Le ore nove erano trascorse da pochissimi minuti.
Adesso tutti i turisti in scalo dal treno appena giunto dalla Capitale, tutte quelle gaie persone dicevamo, pretendevano tutte insieme d'infilarsi nell'unico pertugio che dal marciapiede si apriva sul sottopassaggio.
Più per necessità che per il gusto d'andar controcorrente, Hansi stava tentando di risalire quella stessa discesa onde si trovò coinvolto nella folla al contrario.
Prima di potersi divincolare ci volle un po' e intanto non si vedeva nemmeno più i suoi piedi. E si teneva stretto contro il corrimano, perché pensava che se per caso fosse caduto lì: Adieu... lo ritrovavano forse l'anno dopo, lo ritrovavano!
Essendo a fatica salito a rivedere il giorno, diradatosi l'ammasso biologico in cui s'era invischiato, si asciugò col fazzoletto il sudore dal collo e dal viso. Sapeva che ora i suoi capelli biondicci erano bagnati, perché se li sentiva in ciocchettine collose sulla fronte. E fu proprio quando una di queste gli lasciò cadere una goccia di sé stesso fra le ciglia che intravide Herbert Klodtz: ben dritto ed attento sulla banchina del binario.
Allora lo prese l'agitazione.
"Non mi vede, non mi vede", pensava.
[Accidenti!]
Difatti dovette sbracciarsi un bel po' prima che l'altro si accorgesse della sua presenza nei pochi metri che li distanziavano.
Eppure si sarebbe detto che lo stesse aspettando: si guardava intorno da dietro i suoi occhiali a specchio e cercava proprio lui. Ne era certo. E chi altri sennò?!...
«Ma non mi vede proprio, maledizione!»
A un tratto Klodtz accennò un sorriso e con piglio sicuro gli si fece incontro.
[...Dio, e adesso cosa gli dico?!]
«Hansi Kleim! In nome del Cielo! Non mi chiamo più Herbert Klodtz se sei cambiato di una virgola!»
Già: doveva essere giusto per quello che ci aveva messo tanto a riconoscerlo.
Quando Klodtz profuse nei suoi confronti una sorta di maschio e distaccato abbraccio, Hans, travolto dall'effluvio del suo deodorante di classe, vide solamente il luccicare della catenina che l'altro portava sotto il colletto aperto della polo. Fu così che incominciò a sentirsi straordinariamente piccolo. Tutt'a un tratto era pentito di essere andato lì.
Per un po' i due stettero a scambiarsi convenevoli da strapazzo come perfetti estranei ed Hansi frattanto, pure tentava guardarsi un po' d'intorno, non fosse che per glissare lo sguardo dell'interlocutore. Non vedeva granché d'interessante: sulla banchina la gente in arrivo si era già dissolta, mentre quella in partenza si stava ormai eclissando entro il ventre del convoglio.
A richiamare la sua attenzione vi era una ragazza di pelle ambrata, vestita modello Far West, al momento impegnata nell'impresa di scendere dal treno con il suo variegato carico di bagagli. Poteva sembrare che pure lei, come anche Hansi prima, facesse fatica a vedersi i piedi ed esitasse per la paura di cadere dal predellino con quei bizzarri stivaletti, corti sulle caviglie ossute.
Intanto che sbirciava, Hansi stava pensando che forse avrebbe potuto darle una mano lui alla pulzella in difficoltà. Così, per cavalleria, ché tanto a Herbert Klodtz non gli lambiva nemmeno l'anticamera del cervello un'idea del genere.
Però, al di là di quella iniziale esitazione, la giovane sfoggiava sulle valigie una presa salda e muscoletti stagni, di tutto rispetto, facevano capolino sotto le maniche della camicia a frange annodata sul ventre che indossava. Per questa somma di ragioni, Hansi decise d'accantonare il proprio pur nobile progetto e nondimeno, mentre Klodtz parlava e parlava, ancora non riusciva a staccare lo sguardo dalla sconosciuta.
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POLISEMIA 1
HorrorGIORNO I FALLAX/FALLACIA*** Europa, Anno Zero del Terzo Millennio. Un tempo Hansi Kleim aveva un amico. Si chiamava Herbert Klodtz e per una sola indimenticabile stagione egli l'aveva molto amato. Ma poi Herbie era partito all'improvviso, quasi in...