11 - L'uccello giardiniere

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Ero ancora disgustato dall'odore della videocamera, nemmeno la doccia me lo aveva tolto di addosso. Perfino Olga aveva sentito l'afrore che mi trascinavo dietro, e a un certo punto mi mandò via dalla cucina. Trovandomi senza nulla da fare durante le ultime ore prima di cena, decisi di riparare la seconda bicicletta, visto che l'altra l'aveva presa Sverre. Mi piaceva che avesse preso la mia e scartato quella di papà, anche se più nuova, e che il suo corpo fosse entrato in contatto con qualcosa di mio. Non m'importava che non avesse chiesto il permesso di usarla, volevo credere che avesse inteso di poter prendere tutto ciò che mi apparteneva, qualunque cosa mia era sua, me compreso, se mi avesse desiderato.

La bici gli era servita per incontrarsi con Ludovico e Anna giù in piazza, dove passa la corriera per Lignano Sabbiadoro.

Chissà come avevano trascorso la giornata, mi domandavo mentre rodavo la bici, pedalando sui tornanti della collina, anche se ormai imbruniva e la visuale era scarsa. Tutto intorno stava diventando ombroso come me. Scesi e risalii la china un paio di volte nella speranza di andargli in contro, ma non lo incontrai. Provai una terza volta, e ancora non successe nulla, tranne aver realizzato di essere stato tagliato fuori dal gruppo. Allora sì che iniziai a sentirmi solo, emarginato, dimenticato, escluso e relegato in un cantuccio. La cosa più spaventosa era che iniziavo a credere di meritarlo. Bene mi stava, non dovevano essere sempre gli altri a cercarmi, li avevo stancati. Se davvero volevo cambiare per farmi apprezzare da Sverre, in quale modo potevo operare il cambiamento? Mi domandavo in continuazione. Anche dopo che lo vidi rincasare in orario di cena. Mentre lo vedevo salire nella sua stanza per fare la doccia e, dopo sceso dialogare con mamma e papà. Sentirgli raccontare le cose divertenti che aveva fatto al mare, la deviazione al ritorno verso un altro borgo vicino, perché attratto da un bosco in quei dintorni, mi provocava malinconia.

Volevo dirgli: ho messo a posto la videocamera, che nonostante fosse puzzolente non mi ero tirato indietro. Volevo mostrargli il mio eroismo e, già che c'ero, sapere anche perché puzzava quella cosa. Ma, durante la cena, non mi uscì fuori mezza parola. Jennifer e Atticus erano andati via già dopo la lezione di ginnastica di quella mattina. Altrimenti ero certo che con uno dei due avrei rotto il silenzio e mi sarei fatto notare in qualche modo. Ma come gli alberi fuori, sotto il cielo senza luna, ero invisibile. Anche il mio mutismo, che urlava a squarciagola, passava inascoltato quando c'era lui. Forse era il mio destino, di Sverre non avrei ottenuto che fugaci scambi di cordialità, e un confuso insieme di atti che avevano valore solo per me. Dovevo imparare ad accontentarmi di quel poco, e attendere che fosse lui a coinvolgermi, in qualunque cosa gli saltasse in mente. Come ad esempio dopocena, quando propose a tutti, persino a Olga, di assistere alle sue videoriprese, avendo notato che la videocamera dai dubbi profumi era montata e mi volle vicino.

Papà e mamma erano felicissimi, perché almeno per una sera non dovevano fare zapping TV per trovare qualcosa di decente che conciliasse il sonno, cosa un po' difficile con quell'afrore che Sverre solo in quel momento aveva notato, e che gli fece mitragliare i suoi «No!-No!-No!-No!» e poi, in perfetto buffo veneziano, scusarsi senza rivolgersi a nessuno in particolare, prima di svelare che girava filmati sugli animali. L'odore sconveniente serviva per camuffare la presenza della videocamera. Spiegò che, siccome gli animali hanno un olfatto sviluppato, fuggono via se sentono un odore diverso da quelli presenti in natura. Mi sentii sollevato quando assicurò che l'odore non era dovuto allo sterco, ma a uno spray speciale del tutto innocuo.

«Il mio staff si è dimenticato di ripulire l'attrezzatura,» fece spallucce, e finalmente arrivò la grazia del sorriso di dispiacere, ma che smorzò con una mezza risata accompagnata da una sonora pacca sulla mia spalla. Che male cazzo!

Aveva uno staff che lavorava per lui! Quindi il suo era un lavoro di tutto rispetto. Quanto avrei voluto vederlo dirigere un gruppo, anzi, essere parte del suo staff, sarei stato il suo braccio destro, l'elemento del quale non avrebbe potuto fare a meno.

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