L'Energia, Nomi e Nubi

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Il Natale si avvicinava sempre di più.
Hugo aveva passato parecchio tempo con Jane e, qualche rara volta, riusciva anche a farla uscire.
Rose stava già studiando per i suoi esami, e spesso usciva la mattina con Albus e Scorpius per allenarsi e tornava la sera.
Hermione aveva iniziato anche lei a tornare a casa più tardi, e Ron faceva qualche straordinario al negozio.
In sostanza, Hugo e Jane rimanevano spesso soli a casa.
Il ragazzo non sapeva nemmeno se sarebbero andati alla Tana quell'anno. Probabilmente, festeggiare il Natale con Jane che aveva appena perso la madre non era proprio un ottima idea.
Hugo non si sarebbe dispiaciuto se davvero non ci fossero andati.
Preferiva di gran lunga stare accanto a Jane. Avevano - credeva il ragazzo - appianato le divergenza, o almeno avevano fatto una pausa in modo che Jane potesse essere consolata.
Ora, Hugo era in cucina.
Era nervoso, e ciò significava solo una cosa: mangiare.
Per questo prese dal frigo un oacchettò di patatine, e l'aprii senza dire niente a nessuno.
Consolarsi con il cibo poteva sembrare patetico - e lo era - ma Hugo non se ne curava più di tanto.
Suo padre gli aveva sempre detto:"se a te piace, fregatene"
Hugo aveva preso alla lettera l'unica perla di saggezza che era uscita dalle labbra di Ronald Wealsey.
Quando finii il pacchetto uscii e lo buttò nella spazzatura fuori casa.
Alzò lo sguardo verso il cielo: una leggera coltre di neve stava iniziando a scendere, e presto avrebbe imbiancato tutto.
Sorrise.
Rientrò in casa mentre la vaga idea che aveva avuto si formava con più chiarezza bel suo cervello.
Si chiese solo se Jane gli e l'avrebbe lasciato fare.
Scosse la testa e corse di sopra per prendere il giacchetto e il berretto.
Uscii nel corridoio: come sempre, la camera di Rose era chiusa, e uno strano senso di inquietudine la avvolgeva, come a avvertire di non avvicinarsi, a indicare di stare lontano.
Hugo ignorò quelle sensazioni e entrò senza troppe cerimonie.
"Ma prego" fece ironica Jane. Era sdraiata sul letto di Rose, supino, con braccia e gambe aperte.
Hugo la ignorò e gettò su di lei i giacchetto.
"Vestiti" le disse, mentre lui si preparava.
"A che serve?" Chiese Jane un po' apatica, mentre si metteva a sedere.
Fissò i vestiti per un attimo, poi si strinse nelle spalle e li infilò.
"Andiamo fuori"
"No"
Il tono di decisione che Jane aveva usato fece scattare la testa di Hugo verso di lei. La ragazza aveva l'espressione priva di emozione, ma i suoi occhi esprimevano troppa decisione, sotto le soppracciglia lievemente aggrottate, per ignorarli.
"Perché?" Chiese Hugo "c'è la neve, usciamo"
Jane tornò sdraiata.
"Non ne ho voglia"
"Ma io sì"
"Non mi interessa" lei alzò la testa per guardarlo brevemente, poi tornò a fissare il soffitto.
Hugo sospirò e si mise affianco a lei.
Jane si accigliò.
"Che farai?"
"Iniziarò una cantilena fin quando non dirai di sì" il castano fece un mezzo sorriso.
Jane, pure non volendo, si lanciò condizionare, e le sie labbra si curvarono un po' all'in sù.
Il rapporto fra lei e Hugo era cambiato di nuovo: adesso sembravano incredibilmente intimi.
Lui aveva usato tutta l'ironia e la voglia di scherzare - mischiata ala solarità - che aveva ereditato dal padre, mentre lei aveva un po' perso il carattere perfettino che aveva preso dalla madre.
Spesso la ragazza si chiedeva se lui si sentisse in colpa.
Dopo un'altra battuta di Hugo, la ragazza si lasciò convincere e si preparò.
Hugo uscii dalla stanza, per lasciarle la dovuta privacy.
Quando anche la ragazza lo raggiunse, bordata di sciarpa, guanti e cappello di lana, Hugo trattenne una risata, che però alla ragazza non sfiggí.
"Sono così ridicola?" Chiese con una voce vicina al ferito.
"no..."
"Hugo"fece lei decisa
"Un po' si"
"Torno dentro"
"No" lui la afferrò per un braccio "non sei affatto ridicola, stai benissimo e ora usciamo" disse guardandola negli occhi.
Jane sentii del calore arrossarle le guancie, e non era per la finestra aperta.
Quando uscirono di casa, il vento freddo dell'inverno sbatté violentemente su di loro - o meglio, si quei pochi centimetri di carne che non erano coperti. Era già diventato più freddo, e presto sarebbero dovuti tornare, o si sarebbero ritrovati sotto una bufera di neve. Diverse nuvole oscuravano il cielo, e Hugo si chiese se andassero di pari passo con l'umore della ragazza accanto a lui.
Jane incorciò le braccia, e il freddo atmosferico era niente in confronto a quello dei suoi occhi.
Hugo le lanciò una veloce occhiata e, vedendo che stava per dire di tornare a casa, fece la prima cosa che gli venne in mente per farla sorridere:
Si buttò a terra, fra la neve gelata, e la fissò con un sorriso.
Jane inarcò un soppracciglio.
"Sei impazzito e non me ne sono accorta?" Chiese.
"Spiritosa" Hugo roteò gli occhi. Si sdraiò del tutto. "Non vuoi venire?"
"E bagnarmi?" Chiese lei "non ci tengo grazie"
Hugo trattenne un sospiro.
"Non fa così freddo" disse.
"Non mi interessa, io torno a casa"
Jane si voltò, ma quando qualcosa di freddo le colpii la nuca si girò lentamente, gli occhi assottigliati.
"Perché mi guardi così?" Domandò innocente Hugo.
Jane sbuffò.
La ragazza era sul punto di girarsi di nuovo, ma vide che Hugo stava facendo l'angelo nella neve.
Il suo sguardo si addolcii un po', e si avvicinò leggermente curiosa.
Hugo vide la faccia di Jane parare il cielo nuvoloso. Sorrise.
"Interessante, non trovi?"
"Per niente" replicò lei, ma sorrideva.
Lui sbuffò divertito e spostò ancora una volta lo sguardo sul cielo.
Anche Jane alzò il viso.
"Cosa credi che ci sia dopo?" Chiese d'un tratto lei, la voce trasognata.
"Dopo cosa?" Chiese lui corrugando le sopracciglia.
Jane si sedette, lo sguardo perso nel cielo.
"La morte"
Passarono diversi attimi di silenzio, lei seduta composta sulla neve, e lui tirato su sui gomiti, entrambi a osservare il cielo.
"Bhe" borbottò infine Hugo, a disagio "non ci tengo a saperlo molto presto"
Un vago sorriso, non di felicità, incurvò le labbra di Jane.
"Già"
"Però credi nel paradiso?" Insisté lei dopo qualche attimo.
"Si" disse deciso Hugo, ma Jane non parve troppo sorpresa.
"Io no" disse lei.
Hugo la fissò a occhi sgranati.
"Ma, insomma devi pur..."
"Ovviamente ci sarà qualcosa" riprese la ragazza, togliendo dai carboni ardenti quello che definiva ormai suo amico. "Ma non credo in Dio, a tutte quelle cose."
"Davvero?" Il ragazzo si tirò su a sedere, e per la prima volta Jane lo guardò, la saggezza negli occhi.
"Sono stati giù uomini a creare Dio, non il contrario"
"Ma" lui contrasse il viso "perché..."
"Perché quello che non sappiamo ci fa paura" disse lei.
Riportarono entrambi lo sguardo al cielo, i nuvoloni che si addensavano.
"Credere é una scommessa" disse lui dopo un po'.
"Blaise Pascal?" Jane gli lanciò un altra occhiata, e un lieve sorriso di scuse si formò sul volto del ragazzo.
"Non vorrai farmi credere che lo leggi"
"Solo perché non sbandiero ai quattro venti le mie letture, non vuol dire che non le faccia."
Jane sbuffò una risata: aveva davvero sottovalutato il ragazzo.
"Però pensaci" continuò il ragazzo "le persone che non credono, se Dio esiste, si prenderebbero una bella fregatura. E poi, non possiamo essere usciti dal nulla, giusto? Dobbiamo pur avere un origine, un posto dove andare quando cessiamo di vivere"
"Non ho detto che non ci sia niente" disse Jane, il tono con una sfumatura di sorpreso "ho detto che non credo in quello che dice l'uomo."
Lui fece una faccia confusa.
"Siamo energia" spiegò lei e lo guardò negli occhi "é l'energia, in natura, non cessa di esistere da un momento all'altro, né nasce all'improvviso.
Si trasforma"
"Ma allora perché non credi in Dio?"
"Perché tu ci credi tanto, invece?"
"Perché non dovrei?" Ribatté Hugo.
Jane gli rivolse un occhiata scocciata; sbuffò.
"Siamo maghi, Hugo. Quelli come noi venivano bruciati al rogo. Ci si teneva lontano dall'anomalo, da ciò che non si capisce.
Magia e religione non vanno d'accordo insieme"
Si fissarono un secondo, poi Hugo portò lo sguardo al cielo.
"Il mio nome completo é Hugo Arthur." Disse "mio nonno materno - Hugo - é morto qualche mese prima della mia nascita, mentre Arthur" fece una pausa, notando che le nubi si spostavano "é il nome di mio fratello"
Jane fece una faccia sorpresa.
"Non sapevo che.."
"É morto poco dopo la nascita"
"Oh"
Jane rimase a guardare il ragazzo che aveva ancora gli occhi incollati al cielo.
"Te lo avevo detto" esclamò lei a un tratto.
"Lo so" Hugo annuii, un mezzo sorriso sul volto, "i nomi hanno un significato"
"Precisamente" gli occhi di lei brillarono, fieri.
"Tua madre si chiamava Mery" mormorò Hugo dopo qualche attimo di silenzio, cauto:ogni volta che parlava della madre il viso di Jane si rabbuiava."che cosa significava?"
Con sorpresa del ragazzo, Jane alzò gli occhi al cielo e sorrise, senza rispondere alla domanda.
Per un attimo, a Hugo sembrò spensierata.
"Bello" disse semplicente lei.
Le nubi si erano spostate, e un raggio di sole illuminò il suo volto.

Hugo Weasley:sempre in contrasto (Harry Potter New Generation) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora