La palazzina che ospitava lo studio e l'abitazione dei notai Munsen, restava un po' defilata sulla direzione del ponte.
Lo stabile era bianco, di media altezza, con un portone massiccio ed attraverso quello proruppero Hans Kleim ed Herbert Klodtz: incastrati per voler passare tutti e due all'unisono. Nello stesso momento.Avevano mantenuto un contegno ineccepibile ancora per tutta la discesa in ascensore, fintanto che erano rimasti nella celletta chiusa si erano limitati a fissarsi le punte delle scarpe come uomini d'affari.
Lasciatisi l'edificio alle spalle stemperarono la tensione in un'enorme risata, girando su loro stessi come un guindolo. Herbert Klodtz a un tratto si fermò, si voltò in direzione dello stabile, tirò fuori una lingua rossa e spessa come un lampone.
Poi un bell'ombrello, "Thò, Munsen e Munsen! ": col braccio dell'atleta. Baciato dal sole, scolpito nel corallo.In quella a dir poco inconsueta domenica mattina, Hans aveva acconsentito persino suo malgrado ad accompagnare l'amico all'appuntamento con Olga Munsen. Magari fosse dipeso proprio da lui avrebbe preferito rimanere con Poney che attendeva ancora mezza addormentata sulla macchina. Però non gli era parso opportuno neppure proporla una cosa del genere. E poi si vedeva in fondo quanto Herbert ci tenesse che anche lui presenziasse. Tutt'a un tratto, dopo così tanti anni, sembrava che Herbert Klodtz non potesse far più nulla senza menarsi dietro questa mezza tacca di un Kleim come una balia.
Sempre che lui non avesse altri impegni naturalmente... (Nu-nu. Nessun impegno, figurati).
Peraltro, né Munsen padre e nemmeno Munsen figlia avevano avuto da obiettare sulla sua presenza in qualità di persona fidata e consulente esperto di diritto.
[Mah, proprio esperto, poi].Adesso Herbie faceva le boccacce ed assieme, lui e il suo amico Hans s'affacciavano alla ringhiera del ponte. Immersi nel superbo sole meridiano, volgendo lo sguardo verso il torrente, il Dulch, che col suo scroscio impetuoso turbava in qualche modo il paesaggio fermo e rarefatto.
Adesso Herbert Klodtz rideva forte, però bisognava vederlo poco fa quand'era dentro lo studio al cospetto di Olga Munsen: quando la notaia l'aveva finalmente invitato ad entrare dopo un'attesa d'una ventina circa buona di minuti.
Bisognava vederlo lì quale razza di muso lungo e risentito aveva saputo sfoderare.
***
«Venga, venga Herr Klodtz». Olga Munsen sorrideva artica. «Davvero non mi aspettavo di vederla arrivare oggi di persona».
Non li aveva riconosciuti o almeno, se questo appariva particolarmente improbabile, preferiva dar mostra di non averlo fatto. Né Hans e Herbert, del resto, ambivano far cenno alcuno in tal senso: [Te le ricordi le battaglie dell'ammiraglio Nelson–Klodtz, Olga culodiboa?]...
Dopo i convenevoli un tanto al chilo si erano sbrigate le formalità per arrivare finalmente al nocciolo della questione: mancavano sei giorni, secondo la notaia, alla completa liberazione della casa.
«I creditori, il cui anonimato io devo continuare a garantire», spiegava, « desiderano ringraziarla anche per la puntualità con cui è stata condotta sempre la questione».
Herbert sfoderava davanti alla Munsen la più classica delle sue espressioni da duro, ciò nonostante non appariva credibile: sotto la scrivania faceva tremolare la gamba, sicché tutta la seggiola ne dondolava, come per il Ballo di San Vito. Con due dita si lisciava il mento: mento volitivo, con tanto di fossetta. Olga Munsen però non pareva impressionata.
«Continui per favore!»
«Ha fretta Herr Klodtz?... Dunque, come le scrissi, fu suo zio in persona a volere che noi la convocassimo qui precisamente in questa data, fu molto scrupoloso a riguardo. Non un giorno prima e nemmeno un giorno dopo. Questo è anche il motivo per cui la riceviamo di domenica. Sono stata abbastanza chiara allora?!»
Frattanto Hansi di sottecchi stava scrutando la còrea nella coscia muscolosa del compagno e, in parte, la faccia impassibile del vecchio Munsen, il quale dal suo angolo: dalla prima poltrona presidenziale dello studio, osservava l'intero evolversi dei fatti, ed anche, con il poco che poteva ancora muovere, dava piccoli segni di... come si poteva dire?! ...Impazienza, eccitazione.
Ma forse era soltanto un'idea di Hans. Anzi, a ben pensarci, la fissa espressione che nel vecchio la malattia aveva lasciato attonita, gli ricordava quella del cervo dello Spass.
Si trattava della testa di un cervo impagliato ancora perfettamente conservata salvo ch'era mancante di un orecchio. La tradizione voleva che l'animale fosse stato ucciso da Guglielmo Vaenendel, antico signore del borgo, in persona.
Per la locanda detta Spass, quella testa morta era motivo di vero orgoglio. Difatti veniva conservata in un apposito fondaco con altri meno illustri cimeli locali, e certamente non tutti vi avevano libero accesso. Solo i clienti speciali potevano vedere il Cervo.
Ad Hansi, per esempio, l'aveva mostrato una volta Isotta, di nascosto, perché, cosa avrebbero pensato gli altri se li avessero trovati lì da soli?!...
Proprio lì Isotta l"aveva baciato una prima volta, sulla guancia...Hansi Hansi. Ma che razza di idee balzane ti vengono: paragonare questo povero vecchio a quel cornuto trofeo... Cosa direbbe Mutti?... Cosa in generale i genitori se intuissero i pensieri reconditi dei loro amati figliuoli?! ..."Forse che tu pensi non diventerai mai vecchio e brutto, eh Hänsel?! ": Ecco che cosa avrebbe detto Mutti a lui!!!
Mentre Hans tanto amenamente si distraeva, il suo ex compagno dava mostra di non saper più con la Munsen qual genere di pesci pigliare. L'arcigna donna gli aveva consegnato le chiavi della casa insieme agli atti relativi, ordinando di scarabocchiare autografi un po' qui e un po' là.
Aveva svolto ogni mansione con cadenzata lentezza, ed ogni volta non diceva mai cosa si aspettava che lui facesse in cambio. Glielo diceva soltanto "dopo"... Dopo averlo lasciato annaspare con lo sguardo interrogativo. Dopo avergli fatto eseguire, insomma, la partitura perfetta del completo imbranato.
Olga Munsen da un pezzo non profferiva parola e neanche Herbert parlava. I due si stavano lungamente ed attentamente scrutando.
Infine Klodtz pensò di potersi forse congedare e che fosse tutto lì. Fece per alzarsi, le tese la mano. Hans avrebbe giurato che anche Olga si stesse alzando e ricambiasse pur gelida il saluto. Invece quella all'improvviso lo bloccò a mezza via: mezzo seduto e mezzo in piedi, con la mano a mezz'aria.
«Non così in fretta, Herr Klodtz». Sibilò.
«Capisco bene quanto il suo tempo sia impagabile, mi creda. Ma c'è ancora una cosa. Perché veda, Mein Herr, suo zio a suo tempo ha depositato presso di noi uno scritto. Se non le spiace dovrei dargliene lettura».
«Sono tutt'orecchi»
E così Herbert aveva ripreso un'altra volta posto sulla sua seggiola da fachiro.
Adesso erano tutte e due le gambe che traballavano. La-destra-la-sinistra-la-destra...Alternativamente.
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POLISEMIA 1
HorrorGIORNO I FALLAX/FALLACIA*** Europa, Anno Zero del Terzo Millennio. Un tempo Hansi Kleim aveva un amico. Si chiamava Herbert Klodtz e per una sola indimenticabile stagione egli l'aveva molto amato. Ma poi Herbie era partito all'improvviso, quasi in...