/L'incontro/

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"Il tramonto lo guarderai,
come fosse l'ultimo al mondo.
E negli occhi che rimarrai,
come fossi l'unica al mondo.
E se il tempo lo stringi in mano,
il giorno dura un secondo.
Tu sempre più lontano.
E tutto il bene sei tu,
perché il destino ci spezza.
E perché non vuoi più,
più nessuna tristezza.
Qua a subirci ancora tante volte
questa vita è forte:
trova le risposte"
Emma Marrone - Dimentico Tutto.

(L'ascolto della canzone è facoltativo.)

Era finalmente arrivato il tanto atteso "martedì". Stéphane, aveva occupato la giornata precedente a sistemare la sua camera, acquistando diversi mobili ed un nuovo letto su cui dormire. Perciò, non aveva avuto l'onore di conoscere l'amico di suo fratello, e se Caleb lo definiva tale, a quest'ultimo gli avrebbe regalato volentieri una medaglia, anche solo per essere entrato nelle grazie del maggiore. Quando era tornata a casa, dopo essersi affacciata sul salone ormai vuoto, non aveva nemmeno avuto il tempo di spogliarsi, che dalla stanchezza, era crollata sulle lenzuola profumate del suo nuovo materasso.
Il sole era sorto dal ormai alcune ore, ed il solo pensiero di mettersi quell'odiosa divisa, le faceva ribollire il sangue nelle vene. Nelle sedi americane, non c'erano tutte queste restrizioni. Poteva andare a lezione anche con il pigiama: cosa che lei, amava indossare quasi tutti i giorni.
Si guardò allo specchio, e tutto sommato si sentiva carina e le stava bene. Acconciò i capelli lasciandoli sciolti, ed indossò il suo classico paio di occhiali da vista. Preparò la borsa con tutto l'occorrente che le serviva per il primo giorno di scuola, e inserì nel taschino laterale alcuni trucchi. Purtroppo, uno dei suoi tanti difetti, era quello di essere davvero molto pigra: perciò, si sarebbe truccata in auto.

Dall'altra parte della città, il rasta era sveglio già dalle prime luci del sole. Amava essere mattiniero, prepararsi un bel tè caldo e fare un'abbondante colazione per rinvigorirsi. Aveva smesso da pochi anni di giocare a calcio, ma allo stesso tempo, continuava a mantenersi in forma per non ingrassare tutto d'un colpo.
Parlare con il suo migliore amico da vicino, gli aveva rinfrescato le idee, ma soprattutto, lo aveva calmato. La sconosciuta, era sparita dalla sua mente, o meglio, l'aveva fatta sparire in modo da essere il più lucido possibile per iniziare l'importante missione.
Si allacciò le scarpe nere lucide,
auto-complimentandosi per non aver perso negli anni la sua classica eleganza.
Il mantello, gli era mancato in quella settimana di vacanza, ma non lo aveva potuto indossare. Ora invece, si sentiva rinvigorito della sua autorità.
<<È tutto pronto per oggi?>> Inviò un messaggio vocale a David, che si trovava già nell'edificio.
<<Sì, ho appena finito di controllare. È come avevamo previsto, ci sono degli infiltrati tra i nuovi arrivati. Ti aspetto in ufficio.>> Rispose evidenziando il vero primo problema da affrontare.
<<Sarò lì tra una decina di minuti.>> Prese le chiavi dell'auto e dopo aver recuperato la sua cartella di pelle, si mise in cammino, pronto per indossare la maschera dell'allenatore dipendente del quinto settore.

Arrivarono quasi contemporaneamente, ma nessuno dei due si accorse dell'altro. Entrambi, troppo preoccupati per i loro ruoli all'interno della rivoluzione.
La mora, camminava a testa bassa per i corridoi osservando di tanto in tanto il nuovo ambiente. Si sentiva gli occhi addosso da chiunque le passasse fianco: era la classica "nuova" arrivata.
<<Non ci far caso, prima o poi, si scocceranno. Ignorali.>> Una voce dolce, le fece alzare la testa. Si ritrovò davanti una ragazza dai capelli rossi non troppo corti, ma nemmeno troppo lunghi.
<<Oh, sarei felice se la smettessero subito.>> Li guardò con la coda dell'occhio, fulminando in particolare un ragazzo, che le stava guardando il sedere.
<<È successo anche a me l'anno scorso, ti capisco. Comunque piacere sono Anita Lauria, e se te lo stessi chiedendo, sono di origini italiane!>> Esclamò abbracciandola. La Stonewall, non potè essere più felice, aveva appena trovato una ragazza straniera molto aperta all'emancipazione, e non ubbidiente delle strambe regole giapponesi.
<<Piacere Stéphane! Il mio nome è francese, ma purtroppo, sono di qua.>> Alzò le braccia esasperata, e fece ridere la giovane al suo fianco.
<<In che classe sei?>> Domandò mentre si incamminavano verso i loro armadietti.
<<3-A da come ho capito, tu?>> Non ebbe nemmeno il tempo di sentire una risposta, che iniziò a correre prendendola per mano. Era strano, ma si sentì subito come a casa in sua compagnia. Per un attimo, si dimenticò di non essere in America.
<<Rullo di tamburi, ti presento la nostra classe!>> Il destino, aveva deciso di mandarle un angelo custode che potesse aiutarla in questa nuova esperienza. Rise di gusto, entrando per accomodarsi nel primo posto libero che trovava.
Dopo poco, entrò il professore, che la rimproverò per non essersi fatta viva in presidenza e ritirare il fascicolo degli orari di lezione.
<<Stonewall, spero davvero non sia come suo fratello!>> Strinse i pugni al suono di quelle parole, veniva già giudicata male per gli errori di quest'ultimo.
<<Le posso garantire che io, non sono lui.>> Abbassò la testa in segno di rispetto, e si accomodò nel banchetto singolo vicino la finestra.

Innamorarsi per caso - Jude Sharp - IN PAUSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora