CAPITOLO VII

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Era appena passato il weekend. La settimana stava iniziando, e si respirava un'aria fredda e leggera. Quel tipo di aria che portava ventata di notizie. C'era qualcosa di diverso in quella giornata. Alexandra se lo sentiva sin dal momento in cui aveva messo piede in libreria. Infatti, di lì a poco accadde.

Entrò dalla porta principale, la accompagnò dando le spalle a Mrs Parkin e Alexandra. Si girò, si tolse il cappello e facendo un cenno disse <<Buon pomeriggio, sono Alan Patterson>>. Era ben vestito e sembrava un tipo tranquillo, anche se un po' troppo impomatato. <<Sono...>> fece una pausa e si corresse <<Ero il maggiordomo di Mr Brown. Sono qui per consegnarle questa lettera, ed il mio biglietto da visita. Per qualunque cosa, non esitate a chiamarmi. Con permesso ho delle commissioni da svolgere. Buona giornata>>, fece un sorriso, rimise il cappello e se ne andò. Erano interdette. Che cosa era appena successo? La cosa accadde così velocemente, che si domandarono se fosse accaduto realmente.

La lettera aveva la stessa finitura del biglietto mandato coi fiori per Mrs Parkin. Non c'era scritto nulla esternamente. Dopo qualche minuto di indugio aprirono la busta. "Se state leggendo questa lettera vuol dire che la mia prematura dipartita è arrivata. Una triste notizia, che però chissà, potrebbe portare qualcosa di buono. Scoprirete di più questa sera al Monticelli Palace, ore venti. A presto, anche se non so quando". Sbigottite una seconda volta.

In quel periodo le giornate cominciavano ad accorciarsi, e quando fu da poco passato il tramonto le due donne si ritrovarono davanti alla libreria. Nella penombra di una città non ancora illuminata, chiamarono un taxi, così che le portasse alla meta designata. Scese dall'auto si scambiarono degli sguardi di approvazione, dato che avevano concordato cosa mettere, per evitare di indossare cose simili. Alexandra indossava un completo marrone in cotone, con sotto la giacca un gilet con un disegno un po' ghiribizzo, ed una camicia bianca. Invece Mrs Parkin indossava giacca e gonna nera. La sua espressione non era esattamente quieta.

Alexandra provò un grande stupore vedendo l'esterno dell'hotel, dodici piani un po' troppo illuminati. In ogni balcone delle piantine, tranne l'attico, che aveva una balconata visibilmente più grande e illuminata da una luce, come di un focolare. La struttura esterna richiamava l'architettura greca, ma non troppo marcata. Superata la porta girevole a vetri con finiture color oro, si poteva quasi rimanere abbaiati dal chiarore del marmo bianco segnato da venature dorate e nere. Mobili in legno scuro delineavano il carattere possente del posto. Non c'era bisogno di specchi, era tutto tirato perfettamente a lucido, potevi specchiarti anche guardando tra i piedi. Bisognava addirittura, fare attenzione a non scivolare, di quanto era liscio il pavimento.

Dopo aver ammirato l'ingresso e il salottino subito sulla destra, con le poltroncine in pelle scura, che ispiravano una gran comodità, e i vasi con fiori poggiati su ogni mobile, finalmente individuarono la reception, che era sulla sinistra, esattamente dirimpetto ad un'ala, che grazie ad un cartello sull'entrata veniva riconosciuta come ristorante. Alexandra pensò "Meno male che ho messo i tacchi, sembra tutto così grande qui". Effettivamente il soffitto era spropositatamente alto, e il lampadario centrale sembrava grande quanto una macchina. Mrs Parkin distolse l'attenzione di Alexandra dall'edificio domandando alla donna dietro al bancone dove si sarebbero dovute dirigere, mostrandole la lettera d'invito, dato lo sguardo di scherno nei loro confronti. La più giovane delle due notò che l'altra non si guardava affatto intorno, come se conoscesse già il posto. La signorina gli disse di andare all'ultimo piano, gli indicò di salire le scale e di prendere l'ascensore. Detto ciò distolse lo sguardo e ritornò a controllare lo schermo davanti a lei. Mrs Parkin e Alexandra si scambiarono uno sguardo ed andarono dritte verso le scale, anch'esse in marmo e coperte da panno rosso, contornate da una ringhiera in bronzo. Salirono le scale e subito furono raggiunte da un facchino, chiamò l'ascensore e salì con loro. In brevissimo tempo arrivarono al dodicesimo piano. Le porte si aprirono, davano direttamente lungo un corridoio nel quale c'era steso un lunghissimo tappeto persiano, ed un tavolino con sopra uno specchio incorniciato. Uscirono dal cubicolo, incerte se andare avanti, si girarono, ed il ragazzo che le aveva accompagnate fin lì gli fece cenno di proseguire, come per dire che nel qual caso fosse successo qualcosa, qualcuno sarebbe intervenuto in loro aiuto. Appena si chiusero le porte, ci fu un tinnio come all'arrivo, ma che fece sobbalzare Alexandra, che era leggermente in tensione. Dopo lo stridulo suono, ecco che apparve il maggiordomo Alan Patterson. <<Ben arrivate, vi stavamo aspettando. Ora siamo al completo>>, disse guidandole lungo il corridoio, che sembrava infinito. Per quanto strano quelle rose bronzee su fondo verde acqua, impresse sulle pareti, la tranquillizzavano o forse era l'odore di fiori nei vasi e legna che bruciava che inebriavano l'aria. Finito il corridoio attraversarono un salotto ben arredato, che era almeno due volte quello di Alexandra, ma lei non ci badò molto. <<Spero non ci siano stati problemi per venire>> esclamò Patterson e continuò presentandole, << Signori e signora, vi presento Mrs Parkin e Miss Crane. Invitate direttamente dal mio compianto principale, che riposi in pace>>. Seguì il silenzio. Erano sulla soglia che dava su una grande balconata.

ALEXANDRA CRANE E IL MISTERO DEL MONTICELLI PALACEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora