NATASHA
Vidi una luce fortissima e subito dopo il buio. Mi ritrovai in un corridoio spoglio e scuro, dove sulla parete erano appesi dei cappottini neri, che avevano sulla manica destra lo stesso segno.
Lo riconobbi immediatamente. L'avrei riconosciuto tra milioni di marchi al mondo. Non avrei mai potuto dimenticarlo.
L'idea di attraversare quell'inferno mi fece rabbrividire, ma l'amore che provavo verso Steve e la voglia di baciare ancora le sue morbide labbra mi spinsero a raggiungere la fine del corridoio e aprire la porta che mi divideva dalla sala degli allenamenti.
Una luce bianca mi accecò e mi fece chiudere gli occhi, ma quando li riaprii rividi l'inferno che avevo cercato di dimenticare.
«Natalia... ci sei mancata» sorrise Ivan, dandomi la mia tuta da Vedova Nera. «Le altre ragazze si stanno mettendo in posa, vedremo chi arriverà alla fine.»
Una decina di donne erano nel centro dell'aula, in posizione da combattimento. L'esercizio lo conoscevo bene: era un combattimento corpo a corpo senza armi dove tutti erano contro tutti.
Una bionda mi diede un pugno, o almeno ci provò. Riuscii a schivarlo e a farle lo sgambetto, ma non ebbi molto tempo per esultare. Altre due ragazze provarono a colpirmi, così dovetti schivare entrambi i loro pugni per poi saltare sulle spalle di una. Da quella posizione riuscii a buttarla giù, ma la sua compagna mi aveva ormai messa a terra.
Le afferrai il polso e le girai il braccio, poi le diedi una spinta con l'altra mano e la feci cadere con la schiena a terra.
Ben presto eravamo rimaste in tre ragazze. Una mora, una bruna e io.
Mi concentrai sulla mora: aveva una cicatrice evidente che andava dall'occhio alla guancia, così mi ricordai. Lei mi aveva riconosciuta, infatti mi diede uno sguardo carico di rammarico, mentre la bruna pensava solo a salvarsi il culo.
La bruna attaccò la mora in un momento di distrazione, ma finì sbattuta al muro.
Era un due contro due tra vecchie conoscenze, dunque.
«Mi chiamo Iliana, piacere.»
«Romanoff. Natasha Romanoff.»
«Strano, Ivan non dice mai il tuo nome... parla di te come la puttana che è scappata.»
«Beh, Ivan ha ragione. Io mi sono ribellata e sono un po' una puttana. Tu invece cosa hai fatto in tutti questi anni?» la stuzzicai, facendo un sorrisino.Lei si decise a colpire, avvicinandosi correndo e dandomi un calcio sul fianco. Riuscii a schivare il colpo e a muovermi abbastanza velocemente per ritrovarmi dietro di lei, dove le presi il collo con una mano e con l'altra la spinsi a terra.
«Stronza...» sibilò, da sotto il mio corpo.
La lasciai andare e Ivan mi fece due applausi d'incoraggiamento, seguiti da un ghigno.
«Wow, Natalia, sono impressionato dalla performance. Ma non puoi essere l'unica a non prendere dei colpi, oggi.»
Mi prese per il polso e mi fece entrare nella stessa stanza in cui anni prima aveva deciso di prendermi a frustate.
«Abbiamo delle nuove delizie che devi provare, Natalia. Il prezzo da pagare per essere scappata» sorrise, facendomi rimanere attaccata ad una parete.
Mi legò i polsi con delle catene e prese un secchio d'acqua fredda, che mi buttò addosso con cattiveria.
Mentre le goccioline d'acqua mi rigavano le guance lui prese un'arma molto simile ad un teaser, solo leggermente più grande e molto probabilmente più potente.
«Farà un po' male.»
Posò l'oggetto sulla mia gamba, poi diede la scossa. Urlai dal dolore, mi piegai e abbassai lo sguardo.
Il mio urlò straziato si sentiva per tutto l'edificio, costantemente, sempre più forte, rimbombando tra tutte le pareti del KGB.
Lo strazio continuò per diverso tempo, forse ore, quando Ivan venne chiamato da un agente per raggiungere il responsabile dei Servizi Segreti.
«Bambine, datele una mano» ordinò a delle ragazzine di dieci anni che stavano camminando lungo il corridoio.
Loro mi liberarono dalle catene e mi aiutarono a rialzarmi.
«Stai bene?» chiese una di loro, quella che sembrava la più grande.
Annuii, incapace di parlare per lo shock.
«Andiamo.»
Mi sorressero per tutto il tempo, fino a quando arrivammo nel loro dormitorio. A quell'ora del giorno non c'era nessuno, perciò mi fecero sdraiare su un lettino per farmi riposare.
«Da quanto siete qui?» chiesi, con una smorfia di dolore.
«Io da cinque anni» sorrise quella che aveva parlato poco prima, slegandosi la treccia e spazzolandosi i capelli biondi.
«Voi due?»
«Noi siamo gemelle, siamo venute qui quattro anni fa. Tu non sembri una nuova recluta, da quanto sei qui?»
«Sono entrata qui a tre anni, ma poi sono scappata.»
«Tu sei la recluta che è scappata anni fa?! Sei famosissima!»
«Voi mi conoscete?»
«Si, Ivan parla spesso di te. E poi, una di noi ogni tanto riesce ad intrufolarsi nella sala riunioni e a vedere la tv, quindi ti conosciamo anche per questo.»Sospirai e appoggiai la testa al cuscino.
«La sala riunioni è piena di tue foto, sembra quasi un'ossessione di Ivan.»
«Cosa intendi?»
«Tutti i giorni Ivan guarda la tv, specialmente i servizi che riguardano te e i supereroi con cui lavori. E poi aggiunge qualcosa al collage di foto che ha.»
«Voi ragazze sareste disposte a farmi vedere quel posto?»
«Sarà difficile... a quest'ora gli agenti più importanti si incontrano proprio lì.»Chiusi gli occhi e dormii un po', scossa dalla realtà che stavo vivendo e dalle ferite che mi distruggevano il corpo.
STEVE
Era passato un giorno dalla morte di Natasha, e sembrava che persino Bruce stesse perdendo la speranza. Il siero sarebbe dovuto entrare in circolazione in qualche ora, ma ne erano passate quasi ventiquattro.
«Cosa facciamo, eh?» esclamai, camminando avanti e indietro accanto al corpo senza vita della Vedova Nera.
«Nulla, dobbiamo solo aspettare» ribatté Tony, pregandomi di fermarmi.
«Si ma nulla sta funzionando!»
«Devi aspettare, Steve!» urlò Bruce. «Non possiamo iniettarle altro siero, vivrebbe una realtà che la ucciderebbe dall'interno!»
«Io-»Sentimmo dei 'beep' arrivare dal macchinario che monitorava il cuore di Natasha, fino a quel momento un cuore morto.
«Cosa significa?»
«Ha funzionato...» sorrise Tony, guardando Natasha.
«Ok, qualcuno mi deve spiegare cosa sta succedendo.»
«Sta funzionando!» esultò Bruce, abbracciandomi.
«Cosa?!»
«Ora Natasha è in uno stato di coma vegetativo o una cosa simile: la sua vita è ancora attaccata ad un filo, ma c'è una speranza in più! Ora si deve trovare nella sua nuova realtà, quella che deve rivivere per tornare qui!»Abbracciai Bruce e Wanda, accorsa sentendo le urla e le risate di felicità.
«Tornerà Wan, tornerà» sorrisi al settimo cielo, abbracciandola nuovamente.
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The first time || Natasha Romanoff & Steve Rogers
Fanfiction[In REVISIONE] La cosa che mancava di più a Natasha Romanoff era l'adrenalina, la determinazione, la forza che provava e sentiva nelle vene tutte le volte che cercava di finire una missione. Ma soprattutto, le mancavano i suoi amici, i suoi collegh...