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« Una volta che i poliziotti ci informarono della tragica notizia decisi di spiegare tutto ai miei genitori e agli agenti li presenti.
Quando finì di raccontare mio padre aveva una faccia mista fra l'odio e la delusione, mia madre non mi guardava, guardava altrove, impassibile, con tutte le lacrime che le scendevano sulle guance.
I mesi passavano, e della mia famiglia non era rimasto nulla: mio padre stava ogni giorno sul divano ad ubriacarsi e guardare la tv come un disoccupato, mia madre non parlava più, rimaneva nella sua stanza giorno e notte senza uscire, io ero rimasta sola. Per i miei genitori ero indifferente, se c'ero bene se non c'ero amen.
Stanca della situazione decisi di prendere le poche cose che avevo e di andarmene in giro per la città.
Al tempo avevo solo quindici anni, non avevo soldi, non potevo andare molto lontano. Per una settimana vagabondai in giro per le strade di Buenos Aires senza una vera meta, sperando che nessun malvivente mi avrebbe fatto del male. Quando ritornai a casa, se ancora si poteva definire tale, mia madre, essendo messicana, era ritornata nel suo piccolo paesino senza dire nulla, senza lasciare tracce.
I mesi passarono lentamente, mio padre ogni sera andava e tornava ad orari improponibili, ogni tanto spariva per giorni senza avvisare dato che ormai non mi guardava neanche in faccia. Un giorno andò via di casa e sparì per cinque giorni, inizialmente pensai che da li a poco sarebbe ritornato ma non fu così. I giorni passavano e lui non si faceva vivo, non sapevo cosa fare, ero in panico perché non sapevo cosa fare.
Non potevo chiamare la polizia, non oso immaginare cosa avrebbero potuto pensare sapendo che una ragazzina, minorenne, avesse passato una settimana da sola per le strade più pericolose di Buenos Aires.
Decisi così di aspettare ancora per altri giorni, non era la prima volta che spariva, certo non per così tanto tempo, però non sapevo cosa fare.
Dopo due settimane passate ad aspettare il ritorno di mio padre, un messaggio, una chiamata, un qualsiasi cosa che facesse pensare a lui decisi di recarmi alle autorità.
I giorni passavano e di mio padre nessuna traccia, ne tanto meno di mia madre, nessuno dei due si era fatto vivo e nessuno dei due voleva avere a che fare con me.
Passarono due settimane fin quando i poliziotti ritrovarono mio padre e così arrivai alla triste verità: anche lui ormai mi aveva lasciata per sempre.
Lo ritrovarono all'interno della sua auto in un fiume, i poliziotti dissero che a causa dell'alcool possa aver preso una sbandata finendo così in acqua. »
Quando finì di raccontare scoppiò nuovamente a piangere tra le mie braccia.
Ero scioccato e mi sentivo stupido, all'inizio l'avevo criticata senza nemmeno aver un accenno del suo passato.
«Tini...»
«Si?» mi rispose singhiozzando e tirando su col naso
«Sei la persona più forte che io conosca.» mi avvicinai per abbracciarla, ma lei mi prese il viso e mi diede un bacio, prima casto, poi diventò sempre più passionale, fin quando non si staccò delicatamente da me:
«Jorge...devi promettermi una cosa» mi disse col fiatone
«Dimmi pure piccola» le risposi con tono dolce
«Promettimi che starai sempre con me, che mi sosterrai, che mi asciugherai le lacrime, che mi farai ridere, che mi aiuterai quando ne avrò bisogno, promettimi che mi amerai.»
«Non devo prometterti niente, perché io ti amo di già.»

Vicini ma LontaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora