28. (tanc)

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Dicono che l'importanza di una persona la capisci quando la perdi ed io in questo mese lontano da Emanuele perdevo pezzi di me ogni volta che l'oggi diventava ieri, fino a lasciare i momenti tra di noi sempre più lontani dal mio futuro.
In questo tempo in cui siamo stati distanti ho avuto paura di cadere in vizi pericolosi, ma l'altra sera, quando stavo per combinare uno dei casini più grandi della mia vita, mi sono risvegliato e ho preso in mano le redini della situazione. Ho chiamato Gian e gli ho detto di voler tornare a casa, promettendogli ovviamente di chiarire con gli altri e di chiedere scusa a Diego e, soprattutto, a Lele.
Sono anche andato a casa di Giulia perché mi sentivo in dovere di spiegarle come stavano davvero le cose e di chiederle scusa per il modo in cui l'avevo usata. Lei non l'ha presa molto bene, ma c'era da aspettarselo. Mi ha chiesto del tempo per elaborare la "cosa", che poi sarebbe la delusione di aver capito che sono... innamorato di un'altra persona.

L'ho detto, chiaro e tondo. E' un po' strano che la prima a saperlo sia stata lei, però... forse doveva andare così.

Adesso sono davanti ad Emanuele sulla porta di casa, mentre ci fissiamo in silenzio per raccontarci cose che non si possono dire con delle semplici parole. Il mio cuore è sovraccarico di emozioni e sento di essere anche più confuso di quando disconoscevo i miei sentimenti. Non so cosa abbia fatto Emanuele in queste settimane in cui siamo stati lontani... e potrebbe anche aver deciso di chiudermi il suo cuore.

"Posso?" dico per distrarmi da quei pensieri.

Lo vedo passarsi una mano nel ciuffo e capisco che è in imbarazzo.
Un po' mi beo di quella reazione perché significa che non gli sono indifferente.

"S-scusa... certo. Andiamo... cioè, vai" balbetta, provocandomi un sorriso.

Eccolo er cucciolo mio.

I miei piedi cominciano a viaggiare verso la mia camera, ma sento il cuore opporre resistenza. Si innesca una lotta interiore dentro di me tra la parte che vorrebbe lasciar andare Emanuele ed evitare ad entrambi delle sofferenze... e la parte di me che desidera ardentemente corrergli incontro e confessare tutti i miei sentimenti.
Quando sono ormai quasi sulla soglia della porta, la mie dita si schiudono istintivamente, liberando il borsone dalla mia presa. Non capisco più nulla, nella mia testa vorticano pensieri sconnessi e ricordi vividi di me e Lele insieme. Mi porto le mani ai capelli per cercare di sorreggere il peso di tutta quella confusione, finché... finché non mi decido: mi giro verso Emanuele.

"Lelo..." sussurro, con la voce pregna di frustrazione.

I suoi occhi non mi danno conforto perché si nascondono dalle mie iridi, preferendo concentrarsi su un altro punto della stanza. Mi sento solo senza il suo sguardo che si lega al mio, ho bisogno di sentire che lui c'è ancora.

Che "noi" siamo ancora "qualcosa".

Mi avvicino e prendo la sua mano tra le mie, portando poi le nostre fronti ad unirsi. Adesso che le nostre pelli sono a contatto, il peso sul mio cuore sembra un po' più leggero e la voglia di baciarlo comincia a rendermi sempre più irrequieto. Le mie mani rilasciano la sua e preferiscono spostarsi verso i suoi fianchi. Lui rimane come pietrificato da quella situazione.

"Tanche" lo sento lamentarsi per via di quel contatto.

"Lelo" rispondo automaticamente, ma la mia voce esce debole... un sussurro.

Ti prego, Emanuele, non opporti. Lasciami fare.

Ho voglia di baciarlo, di raccontargli come ho sofferto senza di lui, di pregarlo di perdonarmi e di ricominciare da dove c'eravamo lasciati. Da quel momento in cui i nostri corpi erano diventati uno solo. So che prima dovrei spiegargli molte cose, ma per ora il mio cervello non sarebbe in grado di elaborare un discorso sensato.

Play Date | Tankele 🍓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora