Cosa poteva fermare il tempo ormai giunto allo scadere? Nulla. Lo si poteva solo riempire di ricordi, un lungo "filo di Arianna" che poteva forse assicurarci la salvezza nel labirinto della solitudine interiore che ci attendeva dietro l'angolo, come fosse un cecchino invisibile, quando tutto sarebbe passato.
La ginnastica, la corsa e la passeggiata in fondo alla piscina. L'esasperazione di mamma perché quella cosa proprio non le piaceva. Le battute english di papà. Il cibo che preparavo e che soddisfaceva anche Sverre, e il salutare lui che andava svolgere il suo lavoro allo zoo. Alt! Nell'insieme di questi ricordi si aggiunse una novità: Sverre trascorse gli ultimi giorni a casa, e si arruolò spontaneamente allo svolgimento delle mie faccende. Era stato il suo modo per recuperare quel pochissimo che era rimasto da recuperare tra noi. Per noi.
Mamma sbatteva le mani al cielo, dondolando la testa riccia bionda fresca di parrucchiere, accusandomi di aver rovinato l'australiano. Insomma, lui che era il paracadutista, il dottore degli animali, l'etologo, uno studioso, sotto di me era finito a zappare la terra attorno a Pitagora! Ma Sverre non si era tirato indietro in nulla, aveva insistito lui a voler fare quelle cose. Però sotto c'era un perché sommerso: risaliva a quell'unica volta che mi aveva invitato a trascorrere la giornata allo zoo. Dove mi ritrovai a spalare il letame delle scimmiette, delle giraffe, a grattare il guano degli uccelli. Solo alla fine era venuto a dirmi che non era necessario fare quel servizio perché c'era gente pagata appositamente. E allora perché non me l'aveva detto subito? Perché lo stronzo si era divertito un sacco a vedermi fare buon viso a gioco puzzolente. Quella avrebbe dovuto essere una mia personale giornata di vacanza per distaccarmi da me e soprattutto dai miei pensieri distorti. Tutti tormenti che lui aveva intuito stavo soffrendo. Quindi, ora aveva deciso di ricambiare, di "autoflagellarsi" per il mio equo tornaconto. Ma potevo accettare che lo facesse? No. Ma lui non volle sentire ragioni.
Era divertente. Era il classico tipo carismatico, il trascina gruppo. L'elemento che rende piacevole la giornata. Non avevamo avuto modo di ritagliarci un po' d'intimità durante le mattinate. Tobia, mamma e papà, incuriositi dalla novità di vedere Sverre alle prese con il frutteto, si erano dati il turno per portare ora la buona acqua fresca del nostro pozzo, ora l'orzata, o il latte di mandorla o la bibita naturale alla menta; persino Olga non risparmiò scarpinate. Sverre aveva conquistato proprio tutti. Era quanto di meglio poteva piovermi dal cielo, letteralmente. Non importava se rivolgeva attenzione a papà che con le sue battute alimentava il suo lato ironico, o a mamma che era preoccupata affinché non si facesse male, "sia mai non tornasse sano in Australia" diceva. E come non notare la rinverdita civetteria di Olga, o i significativi sguardi nostalgici di Tobia, che solo il cuore suo sapeva cosa rivedeva in Sverre che lavorava i campi.
Poteva stare con tutti, ma alla fine, durante i residui pomeriggi, era nel nostro nascondiglio segreto che ci univamo in ogni senso fisico e spirituale. Sotto l'albero di cerro, accanto al mesto gorgheggio del laghetto, in mezzo agli odorosi cespugli selvatici, avvolti dall'aroma di arbusti riarsi e dall'invitante bontà delle fragoline che mangiavamo sul posto. Era lì che tacitamente volevamo rimanere per sempre. Anche se quel per sempre sapevamo fosse labile e sfuggente come il vento freddo dell'est, che ci aveva sorpreso la prima volta come un castigo per essere stati felici e insieme appena solo un po'.
Eravamo ancora lì, avevamo esaurito le parole. Ma forse cercavamo quelle giuste affinché il tempo residuo non andasse sprecato come la tela bianca di un pittore indeciso sul tema da ritrarre, che alla fine finisce solo con l'osservarla e basta. Indecisi così pure noi, finimmo col restare in silenzio. Stesi nudi a osservare il laghetto, lui dietro me a offrirmi il petto come appoggio alla mia schiena, e le sue braccia a coccolarmi ovunque. Ognuno rincorreva la malinconia dell'altro con l'intenzione reciproca e caritatevole di mitigarla. Quel silenzio tra noi era l'ultima ombra nel deserto assolato e desolato della realtà che ci stava braccando.
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Raccontami di me
RomanceQuesto è Il ricordo di una estate, perso negli anni novanta, che non svanirà mai nella memoria di Tino e Sverre. Una storia di pochi giorni, consumata tra le colline del Friuli Venezia Giulia, dove il figlio diciassettenne di una orafa e di uno psic...