Capitolo 6

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Quella sera nessuno fiatò, l'enorme dimora era immersa nel silenzio. 

 Tutti dormivano, eccetto la padrona di casa e Diana, che se ne stava rannicchiata nel suo grande letto.

 In quel momento sentiva molto la mancanza dei suoi genitori. Se fosse stata a casa avrebbe chiamato la mamma e Rose sarebbe corsa immediatamente, si sarebbe sdraiata accanto alla figlia e accarezzandole i capelli l'avrebbe fatta addormentare. 

A quel pensiero una lacrima le rigò la guancia ma allo stesso tempo le vennero in mente quelle parole che sua madre le aveva detto non molto tempo addietro prima che lei e Joseph partissero per qualche giorno e la lasciassero a casa con la tata: «Sei hai paura, Diana, oppure ti manchiamo o per qualsiasi altro motivo e io e nemmeno tuo padre ci siamo, devi farti forza e immaginarci accanto a te anche se siamo lontani perché ricordati che ovunque andremo noi rimarremo per sempre qui», disse Rose, appoggiando una mano sul cuore della figlia. 

 Diana allora ci provò, disse a sé stessa di essere forte e chiuse gli occhi.  Poco dopo  si calmò ma ancora non riusciva ad addormentarsi.  Si alzò a sedere e si guardò intorno. Grazie alla luce della luna che filtrava dalla finestra, riusciva a scorgere  l'intera stanza. 

Vide dei libri poco lontano. A casa vedeva molte volte sua madre sfogliarne uno. Così indossò le pantofole e si diresse verso lo scaffale. Arrivata ai suoi piedi scoprì però di essere troppo bassa per arrivarci così, delusa, ci rinunciò per quel momento.  Pensò invece di andare a fare una passeggiata. 

Uscì nel corridoio. Una sola luce tremolante lo illuminava. Cominciò a camminare diretta verso le scale che la portavano al piano inferiore. "É davvero grande questo corridoio", pensò. Arrivò poi ad una porta diversa dalle altre, più grande, di colore rosso, scrostato. Diana si guardò intorno. Era incuriosita da quella porta e voleva entrarci.

 Toccando la maniglia  si ricordò cosa le avesse detto Anne quella mattina accompagnandola alla sua stanza. «Non entrare in questa camera, Diana. Ci dorme tua zia e preferisce non essere disturbata».

 Diana rabbrividì per il freddo. Poi sbadigliò. Prima di voltarsi e tornare a dormire appoggiò la testa sulla porta, un po' troppo forte. «Ahia», disse e poi tra se': «Mi dispiace zia, mi dispiace tanto».

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Era una bella serata, la luna splendeva. Così Amelie, per distrarsi, prese un libro dalla libreria di camera sua, nella quale teneva i libri a lei più cari mentre la maggior parte era nella stanza che fungeva da studio a fianco e qualcun'altro, invece, si trovava qua e là nelle varie stanze. Si sedette sulla cassapanca vicino alla finestra e cominciò a leggere. 

 Dopo qualche pagina capì che era impossibile distrarsi leggendo, aveva troppi pensieri che le frullavano per la testa, quindi chiuse il libro, frustrata. 

 Guardò fuori, da quel punto si vedeva la scogliera, il suo tanto amato nascondiglio. 

 Poi cominciò a pensare agli avvenimenti del giorno. Le sembravano passate settimane da quella mattina quando stava provando i vestiti con Anne, eppure non era passato nemmeno un giorno. 

Pensò a quella mocciosa, sicuramente odiosa come la madre, che ora faceva parte della sua vita cominciando già a scombussolare l'ormai noiosa ma tranquilla vita in quella casa. Ed era solo l'inizio, avrebbe fatto di peggio, eccome. 

 Poco dopo si alzò, posò il libro da dove l'aveva preso e in quel momento sentì un colpo alla porta. Immaginò fosse qualcuno venuto a disturbarla, a quell'ora della notte, poi! I suoi domestici sapevano di dover stare alla larga da lei. 

 Solo una persona non aveva abbastanza esperienza per saperlo: Diana.

 Si preparò ad uscire, intenzionata a dirgliene quattro, quando sentì una vocina. «Ahia. Mi dispiace zia, mi dispiace tanto». 

 Si bloccò. Non si aspettava certo quelle parole. 

 Quando si riprese, uscì dalla stanza ma ormai nel corridoio non c'era più nessuno. 

La dolcezza delle nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora