Capitolo 21.

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Louis rimise la batteria nel telefono e la sim. Si buttò sul letto in camera sua mentre sua nonna in salotto piangeva e blaterava circa la probabile se non addirittura sicura parentela tra lui e Satana.

Aveva urlato qualcosa sul fatto che Louis non avrebbe mai più avuto il permesso di rivedere le sue sorelle. Aveva anche urlato, mentre sentiva l'armadietto degli alcolici aprirsi e suo nonno borbottare, che lui, di sicuro, li avrebbe mandati alla tomba.

Si era chiuso in camera e aveva collegato l'iPod allo stereo. Qualcosa di rock aveva iniziato a rimbombare nelle casse mentre il cellulare si illuminava per i messaggi e le chiamate ricevute negli ultimi giorni.

Gli ultimi messaggi erano di quella mattina.

Harry.

Sospirò. Non dovevano sentirsi. Non doveva leggere, non doveva rispondere. Non dovevano vedersi né niente. Si coprì gli occhi con un braccio mentre muoveva i piedi a ritmo con la musica.

Il suo materasso era scomodo. Da quando lo era?

Era sempre stato comodo in quel letto. Si girò su un fianco, poi sull'altro. Si mise a pancia in su, poi in giù. Sprimacciò il cuscino per dagli una forma più comoda ma non era nemmeno quello il problema. Si mise seduto. Voleva leggere quel dannato messaggio. Era quello il problema.

Sospirò. Aveva freddo. Si alzò e si mise una felpa. Si mise sotto le coperte ma a quel punto aveva caldo.

"Vaffanculo!" sbuffò mentre prendeva il telefono.

Harry: 11:23

"Lo so che non possiamo vederci e nemmeno sentirci e che probabilmente è illegale che io ti scriva ma non me ne frega un cazzo".

 

Harry: 11:27

"Ho bisogno di te".

 

Harry: 11:49

"Louis sto male"

 

Harry: 12:18

"Non andrò più a scuola. Mi sono ritirato. O comunque mi ritiro in questi giorni. Non voglio più fare nulla. Voglio solo Gemma"

 

Harry: 13:29

"Vengo sotto casa tua e rimango lì finché mi arrestano o finché non scendi tu".

 

Harry: 13:58

"Sono sotto casa tua perché non me ne frega un cazzo di niente. Sto seduto qui".

 

 

Harry: 14:00

"Louis. Sto male. Ti prego".

 

Harry:  14:08

"Ho bisogno di te. Per favore. Non lasciarmi anche tu. Me lo hai promesso".

 

 

Louis deglutì mentre rileggeva i messaggi e guardava l'orologio. L'ultimo messaggio era di un quarto d'ora prima. Non doveva scendere. Non poteva soprattutto. Si mise in piedi e camminò per la stanza mentre la musica iniziava ad infastidirlo, la felpa a fargli caldo e la testa a fargli male.

Un gettone e tredici minutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora