Lo strano caso della casa di Doktor Gerom'
Parte Seconda
Colui che era noto in Africa ed oramai anche a Dulchdorf sotto lo pseudonimo di Doktor Gerom' non doveva aver celiato a proposito della natura perniciosa del male che l'affliggeva, poiché sei giorni dopo aver messo a segno il simpatico tiro di cui si è detto (e avendo fatto in tempo a destinare un fondo di sua fiducia a copertura del debito contratto), fece ritorno ai Caraibi per morirci. Le carte da cui si apprese la notizia parlarono soltanto di terribile incidente, e d'altronde poco valeva insistere con le complicate burocrazie di quei Paesi là. Allorché il notaio Munsen ne apprese la notizia pensò semplicemente fra sé: "suicidio!" Dunque si diede pace, come se in fondo quel gesto rappresentasse la quadratura del cerchio. A ben pensarci l'unica possibile.
La sfida sui cavilli era una cosa, ma ciò che forse il notaio non aveva ben previsto accettando di far parte del gioco di Gerom' era la vera e propria battaglia che assai presto, dopo la dipartita dell'amico, aveva dovuto intraprendere con la famiglia coinvolta.
Dapprima si era fatto avanti il padre dell'erede e suo tutore essendo il ragazzo minorenne. Quell'uomo sembrava spaventato, addirittura sconvolto. Non voleva saperne della casa e del parente defunto ed insisteva per ripudiare tutto quanto.
Però il di lui figliuolo, un lungo moccioso di pelo fulvo, non disse mai né sì né no per passare a vie di fatto. Così che il genitore dapprima ebbe a esitare e infine lasciò perdere del tutto. Anche perché non molto dopo, una malattia meno esotica ma altrettanto perentoria l'avviava a seguir la sorte dell'eccentrico fratello.In seguito era stato il turno dell'ex moccioso ormai cresciuto. O meglio, dato che questi al Borgo non c'era più tornato, della sua sequela di delegati, legali e commercialisti pronti a tentarne d'ogni risma e sorta: protestando, adducendo noie fiscali e seccature intollerabili a danno dell'illustrissimo cliente. Pastoie, dicevano quei signori, che complicavano le cose in una posizione già non chiara, la quale il facoltoso assistito non chiedeva che di regolare. E via a seguire: insistendo, finanche minacciando querele e inchieste che non avrebbero giovato a nessuno. (Soprattutto - lasciava intendere con cortesia il notaio in questi casi - non avrebbero giovato al loro beniamino in perenne odore di recidive scappatelle fiscali...).
Ad ogni buon conto Adrian Munsen non aveva certo ceduto né si era lasciato intimorire dai bla bla, mantenendo sempre il più rigido riserbo sul misterioso nome del creditore - che poi era egli stesso- e declinando in vece di lui, ossia in vece di sé medesimo, offerte che per chiudere la questione triplicavano, quadruplicavano persino, le esigue quote della finanziaria d'oltretomba.
Ed in materia proprio di tali quote poi, c'è da dire che il notaio non aveva giammai trovato di che lamentarsi. Quei rimborsi erano giunti sempre puntualissimi. Proprio come se dall'inferno li avesse spediti Satana in persona.Alla fine Munsen padre si era purtroppo ammalato, perciò la cosa tutta, assieme a tutte le altre cose, era passata fatalmente nelle mani di Olga.
Nondimeno, la figlia del notaio, nella cui maggior malleabilità in tanti avevano confidato, si era presto mostrata anche più coriacea ed agguerrita del vecchio padre.Nella vicenda Gerom' ad esempio, all'inscalfibile contegno, ai suoi irremovibili dinieghi di zavorra, soleva aggiungere un qualcosina di speziato, come un serpeggiante gusto della beffa. Ma evanescente, appena percepibile, tale da mandare in bestia il più stoico azzeccagarbugli.
Quasi quel caso lei lo sentisse alla stregua di un fatto personale.La verità era che Olga si stava rivelando sempre più per il vecchio Munsen una formidabile alleata, ed anche se questi l'aveva avuta tardi quella figliola, lei s'era messa in grado letteralmente di bruciar le tappe, mostrandosi un miglior bastone per la senilità del padre di quanto non avrebbe saputo esser lui stesso al meglio delle sue forze che non erano state poche.
Magari non era bella Olga, o aggraziata, ma cervello e tenacia non le mancavan punto. E neppure il carattere. Bastava osservare la gustosa implacabilità con cui quel giorno (quasi diciotto anni dopo la morte di Gerom', a poco più di sei giorni - come da accordo preso - dallo scadere della celebre ipoteca), stava preparando la lettera di convocazione per l'erede ormai beffato.
Mentre così attendeva, nessun cenno appariva in lei men che professionale. Eppure sulla sua persona aleggiava un'aura come d'appagamento.
Forse Olga si stava figurando l'amara radice che per tutti gli anni stabiliti - ossia un sacco di tempo - era toccato masticare al proprio in quel caso impotente interlocutore. Poiché aveva potuto tutto nella vita quell'uomo malvagio. Tutto tranne che mettere le sue mani avide sopra la casa che appartenne a Doktor Gerom'. Il quale Dok del rimanente, pareva aver riposto una ben inspiegabile affezione scegliendosi come unico erede proprio un simile nipote sciagurato.Ed a proposito sempre di quest'ultimo, già che si è in argomento, nessuno al Borgo l'aveva più visto di persona sin dai tempi in cui, studente, frequentava qui il vicino convitto, oltre ad alcuna sparuta conoscenza tra i perdigiorno della sua età.
Il suo lentigginoso volto, quello dell'erede di Gerom', agli abitanti di Dulchdorf oramai era noto, come lo era altrove, soltanto tramite la tivù o i giornali specializzati: quelle immondizie patinate dei pettegolezzi e dello sport.
Allora, se capitava che si parlasse del Nostro in tali sedi deputate, c'era sempre qualcuno che pur col contegno della gente di montagna si ricordava:«Sì, sì lo conosciamo questo, era di queste parti, di S. per la precisione. Qui al Borgo lo si vedeva spesso con il più piccolo dei Kleim. No, non il Kleim quello zoppo, parente dei Lijuska, ma l'altro il bancario cocco di mamma era suo amico»
Altri poi chiosava talvolta:
«Eh sì! E quel satanasso di Dok era suo zio; e tutto si potrà dire tranne che mente il sangue. Il sangue, buono o cattivo: quello non mente mica! E si vede, vero che lo si vede? Glielo leggi negli occhi dico io!»
Nuovi infine s'aggiungevano solerti al coro:
«Lo sapete, no?! Lo sapete: è sua la casa adesso. Quella maledetta casa! E' merito suo che se ne va in malora. Beh, grazie tanto allora, signor campione. Che muoia quella casa maledetta. Speriamo solo che qui non ci ritorni mai tu: figlio d'un demonio!»
...
Sì, poteva dirsi davvero soddisfatto Adrian Munsen notaio in Dulchdorf mentre la sua mano inerte, decrepita, forse già morta firmava mercé l'ausilio saldissimo di Olga la strana convocazione parata per le feste.
In quel mentre, sforzando in verticale la bocca già a tre quarti, il vecchio notaio Munsen c'era da giurarlo, sorrideva.
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POLISEMIA 1
HorrorGIORNO I FALLAX/FALLACIA*** Europa, Anno Zero del Terzo Millennio. Un tempo Hansi Kleim aveva un amico. Si chiamava Herbert Klodtz e per una sola indimenticabile stagione egli l'aveva molto amato. Ma poi Herbie era partito all'improvviso, quasi in...