Tengo la finestra aperta per far si che il fumo non resti in casa: l' erba rimasta non è molta, ma basta per girare una canna da Wikipedia, un cilindro solo leggermente irregolare, chiuso da una corta miccia di carta.
Scivolo fuori dalla porta mentre la Strega dorme: jeans stretti, maglioncino blu girocollo, Doctor Martens e sono pronto alla battaglia.
La prima tappa è il negozio di liquori sotto casa, come nei film.
La bottiglia di Di Saronno occultata nel sacchetto di carta è un evergreen, ma l'autista dell' Uber che ho chiamato sembra non farci caso, o quantomeno finge benino.
Onestamente non ricordo nemmeno l'indirizzo che stiamo per raggiungere.
Mi sembra Camden Town, ma non ci scommetterei la prima birra.
Inizio il tour da un pub grande quanto camera mia, in attesa di facce amiche e di tempi peggiori, che non tarderanno ad arrivare. Il rock in diffusione è di quello buono ed il barista con due spanne di cresta che balla sul bancone mi fa davvero ben sperare.
Mi lascio inghiottire dalla folla che balla, suda e sembra voglia abbattere il balcone, dalla foga con cui vi si accalca in prossimità.
Arrivato all'angolo in fondo al bar ed ordinata la più banale delle pinte mi schiaccio in un angolo e mi concentro intensamente sul non pensare.
Le pinte sono diventate tre quasi senza accorgermene e realizzo sia il momento di prendere un po' d'aria.
Mi inoltro dalle parti del Camden Market con la sensazione che tutto il quartiere sia uno sconfinato botellon, con cinquanta appartamenti saturi di festaioli e le porte aperte per un viavai che durerà fino alle prime luci dell'alba.
Recupero del whisky al miele e scendo lungo il River Canal, in questo scenario a metà tra i Barren dove It il clown imperversava a Derry ed un vicolo di Venezia di quelli meno conosciuti. Mi metto a bere ad occhi chiusi, ignorando i passanti e gli approcci degli spacciatori itineranti ed è proprio mentre provo a fare nella testa un primo resoconto di quanto ho bevuto e fumato che la botta sale in picco verticale, senza chiedere e senza preavviso: inizio ad ondeggiare come un serpente a sonagli e sento i muscoli sciogliersi piacevolmente dalle spalle a scendere. Mi scruto mani e braccia, come se vedessi il dolore scendere dalle unghie fino ai gomiti lungo distinte linee luminose, ma non lo sento più: come se avessi staccato tutti i recettori del dolore, interruttore dopo interruttore.
Recuperare il cellulare che vibra nella tasca a questo punto è un'impresa epica: quando Linda mi chiede dove sono, incassa la mia risata sguaiata come risposta, mi manda amorevolmente affanculo e mi promette di rintracciarmi al più presto. Click.
Le mando la mia posizione solo perchè inizia a mancarmi, anche se davanti a lei non lo ammetterò mai: dannazione man, diventi quasi sentimentale quando bevi...
-Ciao mago-e in cinque vocali passa tutto il vento fresco delle valli bergamasche.
Linda mi sorride e mi stampa un bacio sulla guancia, poi mi strappa la bottiglia di whisky e prende parte al rito, sedendosi di fronte a me.
Riprendo la bevanda e mi godo l'onda di energia buona che questo piccolo folletto metropolitano si porta sempre appresso: Linda è una videomaker appena trasferita qui, una creativa, un metro e sessanta di genio sempre attiva, sempre in movimento, sempre in ansia.
Mentre mi racconta di iniziar ad avere finalmente un giro di clienti interessante, con una buona ovvia percentuale di blandi psicopatici gli occhi scurissimi le si illuminano e le ribadisco per la millesima volta che Londra è un vestito che le si adatta come un capo di alta sartoria.
Londra sempre in movimento, Londra colorata ed immaginifica, Londra dove siamo tutti così diversi da essere alla fine uguali.
-Vieni con me, che stasera ci giochiamo gli ultimi neuroni...-mi prende per mano e mi conduce verso il prossimo girone.
Il negozio delle t-shirt animate già lo conoscevo, ma vederlo aperto dopo mezzanotte mi lascia senza parole i secondi necessari a Linda per trascinarmi per la ripida scalinata.
Lo spazio è immerso nel buio più totale e le pareti sono istoriate da magliette con decorazioni fluo che si animano reagendo alla musica del locale, un'elettronica acida e insistente, che ti fa capire di esserti perso al primo passo che azzardi qui dentro, nella Casa dell'Epilessia.
Ci sono degli specchi. Ne sono praticamente certo. Ci sono degli specchi qui e là, giusto per aumentare ancora un filo la confusione, giusto per gradire.
Chiamo Linda, ma non sento la mia voce tanto il volume è alto: credo di essere cerebralmente perso, ma non credo al momento me ne possa importare alcunchè: quando la vedo letteralmente attraversare uno specchio con una grazia che Alice spostati, mi stropiccio gli occhi e mi affretto a raggiungerla.
Oltre quella cornice vuota c'è uno spazio seminascosto con un angolo bar, un dj set ed un Inferno di gente che balla.
Quando scavalco sento in qualche modo di essermi chiuso il mondo alle spalle.
Linda rispunta fuori dal nulla con due shots di un liquido verde veleno che spariscono in un secondo e diamo il via alle danze: vedo il suo sorriso, intuisco il suo caschetto di capelli neri muoversi al ritmo sincopato della canzone ed il pacman sul suo maglione: nient altro.
Decorazioni e dettagli colorati che fluttuano nell'oscurità.
Del deejay vedo solo gli occhiali e i guanti.
I baristi sono vestiti di nero e probabilmente hanno un passamontagna, perchè i cocktail che ho appena ordinato mi sono letteralmente volati tra le mani.
Linda è andata quasi quanto me. Si alza sulle punte, ride e mi abbraccia, dandomi il colpo di grazia con il suo profumo fresco che mi arriva a tradimento tra le narici e le palpebre, mentre partono i Daft Punk: l'inizio di una fine indimenticabile.
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NUDO CHEF
AdventureLondra è un teatro senza tempo, dove recitare il ruolo dello chef richiede più abilità e sfaccettature di quanto si possa immaginare. Il pastry chef in un ristorante della capitale britannica poi è un ruolo ulteriormente complesso, impegnativo, dove...