25 ANNI DOPO
Ho ritrovato il quaderno che mia zia mi aveva regalato al primo compleanno passato insieme, poco tempo fa. Riflettei un poco su cosa avrei potuto farne e poi, parlandone anche con la zia arrivammo alla conclusione di scriverci una storia. E quale storia migliore se non la nostra? Decisi poi di concluderla dal momento del matrimonio di Anne e George perché da lì in poi la nostra vita insieme fu un nuovo inizio, fatto di alcuni momenti tristi ma molto più piena di momenti bellissimi, indimenticabili, felici.
E con qualche novità: qualche mese dopo il matrimonio, l'hotel fu ristrutturato, venne assunto moltissimo personale e poco dopo venne riaperto, riscontrando un enorme successo. Inoltre, data la mia grande passione per i 'perché' e per l'apprendimento, dal momento in cui ne ebbi l'occasione aprii una scuola qui all'hotel in cui potei trasmettere a moltissimi bambini e non solo, il mio amore per la cultura. In tutti questi anni, nonostante Amelie mi abbia più volte offerto la casa dei miei genitori, io rifiutai, dicendole che era questo il posto in cui volevo stare, con lei. Per un po' fu tutto così, poi io mi sposai, con un altro insegnante della scuola.
Qualche anno più tardi arrivò all'hotel un ospite del tutto inaspettato che però cambiò la nostra vita. Voglio raccontarlo perché la cambiò in meglio.
Era un fresco giorno d'estate. Io ero in giardino e stavo spiegando a dei bambini seduti sull'erba a semicerchio di fronte a me, quando si fermò una carrozza da cui scese un uomo, alto e biondo. Vedendolo disorientato, mi scusai con i bambini e mi avvicinai a lui. «Salve, ha bisogno di qualcosa?» gli domandai.
«Salve» rispose lui in tono vago. «Cerco... cerco Amelie Lambert, vive qui?»
«Si» confermai.
A quel punto lui sorrise.
«Posso sapere chi la cerca?» chiesi io gentilmente.
«Mi chiamo Tom, Tom Lambert».
Capì immediatamente chi fosse. Sorrisi e gli chiesi di aspettarmi lì mentre andavo a chiamare Amelie. Quando fummo tutti e 3 in giardino mia zia lo salutò. «Salve».
Lui non seppe dire una parola, così Amelie mi guardò e io le sorrisi. Tornò quindi a guardare Tom che finalmente trovò le parole. «Mamma»
«Come scusi?» domandò Amelie confusa.
«Mamma» ripeté Tom con le lacrime agli occhi. «Sono io, Tom»
«Tom?»
«Si, sono io».
Amelie scoppiò a piangere e abbracciò suo figlio dopo moltissimi anni. Io rimasi commossa davanti a quella scena.
Dopo qualche minuto si sciolsero dall'abbraccio. «Mi dispiace tanto mamma, io...»
«No, Tom» lo interruppe lei dolcemente. «Non è colpa tua. Non hai niente di cui scusarti».
Poi Amelie mi presentò Tom e viceversa. «É un piacere conoscerti»
«Anche per me, Tom»
«Anch'io ho qualcuno da presentarvi». Corse alla carrozza e aiutò a scendere un ragazzino seguito da una graziosa ragazza che teneva in braccio un fagottino. «Mamma, Diana vi presento Martina, mia moglie, nostro figlio Pierre e questa qui» disse accarezzando il visetto della bambina che Martina teneva tra le braccia. «É l'ultima arrivata, nostra figlia, Amelie».
Mia zia sorrise commossa a Tom che ricambiò. «Abbiamo molte cose di cui parlare».
Tom guardò Martina e annuì.
«Entriamo allora, siete i benvenuti».
Da quel momento in poi la nostra famiglia fu ancora più grande. Amelie fu ben contenta di essere sempre circondata dai nipoti e dall'amore di tutta la famiglia.
Mi ricordo che una volta le chiesi se lei avesse mai perso tutte le speranze, di rivedere Tom, di essere nuovamente felice e lei mi rispose di no, che anche quando la vita le aveva tolto tutto, le era sempre rimasta una piccola speranza che la sua vita potesse ancora cambiare, migliorare. Perché è proprio vero, non si deve mai perdere la speranza, perché come molto tempo fa scrisse una carissima persona, non è mai troppo tardi per essere felici.
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La dolcezza delle nuvole
General FictionMarsiglia, 1900. Amelie, un tempo allegra e solare, è ormai una donna acida e scorbutica, determinata a non aprire mai più il suo cuore a nessuno, essendo stata troppe volte delusa dalla vita. A causa di un incidente nel quale perde la vita la sorel...