Capitolo 1

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EVELYN

La mia vita era cambiata completamente... ero distrutta. Avevo perso me stessa quel maledetto giorno, quando decisero di portarmi via Ryan. Il mio attuale lavoro era l'unica cosa che mi manteneva ancora attaccata al mondo, ormai, mentre le mie notti le passavo sempre in giro per locali a ubriacarmi e provare qualche piccola e nuova droga che un mio amico mi faceva assaggiare ogni tanto, senza esagerare. Se lo avessero saputo i miei genitori gli sarebbe preso un infarto. Sapevo perfettamente di poter finire su qualche giornale, essendo un'ereditiera, ma poco mi importava. Niente aveva più importanza.
Con questo comportamento avevo perso leggermente anche Tessa. Non ci frequentavamo più come prima, e ci sentivamo poco e niente, ma sapevamo perfettamente che se avessimo avuto bisogno l'una ci sarebbe stata per l'altra senza neanche pensarci. Eravamo ancora migliori amiche, ma ognuno aveva la propria vita e le proprie esigenze.
Dopo il matrimonio di Blake avevo passato due anni e mezzo da favola con Ryan. Mi aveva fatto sentire una regina, qualcuno di veramente importante, mi aveva aiutato in moltissime cose e non smetterò mai di ringraziarlo per questo. Sembrava il ragazzo perfetto, il tipico principe azzurro che arriva finalmente a salvarti... ma la vita non è una favola, e tutto è andato distrutto.
Ci eravamo fatti una nostra vita lontano da New York, a Philadelphia. Andava tutto bene quando, un pomeriggio qualunque, Ryan si sentì male. Quel giorno la nostra storia fallì, ma non perché l'amore cessò di esistere tra di noi... la vita era semplicemente stata crudele e ingiusta.
Ricordo ancora tutto come se fosse successo solo pochi minuti prima. Stavamo ridendo a causa di uno scherzo che mi aveva fatto, finché vidi il suo sorriso svanire e i suoi occhi andare all'indietro, diventando completamente bianchi, mentre lui crollava per terra. Cercai di farlo riprendere in qualsiasi modo, finché mi vidi costretta a chiamare un'ambulanza. Lo trasportarono subito in ospedale, rimasi accanto a lui fino a quando me ne diedero la possibilità, poi aspettai in sala d'attesa. Fu l'attesa più lunga di tutta la mia vita.
Non capivo, eravamo così felici solo pochi minuti prima.
Quando il medico mi raggiunse, un'ora più tardi, mi comunicò la notizia. Ryan aveva una leucemia acuta promielocitica, ma era troppo tardi. Gli avevano dato i tipici quattro giorni di tempo, che erano molto critici data la sua situazione, in cui loro avrebbero cercato di fare tutto il possibile per salvarlo, Dopo il quarto giorno si sarebbe visto il risultato, quello che sarebbe accaduto al novantanove per cento. O il corpo reagiva portandolo alla guarigione, o sarebbe morto. Ma era troppo tardi e mi consigliarono di prepararmi... le possibilità che si salvasse erano quasi inesistenti, non essendo riusciti a prenderlo in tempo.
Il mio mondo crollò, cambiando completamente. Ero così confusa. Com'era possibile che la vita potesse cambiare così velocemente, nel giro di pochi secondi?
Ryan morì prima dei quattro giorni, esattamente al terzo. Avevo sperato con tutto il cuore che si risvegliasse, in quei giorni, ma non lo fece. Era entrato in coma, fino a lasciarmi completamente.
Cercai di restare nella nostra casa, ma era piena di ricordi che mi devastavano giorno dopo giorno, così decisi di tornare a New York, nel mio vecchio appartamento. Avevo ricordi con lui anche lì, ma erano molto meno e comunque sopportabili.
Trovai un lavoro in una boutique frequentata solo da celebrità, e mi andava bene per riuscire a stare ancora con i piedi attaccati per terra.
Erano passati cinque mesi dalla sua perdita, e faceva ancora così male. So che non vorrebbe questo per me, non vorrebbe vedermi reagire così come sto facendo... ma uscire, bere e tutto il resto, sono le uniche cose che mi fanno sentire ancora viva per qualche ora.
La notte precedente era stata devastante, e me lo confermava l'ennesimo mal di testa con cui mi ero svegliata quella mattina. Seguii la mia solita routine mattutina come un robot. Mi alzai scavalcando il casino che avevo per terra in camera mia, i vestiti erano sparsi ovunque ed erano sporchi. Merda, sarei dovuta passare in lavanderia perché non avevo minimamente voglia di buttarli in lavatrice e lavarli io. Mi diressi in bagno prendendo subito un'aspirina dall'armadietto dei medicinali e la buttai giù senza l'acqua. Mi fiondai subito sotto la doccia riprendendomi leggermente... quando finii mi asciugai e mi preparai per andare a lavoro. Prima di uscire mi fermai a prendere una mela in cucina e la mangiai mentre mi dirigevo a lavoro.
Quando arrivai salutai Ronda, la mia collega. Era bellissima, veniva dalla Nigeria ed ero contenta che fosse entrata a far parte della mia vita. Era simpatica, e avevamo legato sin da subito. Lei aveva quasi cinquant'anni, e nonostante ci separassero ventuno anni ci eravamo subito trovate. Mi lanciò, come suo solito, uno sguardo di rimprovero perché sapeva che ero andata per locali, ma non ci diedi peso e andai a posare la mia borsa nello sgabuzzino dietro la cassa.
《Almeno questa volta il tipo che ti sei portata a casa era bello?》, chiese facendo la sua battuta giornaliera e feci un piccolo sorriso. Ero solita portare qualche ragazzo a casa, e l'ultimo era stato abbastanza brutto che tutt'ora mi chiedevo come fosse stato possibile.
《Questa volta ero sola》, risposi appoggiando i gomiti sul bancone e la testa tra le mani. Non avrei mai fatto entrare qualcuno in casa mia con quel disastro, neanche i miei genitori o Tessa. A proposito di lei, avrei dovuto chiamarla. Non la sentivo da una settimana.
《Ti racconto di ieri sera, così ti risvegli un po'》, disse e capii subito che c'entrava qualche cliente, probabilmente una in particolare. La sera precedente Ronda aveva fatto la chiusura, essendo arrivata di pomeriggio, e quando chiudiamo lo facciamo sempre dopo la mezzanotte. Siamo a New York, le persone restano in giro anche fino alle prime ore del mattino, non possiamo di certo chiudere alle otto di sera. 《Ieri stavo bella e tranquilla seduta a sfogliare una rivista, mancavano circa cinque minuti alla mezzanotte e quindi mi sono alzata per iniziare a sistemare qualcosina prima di chiudere, quando arriva "miss ce l'ho solo io"》, disse facendo una smorfia e io mi misi a ridere. "Miss ce l'ho solo io" era Crissy, una cliente che veniva nella boutique almeno cinque giorni su sette, e lo faceva quasi a orario di chiusura facendoci uscire fuori di testa. Era convinta di averla veramente solo lei, cosa che ci portò a chiamarla in quel modo. 《Inizia a cercare come una pazza qualcosa che aveva visto il giorno prima, che oltrettutto era andato sold out ed era disponibile solo quel giorno, e poi ha iniziato a inveire contro di me dicendo che siamo tutti incapaci e robe varie.》
《Come suo solito》, alzai gli occhi al cielo, negando poi con la testa.
《Esatto》, sospirò e tra una chiacchiera e l'altra ci mettemmo a lavorare.
Lei andò via verso le cinque del pomeriggio, e io rimasi lì per fare chiusura. Questo significava solo una cosa: niente serata. Avrei bevuto qualcosa a casa.

Love (Attraction Series 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora