Capitolo 16

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Hermione si risvegliò la mattina successiva dopo aver dormito due o tre ore al massimo. La stanza buia e vuota, rispecchiava alla perfezione il suo stato d’animo e prima di convincersi finalmente ad alzarsi, Hermione rimase vari istanti a fissare un punto impreciso del pavimento di pietra, con sguardo perso.

I suoi capelli erano arruffati e i vestiti ancora del giorno precedente erano stropicciati, il viso era solcato da profonde occhiaie violacee ed il suo colorito era più pallido del solito.

Quello sarebbe stato il suo primo giorno di lezioni come professoressa, per il quale si era preparata per mesi e fu solo per quello che si convinse ad alzarsi e a darsi una sistemata.

A colazione bevve soltanto del caffè. Guardandosi attorno, notò i volti dei ragazzi dei più grandi pieni di gioia per essere finalmente tornati alla loro amata scuola e i volti dei più piccoli pieni di stupore proprio come lo era stato il suo quando aveva visto il castello per la prima volta, ma il suo sguardo non poté che rabbuiarsi nuovamente quando girò la testa alla sua destra e vi trovò una sedia vuota.

Si convinse però a non rattristarsi più perché se Severus fosse stato lì, le avrebbe detto proprio quello; doveva pensare che di lì a poco avrebbe incominciato la sua brillante carriera da professoressa e non si sarebbe potuta distrarre.

Per tutto il giorno, si convinse a pensare a nient’altro se non alle sue lezioni. A pranzo non riuscì nuovamente a mangiare molto, ma ce la metteva tutta per non pensare troppo a Severus e quindi a distrarsi.

Solo alla fine delle lezioni del pomeriggio lasciò che la sua mente ricominciasse a pensare a lui. Minerva non le aveva dato alcuna notizia perché le ricerche erano incominciate da meno di 24 ore e gli auror non avevano ancora nessuna pista da seguire.

Hermione non si aspettava una risposta tanto diversa perciò, appena dopo che ebbe parlato con Minerva, decise che se gli auror non avevano nessuna pista, allora tanto valeva fare da sola.

Corse fuori da castello e andò dritta dall’unica persona che avrebbe potuto aiutarla.

Dopo che ebbe suonato il campanello di Grimmauld Place, non badò a Kreacher che le aprì la porta neanche per un secondo e si fiondò dentro a cercare Harry.

Il ragazzo, che in quel momento se ne stava tranquillamente seduto in cucina a leggere La Gazzetta del Profeta, sobbalzò quando vide Hermione entrare di corsa nella stanza.

-Harry, ho bisogno del tuo aiuto.- aveva detto Hermione senza salutarlo, e si era poi seduta di fronte a lui, fissandolo in attesa di risposta.

Harry sbatté le palpebre, e dopo che un Kreacher brontolante superò la cucina, finalmente parlò.

Essendo un auror, sapeva benissimo cos’era accaduto, ma purtroppo non poteva partecipare alle ricerche perché lo era da troppo poco tempo per essere già in una squadra.

-So cosa è successo Hermione, ma purtroppo non posso darti alcuna informazione. Sono appena entrato nel dipartimento e non so nulla di più di quanto tu non sappia.-

-Non sono qui per avere informazioni infatti.- gli rispose però prontamente Hermione. -Sono qui perché ho intenzione di andarlo a cercare di persona e vorrei che tu venissi con me.-

Harry sembrava essersi di nuovo imbambolato e come prima, sbatté di nuovo le palpebre cercando di capire.

Hermione, vedendo la sua espressione, cercò di spiegarsi meglio: -Harry, la verità è che non mi fido del lavoro degli auror, non sono affatto fiduciosa di esso. E’ da un anno che cercano di catturare quei mangiamorte senza alcun risultato ed ora quei mangiamorte hanno preso Severus. Vorrei il tuo aiuto perché sono sicura che noi potremmo farcela, insomma, abbiamo trovato tutti quegli Horcrux solo con le nostre forze, e poi io non riesco a starmene con le mani in mano.- la ragazza abbassò lo sguardo sperando vivamente in una risposta affermativa da parte del suo migliore amico.

-Certo che ti aiuterò Hermione, lo faremo insieme come abbiamo sempre fatto, ma ci serve ancora una persona.-

Harry sorrise affettuosamente ad Hermione, la quale aveva gli occhi pieni di lacrime di gioia e gratitudine.

Incominciava a farsi buio e dalle finestre della casa, già non si riusciva a vedere più granché se non il palazzo di fronte e la stradina sottostante. Settembre era incominciato solo da pochi giorni, ma il tipico tempo inglese, uggioso e freddo, non si era fatto attendere.

Nessuno per strada non aveva con sé giacca e ombrello e l’estate, sembrava essersene andata da parecchio tempo.

E se in città faceva freddo, in una foresta si ghiacciava.

Severus quel giorno, non era riuscito a muoversi molto. La foresta sembrava infinita e ogni albero sembrava identico all’altro e a Severus sembrava di non essersi mosso di un millimetro.

Era riuscito a trovare solo una misera manciata di mirtilli selvatici ed ora era incredibilmente affamato e debole. I tagli che aveva sul corpo era riuscito a fasciarli con pezzi del suo mantello, ma ora erano sporchi e pieni di polvere ed aveva bisogno di cambiarli se non voleva che si infettassero.

Ma la cosa peggiore, era che ancora non riusciva a ricordare come era finito lì. Aveva solo una strana sensazione, quasi di calore, che gli diceva che doveva assolutamente uscire di lì e tornare ad Hogwarts.

Aveva provato a ricordare l’ultima cosa successa prima di ritrovarsi lì, ma nella sua mente non vi era altro che vuoto. Sapeva solo che doveva tornare al castello, che vi erano delle cose importanti, ma cosa se non il suo lavoro da insegnante di pozioni?

Ricordava benissimo che Silente era morto, che lo aveva ucciso lui dopo che Silente stesso glielo aveva chiesto, ma sapeva anche benissimo che quel ricordo risaliva ormai a vario tempo prima. Sapeva poi, che anche Voldemort era morto, anche se non ricordava minimamente come, e allora di lui cosa ne era stato? E come accidenti aveva fatto a ritrovarsi lì?

Era tutto il giorno che Severus tentava di rispondere a queste domande fino a farsi scoppiare la testa.

Quella sera, come la precedente, constatò che avrebbe fatto meglio a risposare e solo il giorno successivo avrebbe provato di nuovo ad uscire da quella foresta.

Cercò un albero che avrebbe potuto offrirgli un minimo di riparo e ne trovò uno con grosse radici che lo avrebbero reso invisibile da qualsiasi creatura che potesse passare lì vicino.

Si accovacciò in mezzo ad esse e si coprì con il pezzo di mantello che gli rimaneva.

Dopo che ebbe appoggiato la testa al tronco dell’albero, si chiese ancora se c’era la possibilità che qualcuno lo stesse cercando, preoccupato per lui, ma credeva che la percentuale che ciò potesse essere vero era molto bassa, se non nulla.

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