"Mio diletto figliolo (permetti ch'io ti chiami cosi),
se oggi stai udendo queste mie parole, allora significa che realmente tutto sta per compiersi, e, seppure non mi fu mai concesso d'incontrarti in vita, non mi ero dunque sbagliato sul tuo conto.
Mi spiace aver dovuto abbandonare il tempo di questa tua prossima "Maturità" ma sappi che così era scritto. Dunque, se puoi, non farmene una colpa. Gioisci invece, poiché il tempo della tua ricompensa è vicino.
Solo, ti serviranno alcune ultime raccomandazioni per affrontare questo passo.
Orbene, accade che già da molto, l'abbandono abbia instaurato, colà dove tu ti appresti oggi ad entrare, un "ospite" differente, un Golem di superstizioni e maldicenze che così come son credute han poca attinenza con il Vero.
Dunque, se tu persegui come è giusto il Vero, il tuo compito oggi, ciò che ti chiedo adesso è di cacciare l'usurpatore, dissiparlo! Come, mi chiederai? La mia risposta è semplice: unicamente con la costante tua presenza. Ti lascio quindi questo breve tempo, i sei giorni che rimangono alla nostra data stabilita, affinché tu rimanga nella mia casa. Ti lascio questi sei giorni come un vincolo, per evitare, oggi come allora, che tu cada nella tentazione di disfartene anzitempo: non è, come sei indotto a pensare, il capriccio di un vecchio stravagante, bensì il consiglio di chi sa bene che sarebbe per te oggi un gravissimo danno il farlo.
So di chiederti molto nel fidarti delle mie parole, malgrado l'apparente illogicità della mia Opera.
Solo restando tuttavia, potrai conoscere come io stesso feci, il Segreto che è tra cielo e terra, riscrivere a grado a grado le sue pagine morte, scaldarne il cuore, scalzarne l'antico sigillo, estrarne nuova vita e a un tempo, il significato del tuo dono e la sua immensa ricchezza.
Alla fine del percorso la casa ti dirà chi sei, allora potrai lasciarla andare, ma bada che quel giorno potresti anche scoprire d'essere qualcosa di diverso da ciò che sino ad oggi hai creduto. Esattamente come rimirando nello specchio, non vi è alcuna certezza che l'immagine ivi riflessa, quella che hai sempre creduto di vedere, corrisponda all'identità così come alla reale essenza di te stesso.
Quando ti riconoscerai senza più l'ombra di alcun dubbio, allora sarai pronto, e completo di tutto.
Potrai lasciare quel morto involucro, librarti, entrare laddove l'Opera mia si svelerà per te, per me, per tutti noi, come la stessa morte, non fu giammai una fine ma un principio.
Tuo
D.Gm'
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«"Non una fine ma un principio"... Secondo te cosa intendeva dire tuo zio con queste strane frasi?!» Hansi e Herbert avevano ormai concluso il pranzo sul plateatico del Bar, e tentavano sorbire anche il dessert, benché il tempo cominciasse a mutare e un vento improvviso li disturbasse sollevando le tovaglie sotto le grandi coppe.
«Mah... Mi sembra tutta roba senza capo né coda», rispose l'altro dopo aver fatto finta di rifletterci almeno un poco, frattanto afferrando l'ombrellino sul gelato prima che se lo portasse il vento. Quando l'ebbe in mano, ne spezzò con malagrazia lo stuzzicadenti lo mise all'angolo della bocca lasciando volare via il resto.
«Fossi in te Hans, smetterei di almanaccarci tanto sopra».
«Non capisco. Non mi piace! Continuo a pensare che tu proprio non dovresti...»
«Senti, piccolo Kleim, non è per quella maledetta lettera. Anche io non ci ho capito niente ma avevo deciso che mi sarei fermato qui per qualche giorno e quindi...»
«No no no no. Senti un po': devi levartelo dalla testa. Non è possibile pensare di entrare subito fisicamente nella casa. Ancor meno di rimanerci per la notte. È pericoloso. Il tempo mite non durerà in eterno, nel bosco potrebbero girare malintenzionati o bestie selvatiche feroci. E poi, riflettici: niente elettricità, acqua corrente o bagno... Insomma, niente di niente!»
«Vero, ma non dimenticare che io mi sono fatto già le ossa. Sono già stato senza luce riscaldamento e cesso in tutti e quattro gli angoli del mondo. E quell'orribile notaia pensa di potermi spaventare con una catapecchia e per le dicerie di quattro villici straccioni. Anche lo zio deve averlo pensato che non avrei avuto gli attributi. L'hai sentito il tono, no?...Tu devi qui tu devi là... E tutta questa stramaledetta gente del posto, poi: guardali Hans!»
A dire il vero a quell'ora c'era anche poco da vedere. Le poche persone ancora in giro dopo la Messa stavano già facendo ritorno rapidamente al desco per il pranzo.
«Allora Hansi, li vedi o no questi villani? Fanno finta di nulla. Fanno come se fossi trasparente e invece sanno. Tutti sanno tutto di tutti, oppure lo credono, e si aspettano di farsi una bella risata alle mie spalle, perché si fottono dall'invidia punto e basta. Si sono sempre fottuti!»
Hansi scosse la testa: «Per carità, smettila di farne solo una questione di puntiglio».
«Puntiglio dici? Ok! Lasciamo stare allora, Hans».
«Se invece pensi che ci sia di più, a questo punto dovresti dirlo chiaramente».
«Dire cosa?».
«Se pensi che lassù alla vecchia casa ci sia di più. O che le strane parole di tuo zio vogliano rimandare ad altro. Non so: come una specie di sfida per enigmi: come una caccia al tesoro...».
«Tesoro, dici?! Ah ah, qui t'aspettavo. Un uomo costretto dai debiti a ipotecare la baracca adesso nasconderebbe addirittura un tesoro! Coerente, molto logico. Tu sì che hai capito tutto, Hans. D'altronde lo hanno sempre detto tutti quanto eri intelligente. Bravo, Hans».
«Non intendevo dire questo»
«E cosa, allora?»
«Se non sei stato tu, chi avrebbe mai pagato questo tuo presunto debito?»
La risposta morì fra le labbra incredule di Herbert Klodtz.
«Per me c'è davvero!» Intervenne Poney che, mentre gli uomini erano già arrivati al dolce discutendo molto, se n'era stata zitta alle prese con la sua insalata; un po' ascoltando un po' no, lamentandosi perché nella verdura c'erano le aringhe e lei non mangiava pesciolini morti.
Le aveva messe tutte in un angolo del piatto le aringhe, una ad una con metodo, mentre Herb commentava che le aringhe non erano pesciolini, ma pescioloni grandi così (e si segnava il braccio all'altezza del gomito), nascevano già sotto il sale e soprattutto i pionieri le mangiavano tutti i giorni.
«Cosa vuoi dire, Poney? Che cosa c'è davvero?» Sorrise cautamente Hans.
«Ma il tesssoro, nah?! E noi tre lo troveremo proprio come i cercatori nel Klondike!»
«Si, ti piacerebbe tanto tanto, eh?!» Commentò contrariato il suo Herbie.
«Mangia dai, che ti tappi la bocca e almeno non ne dici più cretinate».
*Nota dell'autore: capitolo in revisione potrebbe presentare successive modifiche
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POLISEMIA 1
HorrorGIORNO I FALLAX/FALLACIA*** Europa, Anno Zero del Terzo Millennio. Un tempo Hansi Kleim aveva un amico. Si chiamava Herbert Klodtz e per una sola indimenticabile stagione egli l'aveva molto amato. Ma poi Herbie era partito all'improvviso, quasi in...