𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟻

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Eddie POV:
<<Richie ti prego, rispondimi - mi stoppai un attimo sentendo un groppo alla gola - se è uno scherzo, smettila ti prego>> iniziai a piangere. Non avevo idea di cosa potessi fare, anche con tutta la mia forza, non sarei riuscito a tirarlo fuori di lì. <<Io...io...torno subito>> dissi tra un singhiozzo e l'altro, probabilmente più a me che a lui. Ripresi la mia bici e padalai come non avevo mai fatto, le mie gambe stavano per andare a fuoco.
Era una giornata tranquilla, il vento era fermo e di tanto in tanto si poteva sentire il verso di qualche uccello, eppure intorno a me era come se regnasse il caos.
Nel giro di pochi minuti arrivai davanti casa mia. Sapevo per certo che mia madre a quell'ora sarebbe stata al mercato, quindi non persi nemmeno tempo a cercarla in casa. Mi precipitai sul telefono fisso. Digitai tre numeri.

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<<Vi prego, aiutatemi - non aspettai di sentire una voce in corrispondenza per continuare - a un centinaio di metri dalla casa abbandonata di Derry, andando verso sinistra - le mie parole erano strozzate - il mio amico è caduto con la bici in un fosso, non so se stia bene o meno, So solo che non si muove e non risponde. Portate anche dei pompieri per tirarlo fuori, oltre l'ambulanza. Fate presto. Vi prego>> le mie parole apparivano più come un lamento, che una vera e propria richiesta di aiuto.
Uscii di casa e iniziai a correre.
Nelle gare che facevamo durante le ore di motoria ero sempre fra gli ultimi. Eppure, lo posso giurare, penso che se avessi mai corso con una tale velocità mi avrebbero sicuramente preso nella squadra d'atletica della scuola.
corsi, corsi verso Richie <<Ti prego, non lasciarmi, non potrei mai perdonarmelo. Aspettami. Arrivo da te. Ci sono io>> sussurrai come se potesse sentirmi, sforzandomi di non pensare al dolore che mi invadeva le gambe.

***
Ero seduto in sala d'aspetto da qualche ora ormai. Appena saputo l'accaduto mia madre era corsa subito qui. Avevamo provato anche ad avvisare i genitori di Richie, ma non erano raggiungibili. Il medico uscì dalla sala operatoria. <<l'abbiamo dovuto operare d'urgenza, cadendo ha sbattuto gravemente la testa e si è rotto una costola>> ci aveva spiegato il medico.
E tutto questo, per colpa mia.
<<La situazione è stabile. Ci sarebbe bisogno di un'altra piccola operazione, è però necessaria l'autorizzazione di almeno uno dei genitori - disse il medico rivolto a mia madre - abbiamo provato a chiamarli svariate volte, ma non siamo riusciti a contattarli. Potreste provarci anche voi?>>
<<Signor Kevin - mia madre lesse il nome del dottore dal cartellino che portava attaccato al taschino del camice - anche noi abbiamo provato a sentirli, con i vostri medesimi risultati>>.

***
Erano passati giorni e Richie era ancora in coma. È incredibile come sia riuscito a sopravvivere a it senza nemmeno un graffio e che ora sia in bilico tra la vita e la morte per una stupidissima gara di biciclette. Non avevano ancora avuto notizie dei genitori, ma in compenso il piccolo intervento che prima doveva fare non era più necessario, le sue condizioni stavano man mano migliorando. Mia madre mi aveva obbligato a tornare, almeno la notte, a casa. Fosse stato per me avrei passato anche le notti in sala d'aspetto, oltre alle intere mattinate e pomeriggi che trascorrevo sfogliando pagine di libri senza però leggere nemmeno una parola, con i pensieri concentrati solo su richie.
Richie non poteva ancora ricevere visite. Questa cosa mi stressava ancora di più. Avevo bisogno di vederlo, ne avevo davvero bisogno.
Avevo passato un altro giorno in ospedale nella speranza di poter vedere richie, e stavo tornando in macchina a casa, con mia madre <<Quando potrò vederlo?> le domandai.
<<Intendi Richie?>>
"si mamma, intendo Richie, in questo momento posso intendere solo lui. I miei pensieri dipendono tutti da lui".
Annuii.
<<Non lo so, ma Stai tranquillo pisellino.>> e mi scompigliò i capelli con una mano, mentre l'altra la teneva salda sul volante.
Arrivammo a casa e corsi su nella mia stanza. Mi buttai sul letto. Non mi tolsi nemmeno le scarpe. Non volevo addormentarmi, ma avevo bisogno di rilassarmi un po', volevo solo tenere un po' gli occhi chiusi, ma caddi nel sonno. Un sonno profondo. C'era molto silenzio intorno a me, molta calma, forse troppa per non addormentarsi.

Mi svegliai di sussulto e aprii gli occhi di scatto. Era notte fonda. Nella mia testa rimbombava un nome.
Richie
Non so come, non so perchè, ma sentivo che stava succedendo qualcosa. Scendendo le scale sicuramente qualche gradino maledetto, scricchiolando, avrebbe svegliato mia madre. Così decisi di uscire dalla finestra. non ero sicuro di quello che stavo per fare, probabilmente senza motivo, ma non mi importava.
Non era difficile, avrei solo dovuto fare un salto di un paio di metri.
Aprii la finestra e mi misi in piedi sul davanzale. Guardai sotto. Diedi un tiro all'inalatore.
"Uno...due...aiuto...tre" saltai giù in modo scomposto, cadendo sulla spalla. Rotolai per circa un metro. La spalla mi pulsava, ma era sopportabile. Saltai sulla bici e mi diressi all'ospedale.

Entrai dentro facendo sbattere la porta dietro di me. Mi fiondai in ascensore e premetti il secondo piano. Era lì la stanza di Richie.
La 479.
Era chiusa, ma non a chiave, non credo che potessi entrare, ma nessuno sorvegliava l'entrata.
Così aprii la porta

•I DON'T WANNA BE YOUR FRIEND•  [reddie]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora