21- Come ci siamo arrivati a questo punto?

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"Alza il culo dal divano altrimenti facciamo tardi" la giornata al lavoro era stata stancante e io me ne stavo stravaccata sul divano, anche se Gaia non era molto d'accordo con me. Era un sabato sera speciale, dato che avremmo festeggiato il compleanno di Cocco.

"Devo proprio venire?" Dissi sbuffando e alzandomi dal divano controvoglia anche se conoscevo già la risposta.

"Sara ascoltami, io capisco che tu stia male ma non puoi continuare a scappare" Gaia sapeva sempre dove colpire e di certo non lo faceva con delicatezza.

Erano passati tre giorni dall'ultima discussione con Niccolò a casa di Adriano, ero andata lì perché ero preoccupata, anche se in fondo sapevo perfettamente che avevo bisogno di risposte. Eppure avevo ottenuto risposte che non volevo sentire e questo mi aveva quasi devastata. Erano tre giorni che la notte non riuscivo a dormire e che di giorno non riuscivo a mangiare, se non il giusto per stare in piedi.
Niccolò? Era tornato in studio e fortunatamente si era alzato dal divano tornando anche ad uscire con gli amici.
Quella sera ci sarebbe stato anche lui e l'idea di doverlo affrontare di nuovo mi metteva parecchia ansia, o forse era anche perché mi mancava da morire.
In quei tre giorni ci eravamo sentiti, ma non più di due messaggi al giorno.
Eppure Gaia aveva ragione, non avevo il coraggio di affrontarlo e preferivo scappare, ma dentro di me sapevo che era soltanto paura di essere delusa di nuovo da lui.
Potevo sopportare di essere delusa da tutti, ne ero abituata, eppure quando si trattava di lui andavo fuori di testa.

Alla fine per quella sera aveva optato per una gonna di velluto bordeaux a vita alta e un body nero con scollatura fino all'ombelico che però non lasciava vedere nulla.
Lasciai i capelli lisci e sciolti e misi giusto un velo di trucco mantenendo sempre il mio amore per i colori nude.

"Stai cercando di far morire Niccolò? No perché se così fosse ci riuscirai benissimo" Gaia mi fece un occhiolino beccandosi poi un piccolo schiaffetto sul braccio seguito poi dalle nostre risate.

"Ma sta zitta. Ti sei vista tu? Adriano impazzirà" dissi osservando il corpo della mia amica ricoperto da un tubino color oro che faceva risaltare le sue forme. Lei non disse nulla, mi lasció soltanto un bacio sulla guancia che io ricambiai.

"Ma come andiamo?" Io la guardai controllando i vari messaggi sul telefono, sperando in uno di Niccolò. Il momento dell'inizio della serata era arrivato e stranamente io e Gaia eravamo riuscite a non fare tardi anche quella sera.

"Ah, ehm..passano Niccolò e Adriano" soltanto nel sentire il suo nome un blocco allo stomaco si fece spazio in me. D'istinto alzai gli occhi dal telefono mandando un occhiataccia alla mia migliore amica che si giustificò soltanto dicendo che Adri aveva avuto un problema con la macchina e dato che doveva venirci a prendere lui, si era offerto Niccolò.

Soltanto quando stavo per ribattere sentì il clacson della macchina di Niccolò e così feci cadere la conversazione in quel momento incitando la mia migliore amica ad andare.

Niccolò e Adriano era davanti a noi, poggiati alla macchina mentre stavano ridendo, probabilmente perché uno di loro aveva appena detto una cazzata delle sue. Niccolò aveva un jeans chiaro, abbinato ad una camicia bianca che aveva lasciato pure troppo aperta per i miei gusti. Mi fermai soltanto per qualche secondo con lo sguardo verso di lui per poi spostare lo sguardo verso Adriano, che stava salutando calorosamente con un bacio la sua ragazza. Spostai di nuovo lo sguardo verso Niccolò che aveva anche lui visto la scena con malinconia, e dopo aver ripreso un minimo di lucidità mi avvicina a lui.

"Ciao" mi uscì una sola parola timida per poi notare come lui stesse facendo passare gli occhi su tutto il mio corpo.
Io abbassai lo sguardo imbarazzata mentre lui con due dita alzó il mio sguardo puntando i suoi occhi sui miei e lentamente poggió le labbra sulle mie in un bacio a stampo.
Rimasi pietrificata sul posto, era passata una settimana da quando le mie labbra avevano sfiorato e baciato le sue, una settimana da quando avevo sentito per l'ultima volta il suo sapore. Eppure in quel momento sembró come se tutto ciò intorno a noi si fosse completamente fermato.

"Sei pur sempre la mia ragazza, no? E sei anche bellissima" disse il tutto notando probabilmente la mia reazione, mentre lui faceva tutto con nonchalance.

"A..anche tu" balbettai affermando che stesse anche troppo bene con quei vestiti indosso, mentre lui sorrise nel momento in cui io riuscì a riprendere un po' di lucidità.

Fortunatamente furono Gaia e Adriano a rompere quella sorte di tensione nell'aria che si era venuta a creare tra me e Niccolò.
Il viaggio in macchina passó tra battute pessime e risate, almeno da parte loro dato che io ero fissa con lo sguardo fuori dal finestrino abbassato. L'aria che entrava scompigliava i miei capelli e riuscivo soltanto a pensare a me e Niccolò. Inconsciamente spostai lo sguardo verso lo specchietto retrovisore notando che Niccolò aveva già lo sguardo verso di me, lui mi sorrise soltanto senza dire nulla mentre io riuscì soltanto ad abbassare lo sguardo per poi spostarlo di nuovo verso la città che sembrava scorrere veloce mentre io restavo fin troppo ferma, per poi asciugare una lacrima solitaria che scivolava lungo il mio viso, il tutto, ovviamente, sotto lo sguardo attento di Niccolò.

La serata scorreva lentamente, gli occhi di Niccolò erano puntati costantemente su di me, io ogni tanto mi voltavo verso di lui per poi spostare subito lo sguardo non riuscendo a reggere il suo sguardo, che sentivo così perforante fino a dentro le ossa. Fortunatamente Gabriele aveva deciso di andare a prenderci soltanto qualcosa in un bar. Eravamo sempre stati dei ragazzi semplice, ci bastava una birra con la giusta compagnia ed eravamo super felici.

In quel momento ero fuori dal locale a fumarmi una sigaretta con Gaia, ma nonostante tutta la confusione intorno non riuscivo a smettere di pensare a me e Niccolò.

"A che pensi?" Soltanto in quel momento mi resi conto della sua presenza e che Gaia era rientrata. Nonostante fossimo in piena città, avevo gli occhi rivolti al cielo osservando quelle poche stelle che regnavano sovrane sopra a Roma.

"Niente di importante" dissi soltanto alzando le spalle mentre anche in quel momento sentivo i suoi occhi bruciare su di me. Abbassai lo sguardo buttando il mozzicone di sigaretta ormai finita per poi spostare soltanto per qualche secondo lo sguardo su di lui.

"Sara, ti conosco troppo bene. Puoi mentire a tutte le persone che sono al tavolo insieme a noi, ma non puoi farlo con me. Lo vedo dai tuoi occhi che stai male e che hai un casino in testa" lui si mise davanti a me guardandomi negli occhi e, per la prima volta in quella serata, avevo lasciato che i nostri sguardi danzassero tra loro.

"Come dovrei stare, scusa?" Lui non rispose per alcuni secondi accendendosi una sigaretta mentre io decisi di sedermi sul muretto davanti al locale.

"Dimmi a che pensi, offendimi, urlami contro, mandami a fanculo ma cazzo, parlami. Non chiuderti in te stessa" io lo guardai negli occhi senza dire una parola mentre lui si era da poco avvicinato a me.

"Come ci siamo arrivati a questo punto?" Una lacrima solitaria scivolò lungo il mio viso e lui si apprestó ad asciugarla passando delicatamente il suo pollice sulla mia guancia.

"Perché sono un coglione, ma sto coglione qua ti ama come ama Roma" io sorrisi notando il suo costante riferimento alla sua amata città. Notando il mio sorriso, anche sul suo viso comparve un sorriso.

"Ho fatto una cazzata e so che non basta un semplice scusa per rimediare, ma so che non voglio perderti e che sono disposto anche a superare tutte le mie più intime paure, per te" scesi dal muretto sul quale ero seduta per avvicinarmi di più e guardarlo nei suoi occhi. Lui era serio e sentivo il suo respiro farsi sempre più pesante, tanto che inevitabilmente mi uscì un piccolo sorriso.

Appoggiai delicatamente le labbra sulle sue in un bacio a stampo, dai suoi occhi traspariva tutta la confusione dovuta al mio gesto, eppure lui sorrise.
Io e Niccolò eravamo stati sempre così, non avevamo bisogno di grandi parole, ci bastava un solo sguardo per esprimere tutto il casino che avevamo dentro.

"Ti amo anche io" sussurrai sulle sue labbra tanto da fargli spuntare un enorme sorriso per poi appoggiare di nuovo le labbra sulle sue, lui posó delicatamente una mano sulla mia guancia e l'altra sul mio fianco, mentre io intrecciai le mie intorno al suo collo, chiedendo l'accesso con la lingua approfondendo il bacio. Un bacio voluto e sentito da entrambi, un bacio di una settimana di silenzio e di lontananza. Un bacio che lasciava spazio soltanto al sole, segno che le nubi e la tempesta di quella ultima settimana erano ormai un ricordo lontano.

Buonasera.
Anche se un po' in ritardo ecco il nuovo capitolo, scusatemi se non sono riuscita a pubblicare prima.

Dietro a te, er Colosseo nun se vede. -UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora