jū hachi : 𝚝𝚎𝚊𝚛 𝚒𝚗 𝚖𝚢 𝚜𝚘𝚞𝚕

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Jimin era così lucido da aver spaventato le ombre della sua camera e da averle fatte trasformare in minuscole falene dalle ali spezzate. Le aveva osservate sparire attraverso i vetri cristallini della sua finestra finché il volto di Yoongi non era apparso e l'aveva spalancata, s'era fatto strada nella camera e aveva baciato Jimin.

«Mi sei mancato», Jimin strinse le ciocche menta tra le dita, si godette le soavi labbra del maggiore che gli accarezzavano la nivea pelle di latte.

Le iridi si scontrarono brutali e desiderose, affamate e capricciose l'uno dell'altro, perché per Jimin non era mai abbastanza: le farfalle dalle ali taglienti che gli svolazzavano e gli laceravano lo stomaco, i tocchi soavi e smaniosi che lo facevano sentire amato e accettato dal mondo, non erano mai abbastanza.

«Yoon», Jimin si strinse al suo corpo nudo, le lenzuola purpuree coprivano i due amanti dagli occhi invidiosi delle ombre sulle pareti. «Posso chiederti una cosa?» Jimin si scostò, si rivestì dell'intimo e della maglietta spropositatamente grande di Yoongi. Incontrò le sue iridi turbate e si sedette a gambe incrociate di fronte al maggiore.

«Che succede, Jiminie?»

Jimin esitò, come poteva voler condividere quel viso etereo con quegli infami menzogneri che lo credevano folle? Sospirò, affondò nei suoi occhi straripanti d'amore, e lasciò che le catene strette intorno al suo cuore si allentassero.

«Mio padre vuole conoscerti», esordì, «Hoseok gli ha raccontato di te, e-» una risatina nervosa uscì dalle sue labbra. «Mi piacerebbe farteli incontrare...», le dita paffute si strinsero intorno a quelle del maggiore. «Pensano che io sia pazzo, Yoon, riesci a crederci? Pensano che tu sia un ridicolo frutto della mia folle fantasia, e-» rise di nuovo, «è assurdo, vero? Voglio che vi incontriate, così dimostrerai che sei reale.»

Quando Jimin smise di parlare, il silenzio aleggiò nell'aria per infiniti istanti: svolazzava nella stanza e strappava malamente dalla bocca le parole che lottavano per uscire dalle labbra di Yoongi.

«Hyung?» Jimin gli strinse la mano.

«Credi che sia una buona idea?» Le parole di Yoongi furono come coltelli affilati che gli si piantarono nelle orbite e nel cuore spillato, le sentì sfarfallare nell'aria prima di accalcarsi violente sulle sue viscere.

«Yoon, pensano che sia pazzo.»

«Lo so, Jiminie. Però...»

«Che c'è? Ti vergogni?»

Yoongi strinse la presa sulle sue dita. «Ma che diavolo dici? Non potrei mai vergognarmi di te, Jiminie.»

«E allora? Hai fatto qualcosa? Hai un altro?»

Rise. «Dio, Jiminie, sono così follemente innamorato di te che non riuscirei neppure a trovarlo un altro che non mi faccia pensare a te.»

Jimin represse quel sorriso che lottava per essere dipinto sulle sue labbra e guardò gli occhi di Yoongi.

«E quindi perché? Yoon, non voglio che pensino che io sia pazzo. Voglio solo mostrargli quanto siamo felici insieme...»

Silenzio.

«Per favore, sarà solo una volta, anche io non vorrei farlo, mi piaceva quando eravamo solo io e te, però... non ti costerà nulla. Pensano che tu non esista, è- ridicolo, non trovi?» una risatina isterica gli uscì dalle labbra. «Lo è, giusto Yoon?» gli strinse le dita. «È ridicolo, vero?» Il silenzio era ancora la regina della stanza, il battito del cuore di Jimin era l'unico suono che rimbombava nella stanza, che si abbatteva impetuoso sulle pareti e ne provocava il tremore pauroso che faceva sparire le ombre davanti a Yoongi e le attirava non appena Jimin si ritrovava di nuovo solo nel suo piccolo angolo di desolazione e paura. «Yoon, dimmi che è ridicolo pensare che tu non esista», si morse le labbra, i denti si strinsero intorno alla sua stessa carne con forza. I suoi occhi si annebbiarono dalle lacrime cristalline che non volevano scolpirsi per l'ennesima volta sulle sue gote scarlatte. Ridicolo, era ridicolo pensarlo. Era da pazzi, perché Yoongi era lì davanti ai suoi occhi, avevano appena fatto l'amore e si erano sussurrati parole zuccherate che avevano buttato un fiammifero sul cuore ardente di Jimin.

«Yoon...» Jimin sussurrò. «Perché non vuoi conoscere mio padre?» le loro iridi si scontrarono. Una lacrima gli solcò dolorosa la guancia, gli bruciò la pelle lattea. «Hyung... hanno ragione?» la voce di Jimin si spezzò in un amaro lamento. «Sono pazzo, Yoon? Non sei reale?»

«Sono reale per te, Jiminie.»

E Jimin si sentì come se un treno in corsa lo avesse appena investito, si sentiva sotto le rotaie, massacrato sui binari ricoperti da viscoso liquido scarlatto. Le lacrime gli solcarono come lame affilate le gote, dolevano sulla pelle, bruciavano sulle ossa ma Jimin non aveva alcun controllo sulle gocce di sangue che gli colavano dagli occhi.

«Yoon... ma- non è possibile», singhiozzò. «Io ti tocco, ti parlo», gli appoggiò le mani prima sulle braccia poi sul petto. «Ti vedo. Non puoi non essere reale! Riesco a toccarti», gli strinse le mani. La mente viaggiò, vagò negli angoli più remoti delle membra, dove Jimin aveva custodito i suoi ricordi afrodisiaci e lo aveva lasciato a confondergli i filamenti dei pensieri illusori. «È per questo che la gente ci guardava quando parlavamo? Che non mi hai mai portato a mangiare fuori o non mi hai mai presentato i tuoi coinquilini? Yoon, è per questo che mi sono innamorato di te appena ti ho visto?» singhiozzò un'altra volta. «È stato tutto un delizioso cliché... perché... non esisti?» Jimin strizzò le palpebre, sentì le lacrime bagnargli la pelle, cadere sulle sue stesse mani ancora intrecciate a quelle di Yoongi. «Come puoi non esistere, Yoon? Sei così vero... perché mi sembri la persona più reale? Perché mi sembri l'unica persona che esiste davvero?»

Yoongi si sporse verso di lui, gli afferrò il viso tra le mani, i polpastrelli passarono sulle gote paonazze, asciugarono le lacrime amare che gli bagnavano la pelle nivea.

«Sarò reale fino a quando lo vorrai, rimarrò al tuo fianco fino alla fine se lo vorrai. Rimarrò il tuo rifugio e ti amerò fino alla fine dei miei giorni, capito, Jiminie?»

Jimin chiuse gli occhi, si morse le labbra, mentre le lacrime solcavano ancora una volta le sue guance, lì dove le grandi mani di Yoongi gli stavano asciugando tutto quel dolore.

A pezzi, si sentiva una ceramica ridipinta e lasciata cadere sul pavimento.

«Rimarrò con te, per sempre se è quello che vorrai. Non osare pensare di essere pazzo», gli strinse il viso, lo obbligò a guardarlo negli occhi. «Hai capito? Non pensare nemmeno per un secondo di essere folle, Jiminie.»

Jimin rise. «Mi stai dicendo che sei una finzione ma che, al contempo stesso, non sono un folle? Dio, hyung, ma come ragioni?»

Yoongi gli baciò le labbra soffici. «Lo senti che è reale?»

Jimin annuì.

«Non sono una finzione per te, Jiminie.»

«Questo non mi rende solo più pazzo?»

«Ti rende solo più umano», lo guardò nelle iridi. Gli occhi di Jimin erano lucidi e colmi di lacrime, una marea che aleggiava nelle sue orbite, erano il riflesso del disinganno, della cruda realtà che gli era stata lanciata addosso come una carrellata di dolore. «Tutti sono folli, Jiminie, l'amore è folle, folle da legare. Ti sei innamorato di un'illusione, e allora? La tua illusione è più innamorata di te di qualunque altra persona nel mondo.»

Jimin si strinse al suo petto, affondò il viso nel suo collo mentre le calde braccia di Yoongi gli avvolgevano la schiena. Jimin aveva paura della follia, dell'abbandono, di quel muro di fili spinati che gli si era appena posto davanti, di ritrovarsi aggrovigliato in quell'intrico di spine e di non poterne più uscire, di ritrovarsi a dover lottare contro quel doloroso nodo e non poter vincere, perché Jimin sapeva che non poteva vincere contro quel groviglio spinato che gli lacerava la carne e gli si annodava intorno al cuore frantumato.

«Non voglio perderti, Yoon.»

«Non mi perderai, Jiminie, ci sarò sempre se avrai bisogno di me.»

Quella era l'unica certezza che aveva Jimin, seduto lì sul letto, accovacciato tra le lenzuola con le sue stesse mani strette intorno alle spalle, solo sul materasso e circondato da ombre diaboliche che incombevano sul suo corpo.

«A che ora andrai via, Yoon?» Jimin gli sfiorò il collo con la punta del naso, le mani di Yoongi erano ancora strette intorno al suo esile corpo.

«A tre minuti dopo il tramonto.»

𝟑 𝐌𝐈𝐍𝐔𝐓𝐈 𝐃𝐎𝐏𝐎 𝐈𝐋 𝐓𝐑𝐀𝐌𝐎𝐍𝐓𝐎 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora