Capito 11

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Da quando avevi preso il giornale in mano,
i suoi occhi non si staccavano dalle tue dita,
con cui giocavi con la sigaretta ancora non accesa.
Quegli occhi turchesi privi di profondità,
ma in cui si nascondeva un pecato che non aveva più una fine.
Potevi perderti per minuti interi in quelle iridi,
e lui lo sapeva bene.
Lo aveva notato appena pochi secondi prima,
e già il suo viso era contorto dalla malizia.

Ed in quel silenzio infernale che iniziò la vostra storia.
Tra sguardi infuocati e mani in posti inaccettabili.
La sigaretta finita a terra, le cinture slacciate.
Anneganti in qualcosa che probabilmente era totalmente sbagliato.
O forse no.
Chi lo sa.
Con le mani sporche dei vostri crimini ma la coscienza ancora pulita.
Senza sensi di colpa.
Come foste gli eroi della favola e non i cattivi;
niente pensieri,
soltanto istinti primordiali.
Soltanto emozioni,
soltanto un giochetto? Un modo di sentirsi ancora vivi?
O forse solo piacere?
Ti eri data a un perfetto sconosciuto.
Non sapevi chi era.
Non sapevi nemmeno il suo vero nome.
Non sapevi niente di niente di lui, eppure ti eri fidata,
avevi venduto la tua fiducia a quell'intrigante uomo dalla pelle bruciata di cui non sapevi nemmeno l'età.

Ti eri lasciata andare per la sua voce,
il suo sguardo vuoto e freddo,
per il suo giochetto malizioso.
Come nella speranza che quel pluriomicida ti potesse donare quella parte di se in cui conservava ancora un po' di umanità.
Se ancora l'aveva,
sperando non l'avesse persa.

Chiamando il nome che si era dato,
tentavi di reggerti al suo corpo.
Tentavi di reggerti a qualcosa di totalmente a te sconosciuto,
qualcosa che però sapeva tutto di te.
Qualcuno, che sapeva ogni cosa.
Eri stata travolta dai sensi.
E non avresti mai voluto finirla lì.
Non ne avevi alcuna intenzione.
Da quel giorno,
quell'uomo,
sarebbe stato il primo dei tuoi problemi,
ed il tuo più grande motivo per essere te stessa.
Il tuo
più incredibile
segreto
da mantenere dentro di te.

In tutti i dobbi sensi e non di questa frase.

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