno sta bruciando della menta e non so come ma realizzo che sulla parete di fronte a me è stato tirato una sorta di telo. Mi piace la menta e questo la Strega lo sa.
Sento frusciare di piedi piccoli e qualcuno mi forza a stringere le dita attorno a qualcosa: con il pennello grondante colore inizio a riprodurre Treviglio mia adorata, il vicolo, il gelato ed il male nero generato dall' epilogo di quella telefonata.
Ho gli zigomi fradici quando lascio cadere il pennello e definisco gli ultimi dettagli con le mani intinte nella vernice.
Mi accascio sopra le coperte mentre qualcuno chiude la porta.
Questa volta mi sono davvero spaventato. Questa volta ho avuto paura di non tornare.
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NUDO CHEF
AdventureLondra è un teatro senza tempo, dove recitare il ruolo dello chef richiede più abilità e sfaccettature di quanto si possa immaginare. Il pastry chef in un ristorante della capitale britannica poi è un ruolo ulteriormente complesso, impegnativo, dove...