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ISABELLA

Arrivati di fronte all'Hospitality Mercedes siamo ormai zuppi a causa della pioggia.
Vorrei rimproverare qualcuno per non avere portato gli ombrelli, ma temo sia colpa mia.

Prima di me entrano i ragazzi, che urlano il nome di Sebastian come fosse la cosa più importante del mondo.
Anche se per loro probabilmente è così.
Sebastian è il padrino di Diana, lo zio con le mille storie da raccontare, quello che alle cene si vanta ancora di aver battuto il loro invincibile padre.
Non lo diranno mai, ma è possibile che siano più felici dei quattro mondiali di Seb piuttosto che dei sette di loro padre.

"Le pesti Hamilton, quale onore!" Esclama divertito il tedesco, che era fino a questo momento impegnato in una conversazione.
Entro in questo istante anche io nell'hospitality, sorridendo a Vettel, che ricambia.
"Ah, ma c'è anche la capofamiglia! Ciao Isabella" Mi avvicino per salutare a mia volta Sebastian, ma mi blocco di colpo.
L'uomo con cui fino a qualche istante prima stava parlando si volta verso di me, facendo incrociare i nostri sguardi.

Non saprei dire quanti anni sono passati dall'ultima volta in cui i miei occhi hanno incrociato i suoi, ma posso con certezza dire che il senso di vuoto allo stomaco non è cambiato affatto.
"L-Lando?" Domando retoricamente, faticando per fare quei pochi passi che mi permettono di avvicinarmi a lui.
"Bella! È una vita che noi due, ecco, che noi non ci vediamo" Balbetta nervosamente, passandosi una mano tra i capelli scompigliati e arrossendo.

"Ragazzi, che ne dite di andare a vedere di Michael? Non vorrei rompesse la macchina senza di me!" Senza nemmeno accorgersi di quanto sta succedendo, i miei figli accettano ben volentieri l'invito di loro zio, che mi fa un occhiolino prima di darmi le spalle.

"Lando" Ripeto io, incredula.
"Sai, Vic e Aaron stanno insieme. Lo sai? Perchè io lo so" Dice lui, ancora tentennante.
"Si si lo so, anche io lo so. Sono carini insieme, come coppia intendo, non trovi?" Lui annuisce, rimanendo immobile a fissarmi.
"Isabella" Mormora dopo qualche secondo, facendomi abbassare lo sguardo per l'imbarazzo.

"Ti va se...Ti va se ci sediamo?" Mi chiede, indicando i divanetti a qualche metro da noi. Annuisco andando direttamente a sedermi.
"So che alla fine a tuo figlio hai veramente dato il mio nome. Insomma, non pensavo dicessi davvero" Sorridiamo entrambi. Sento che si sta leggermente scongelando il freddo fra noi, così innaturale e poco consono al nostro solito rapporto.
Solito, per così dire, visto che saranno dieci anni che non ci vediamo.
"Già. Ho dovuto minacciare Lewis di divorzio per farlo, ma alla fine ha accettato. Non sa proprio dirmi di no" Mi mordo la lingua, passando rapidamente lo sguardo tra lui e le mie mani inanellate.
"Ora devo scappare, sai devo andare in McLaren" Ci alziamo di scatto, contemporaneamente, bloccandoci nell'istante dei saluti.
"Non far passare altri dieci anni prima di vedermi di nuovo Lando" Mi limito a dire, sorridendogli cordialmente e voltandogli le spalle.

LANDO

"Non lo farò" Dico quando ormai è troppo lontana per sentirmi.
Se n'è andata, di nuovo, lasciandomi solo ed imbambolato, di nuovo.

"Lando, amore, tutto ok?" Pochi secondi dopo l'uscita di Isabella, da quella stessa porta entra Taylor, mia moglie.

Ci siamo conosciuti a Montecarlo anni fa. Era una grande amica di Daniel, anche se giurerei fra i due ci fosse ben altro, ma nessuno me l'ha mai confermato.
Fatto sta che ho completamente perso la testa per lei, decidendo in fretta che sarebbe stata la donna che avrebbe passato con me il resto della vita.
Ci abbiamo messo poco ad avere una figlia, dopo un aborto spontaneo ci ha impedito di averne altri, ma non rimpiangiamo nulla.
È una persona solare, allegra e positiva.
È generosa, educata ed espansiva come tutti gli Australiani.

"Certo, certo. Ero sovrappensiero.
Che ne dici, andiamo al box?" Mi avvicino per lasciarle un bacio sulle labbra, per poi prenderle la mano e avviarci all'uscita.

La gara è parecchio movimentata, soprattutto a causa dell'incessante pioggia che scroscia sul circuito per l'intera durata del gran premio, facendo sì che ci siano numerosi incidenti, fortunatamente nessuno dei quali troppo pericolosi.
A vincere la gara è il pupillino di casa Ferrari, un italiano niente male che contende il titolo ad Hamilton da un po'.
Dietro di lui Aaron, che ottiene un ottimo secondo posto viste le condizioni di gara.
Posso solo immaginare quanto sia sollevata Isabella nel vederlo scendere dall'auto sulle sue gambe, esultare e correre ad abbracciarla.
Certo, prima abbraccia mia figlia, il che in qualche modo suppongo naturale, mi dà fastidio.

A proposito di Vic, sarebbe il caso che andassi a cercarla prima di perderla nella grande confusione post podio.
Esco a passi rapidi dal box McLaren, non particolarmente fortunato quest'oggi con un ritiro e un dodicesimo posto, andando diretto verso quello Williams.

Mi giro intorno per qualche minuto, ormai quasi rassegnato al fatto che non sarà così facile trovarla, quando sento un singhiozzo provenire da una stanza del box.
Vorrei ignorarlo, in fondo sono qui per cercare Victoria, ma non riesco proprio ad andarmene senza prima sincerarmi di chiunque stia piangendo lì dentro.
Busso un paio di volte, non ricevendo alcuna risposta.
"Tutto bene?" Domando, ma anche questa volta nessun segnale.
Sospiro facendo spallucce ed allontanandomi, quando di colpo la porta si apre e sento una voce flebile chiamarmi.

"Papà" Mormora, facendomi sbiancare, prima, e girare immediatamente.
"Victoria?! Che cos'hai? Perchè diamine stai piangendo? Stai bene?"
Il cuore potrebbe esplodermi in petto a momenti e la sola comparsa di mia moglie alle sue spalle riesce a rilassarmi, o quantomeno a rallentare il ritmo cardiaco eccessivamente elevato.
"Lando con tutte quelle domande la stordisci" Afferma lei, abbracciando dolcemente la nostra bambina e guardandomi seria.

Sono suo padre! Potrò mai non preoccuparmi?

"E allora ditemi cosa succede!" Urlo, sorprendendo perfino me stesso per la fermezza con cui mi escono queste parole.
Le due sussultano, guardandosi complici e annuendo l'una all'altra.
"Credo sia meglio tu venga qui dentro e ti sieda" Dice Taylor, facendomi nuovamente salire l'ansia alle stelle.
Senza dire nulla entro nella stanzetta e mi metto sul lettino per massaggi che vi si trova.

Prendo un profondo respiro e aspetto che parlino.

Wonderwall - Lando Norris Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora