14 - Chi ti trovo allo zoo!

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«Accendimi una sigaretta!» Mi disse per togliermi dall'imbarazzo del silenzio rotto solo dal motore della jeep che papà gli aveva prestato. Il suo modo di fare, ormai iniziavo a capirlo. Comunicava con i gesti più di quanto facessi io. Me lo aveva dimostrato la mattina dopo avergli rubato quel bacio. Il cui ricordo mi eccita ancora oggi.

Ero nel letto, già sveglio prima dell'alba, a meditare sull'intenzione di non farmi vedere da lui. Non aveva funzionato. Tutto intorno, il soffitto, i mobili affollati di progetti e modellini, le sedie il tavolo ingombri di ogni cosa, tutto mi era sembrato irreale; come se mi fossi ritrovato a star là per uno strano scherzo del destino. Abbassavo e sollevavo le palpebre quasi convinto che tutto sarebbe potuto sparire, io compreso. Mi sentivo un essere informe, anzi no, una massa molecolare in cerca di uno stato fisico, e quando lo udii dire: «Esci pelandrone!» mi sentii liquefare come fossi acqua. Lo stato fisico nel quale stavo identificando il mio io interiore. Scoprii averne uno, ma non mi rese felice.

Quell'accento veneziano, che suscitava a tutti allegria, a me aveva incusso paura. Paura che mi chiedesse la ragione di quel dannato bacio, perché ero convinto che non era vero il suo dormire con la luce accesa. L'aveva fatto a posta, ne ero convinto. Ero convinto di trovarmi di fronte la peggiore espressione offesa che potesse esprimere. E accidenti, non mi ero sbagliato. Il volto severo che mi aveva mostrato di prima mattina era d'acciaio temprato, di gran lunga superiore all'atteso rimprovero.

"Dimmi ciò che merito e poi vai via," avevo intenzione di dirgli proprio così. Se mi stava obbligando ad affrontare a forza la mia paura, bene! Tanto prima o poi tutti arriviamo a farci i conti in un modo o nell'altro con le nostre paure; non gli sarei corso incontro, ma nemmeno fuggito via. Se voleva la verità, la fottuta verità che mi aveva fottuto la dignità, bé, l'avrebbe ottenuta. D'altronde era vero che accontentavo tutti. Con lui, meno che con altri, avrei ammesso eccezioni.

«Veloce! Andiamo a correre e poi andiamo allo zoo!» Non aveva infuso nessun significato in quell'ordine. Sembrava entusiasta come chiunque si trovi in coda alla fila della posta in piena ressa. "Se sono un peso per te, lasciami," avrei voluto dirgli anche questo. Peccato che il pensiero di essere lasciato mi aveva spaventato più dell'ira nei miei riguardi. E a proposito, cosa andavo a pensare? Non poteva lasciarmi, perché non mi aveva mai preso.

Tuttavia avevo fatto di tutto pur di non alimentare la sua irritazione. Avevo corso a debita distanza accettando il suo silenzio. Avevo lasciato che il frinire delle cicale e il canto degli uccelli mi martellassero la testa. Ma, spiacente per lui, l'abitudine di bearmi delle sue gambe, della torsione del busto e del profilo del suo culo, per non parlare del resto davanti, protetto stavolta da uno short giallo con i bordi verdi, non me la tolsi.

Anche la passeggiata in fondo alla piscina aveva acquisito un incolore gusto amaro. Non diede nemmeno peso ai miei che, durante la colazione sul terrazzo giardino, avevano rievocato la mia entrata in scena sul palco dei danzatori la serata precedente. Mamma sosteneva l'idea che, volendo, potevo prendere delle serie lezioni di ballo, se quella fosse stata la mia inclinazione definitiva per la vita. Le piaceva l'idea di avere un artista in casa. Era convinta che avrei potuto gestire perfettamente anche i suoi esercizi commerciali senza problemi. Papà annuiva alle sue congetture come si fa con i bambini eccitati per la novità del momento. Sverre non aveva commentato, piuttosto aveva annunciato che mi avrebbe portato allo zoo. Stavolta estese l'invito a tutti. Ma mamma e papà declinarono. Ammisero di amare gli animali, ma ne avevano paura. Infatti non avevamo mai avuto nemmeno un animale domestico, e gli unici nei dintorni erano di proprietà dei braccianti dipendenti.

Apprese la notizia bevendo il succo di pesca. Lo guardai di sfuggita. Con la lingua stava racimolando le goccioline di nettare rimaste sul bordo delle labbra. Fu un gesto rapido, per me anche sensuale. Mi eccitai. Mi intercettò e aggrottò la fronte. Aveva capito che mi ero eccitato e accentuò lo sguardo aggressivo.

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