CICATRICE

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"E ti salverò da tutto, vedrai.
Persino da me stessa se sarà necessario.
Perché è questo che fa una persona che ti ama: ti protegge anche dalle sue stesse ombre"

Quando mi risveglio non c'è nessuno accanto a me, non so dove mi trovo, non so con chi sono, non so quanto tempo sia esattamente trascorso da quando sono stata sparata, non so che fine abbia fatto il resto delle ragazze, non so Zulema dove sia.
Apro gli occhi lentamente, mentre avverto una sensazione di dolore alla spalla che mi fa sussultare leggermente.
Mi guardo intorno confusa, cercando di capire dove io mi trovi esattamente, ma non ne ho la più pallida idea.
La stanza é abbastanza grande, i muri sono dipinti di rosso e bianco, il letto é molto grande e a giudicare dalle lenzuola stropicciate al mio lato, direi che qualcuno ha dormito insieme a me.
Mentre sto per richiudere gli occhi, sento dei passi avvicinarsi a me, per cui subito li riapro e rimango sorpresa quando vedo Susana venirmi incontro.
Sicuramente non è la persona che avrei voluto vedere al mio risveglio, ma il suo sorriso dolce e i suoi occhi felici di vedermi sveglia, quasi mi commuovono.
<<Come ti senti?>> mi chiede, sedendosi accanto a me.
<<Ho avuto giorni migliori>> mormoro, guardandomi la ferita coperta da una garza sulla spalla.
Lei sorride.
Mi guardò intorno ancora un po' spaesata, effetto dato sicuramente dagli antidolorifici che starò assumendo per via della ferita.
Le domande a cui dare risposta sono tante nella mia testa, ma sento così tanta angoscia dentro, che riesco soltanto a starmene zitta, guardandomi intorno.
Vorrei sapere dov'è Zulema, cosa ha fatto dopo che mi hanno sparata.
Vorrei sapere cosa sta facendo, se è ancora qui, se ha chiesto di me, se ha capito che mi sono presa una pallottola per salvarle la vita, per proteggerla, per farle capire quanto la amo.
Potrei chiederlo a Susana, dare una risposta alle mie domande, ma in fondo ho paura di scoprire la verità.
Ho paura di scoprire che è successo di nuovo, che è scappata, che è salita su un aereo dopo che mi hanno sparata e non si sia minimamente curata di me e del mio destino.
Ho paura di scoprire che davvero non ha un cuore, che realmente non prova niente per me, nemmeno un briciolo di compassione, umanità.
Ho paura di scoprire che anche prendermi una pallottola per lei non sia servito a nulla.
Ho paura di chiedere di lei, di sapere che è andata via, per cui sposto la mia attenzione su altre domande che frullano nella mia testa.
<<Dove ci troviamo?>> chiedo a Susana.
<<Siamo a Madrid, a casa mia>>afferma.
<<Da quanto tempo?>> le chiedo.
<<Una settimana>> mormora.
Come? Una settimana?
<<Sono stata in coma?>> continuo.
<<Maca, hai una ferita alla spalla, non alla testa, fortunatamente>> ironizza lei.
La guardo confusa.
<<Forse non ricordi per via dei medicinali, ma sei stata operata>> mi spiega.
Mi sforzo di ricordare, ma non mi viene assolutamente in mente nulla.
L'ultima immagine che ricordo prima che mi svegliassi poco fa' è quella della mitragliatrice di Zulema che spara infiniti colpi ed io che mi accascio sul pavimento.
Mentre sto per formulare altre domande, ecco che i miei pensieri vengono interrotti dal suono squillante del campanello.
Non so perché ma immagino che sia Zulema a suonare in maniera così brusca, quasi come se volesse buttare giù la porta.
Ma la mia immaginazione viene delusa quando aperta la porta appare Alma davanti ai nostri occhi, che non appena mi guarda e si accorge che sono sveglia, esulta per la gioia e si avvicina a me dandomi un bacio sulla fronte.
<<Sei forte, bionda>> mormora lei, stringendomi la mano.
Rimango folgorata dalla parola "bionda" , perché è il nome che ha sempre usato Zulema per chiamarmi.
Sorrido nostalgica, per poi chiedere ad Alma di aiutarmi per girarmi sul fianco.
Appanno gli occhi per riposare, ma non riesco a togliermi dalla testa Zulema.
Non faccio altro che pensarla, desiderarla, chiedermi dove sia, cosa stia facendo.
Non posso credere che sia scappata, che l'abbia salvata e tutto ciò che ha saputo fare è fuggire via da me.
Non voglio arrendermi a questo pensiero, no, non voglio credere che mi sono presa un proiettile nella spalla per proteggere una persona che non fa altro che allontanarsi da me, respingermi, odiarmi.
Non voglio credere che sia finita davvero così, tra di noi.
Con me che soffro in un letto e lei che se ne va in giro del mondo con due milioni e mezzo nelle tasche.

I hate you, I love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora