Capitolo 2.

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Harry prese coraggio quando era da poco passato mezzogiorno. La pausa pranzo per le prime classi era iniziata da esattamente tredici minuti il che significava che erano le 12 e 13 minuti. E 24 secondi.

Ad Harry piaceva la precisione quando si trattava di ricordare i momenti storici o importanti della sua vita. Per esempio era cascato dalle scale con i mano un vassoio di pasticcini, durante il suo primo giorno di lavoro in panetteria, il 16 marzo 2008 alle 15 e 46 minuti. I secondi non li ricorda ma sa perfettamente che i punti che gli diedero sul ginocchio erano quattro e che dal suo stipendio furono detratte 40 sterline.

Proprio per questa sua singolare mania il fatto che fossero le 12 e 13 minuti non era affatto marginale.

Liam e Niall erano in fila con lui a pochi passi dal self service.

Le prime, le seconde e le terze classi avevano la sala mensa nella vecchia palestra del piano terra. Quelli del quarto e del quinto anno, invece, pranzavano al primo piano nel salone che un tempo veniva usato come sala convegni.

 “Perché ti guardi intorno con quella faccia terrorizzata?” domandò Liam

“E perché non prendi un vassoio?” aggiunse il biondo osservando famelico le proposte per il pranzo.

“Perché sto per...” iniziò Harry poco prima che anche la campanella per la pausa pranzo per il quarto e il quinto anno iniziasse a suonare. Ed eccola lì. La sua testa che si abbassa a guardare l’ora sul suo orologio. 12.13 minuti. E non c’era un reale motivo, non c’era niente di niente prima, nemmeno l’ombra di tutto quel coraggio che ora gli inondava il cervello. Voleva vedere Louis e doveva farlo ora.

“Stai per?” incalzò Liam

“Devo parlare con Gemma” disse Harry correndo via.

Schivò al meglio ogni ragazzino che si muoveva per la sala con in mano un vassoio.

Sorpassò elegantemente insegnanti, bidelli, persino il preside che ogni volta passava a controllare che non si creasse confusione in mensa. Corse il più velocemente possibile perché ogni volta era così: il coraggio arrivava inaspettato, riusciva quasi a formulare il discorso con il quale dichiararsi a Louis e poi, con la stessa facilità con la quale era arrivato, tutto il coraggio scivolava via.

Doveva sbrigarsi.

Salì le scale rapidamente, quanto più poteva. Sentiva il vociare distinto dei ragazzi più grandi che si riversavano in corridoio e si dirigevano alla mensa.

Era arrivato all’ultimo gradino, un piede già posava sul pavimento del primo piano, quando:

“... tutta la solita merda insomma, niente di nuovo” sentì distintamente la voce, quella voce.

Louis Tomlinson e Zayn Malik gli stavano sfilando davanti. Restò paralizzato.

Il moro stringeva tra le mani un blocchetto di buoni pasto mentre lo zainetto semi aperto gli ricadeva su una spalla.

Louis era al suo fianco. Un foglio a sbucargli dalla tasca posteriore dei Jeans aderenti e scuri. Soltanto una penna in mano e nemmeno l’ombra di un libro o uno zaino.

Si era tinto i capelli. Aveva i capelli rossi, di un rosso magnifico.

Harry guardò l’orologio mentre ancora era impalato sull’ultimo gradino. Zayn e Louis avevano appena svoltato per entrare in mensa.

12 e 17. Ecco l’ora in cui aveva scoperto che Louis era fottutamente bello anche con i capelli rossi.

Appunto mentale: tingersi i capelli. Forse Louis ama i capelli tinti?

Un gettone e tredici minutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora