25 ✘ 𝐓𝐇𝐀𝐍𝐊 𝐘𝐎𝐔 𝟒 𝐍𝐎𝐓𝐇𝐈𝐍𝐆

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「 𝐂𝐚𝐫𝐭𝐞𝐫 」

Quando riaccompagno Luke a casa e mi ritrovo a scavalcare il cancello di quella di Audrey, quasi finisco ad infilzarmi il fegato sulle inferriate. Un lembo della maglia rimane incastrato e sono costretto a tirare, facendola strappare, ma nonostante fosse la mia preferita mi intimo di procedere e arrampicarmi sul tronco dell'albero sotto la finestra della sua stanza; quando la raggiungo faccio scorrere la finestra verso l'alto ed entro a tentoni, cercando di trovare l'interruttore della luce.
Ma Audrey è più veloce e dopo un click la lampada sul comodino illumina le pareti all'improvviso. «Dio, mi hai spaventato» poggio una mano sul battito accelerato del mio cuore. La mia ragazza mi guarda, con un'espressione tanto scettica quanto arrabbiata. «Stai scherzando?! Entri in camera mia di nascosto e poi sono io che ti spavento?» Sistema una ciocca dei capelli scompigliati, spostandola dietro l'orecchio. Vedo il volto di Calum fare capolino oltre la sua spalla. Apre gli occhi a fatica, assottiglia lo sguardo e sbadiglia. «Che succede?»

«Succede che lo stronzo si è infiltrato in casa mia, ecco che succede». Sembra arrabbiata. Molto arrabbiata. Tremendamente trepitante di girarmi il collo con un colpo secco.
Alzo le mani in alto. «Colpevole. Credo che non ne sei felice, ma lasciami il tempo per spiegare». Spero che me lo diano sul serio, il tempo, ma Calum serra la mascella e «Te ne sei andato. Non c'è niente da spiegare, semmai c'è da prenderti a pugni».
Agito l'indice destro nella sua direzione. «E hai ragione, hai perfettamente ragione, e dopo potrete prendermi a pugni quanto volete. Ma lasciatemi aggiustare le cose».

«Non c'è niente da aggiustare, perché non c'è niente di rotto. Ti sei comportato da stronzo, la colpa è tua. Sei tu quello che va riparato.» Audrey non l'ha presa bene. Per niente.
Passo le mani tra i capelli mentre trattengo uno sbuffo. «Lo so, Aud, mi dispiace. Non ho neanche ragionato, ero incazzato e ubriaco e lo sapete che io non ragiono mai quando sono incazzato e ubriaco.»

«Tu non ragioni neanche da sobrio» Calum sbadiglia.
«Grazie mille, sei proprio un amico». Lui, per tutta risposta, sistema un braccio sotto il cuscino e tenta di rimettersi a dormire. Torno con lo sguardo puntato sugli occhi di Audrey, anche se fatico a mantenere il contatto e dopo pochi secondi mi ritrovo a non osservare più le sue iridi, ma il suo naso. «Ho commesso un errore. Ne ho commessi così tanti nella mia vita, ma questa è una tra le cazzate più grandi che ho mai fatto. E, fidati, ne ho fatte tantissime di cazzate. Non mi aspetto che tu dica che è acqua passata, perché ti conosco e "Audrey archivia, non dimentica". Ma avevo paura di poter diventare per questo bambino ciò che Andrew è stato per me; la causa di tutte le cazzate che ho commesso in diciassette anni di vita. Non credevo di essere portato per fare il genitore, e l'idea di lasciare andare tutte quelle cose e le cattive abitudini che ho per cambiare pannolini non mi prendeva chissà quanto. Per questo sono scappato. Perché sono un codardo, e ho sempre preferito scappare dai problemi piuttosto che affrontarli, Luke aveva ragione. N-non che questo bambino sia un problema- non lo è. Ho capito che potrà diventare l'occasione giusta per rimettermi in sesto. Tornare in carreggiata, cose del genere. Quindi sono tornato qui per mandare a fare in culo i legami karmici e chiedervi scusa, a tutti e tre, per essermi comportato da Andrew cercando di non diventare Andrew. E volevo dirvi che vi amo e che mi dispiace, che mi siete mancati e che ho davvero bisogno che non mi urliate in faccia perché sta sera sono di cartapesta e ho bisogno di quanto più amore possibile dai miei ragazzi» faccio gli occhioni dolci e increspo le labbra per scaturire in loro qualche senso di pena o carità nei miei confronti.

Calum alza la testa dal cuscino e guarda Audrey con il mio stesso sguardo. Lei, invece, rimane con i denti stretti per un'altra manciata di secondi, a guardarmi con gli occhi nocciola che non sembrano più così scuri. Poi sospira, scosta le coperte e sorride. «Vieni qui, avanti». E allora saltello fino al letto, tolgo le scarpe e mi butto a capofitto nello spazio libero tra loro due. Faccio passare le braccia dietro le loro spalle e li bacio uno alla volta. «Vi sono mancato?»
«No» ride Audrey. Fa scorrere il polpastrello dell'indice lungo il profilo del mio volto, e poi si avvicina per premere il sorriso sulla mia guancia prima di lasciarci un bacio. «Sapevo saresti tornato».
Inarco le sopracciglia. «Ah, lo sapevi?»
Lei annuisce, fiera di sè «Sei testardo, arrogante e beffardo, ma non abbastanza da abbandonarci tutti. È una delle cose che amo di te».
Aguzzo lo sguardo. «E che altro ami, di me?».

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