Capitolo 24

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NATASHA

Abbracciai immediatamente Steve, piangendo. Anche lui stava versando lacrime di felicità, così mi diede un bacio e mi strinse al suo petto.

«Non ci posso credere... ce l'hai fatta» sussurrò, si singhiozzando.

Sorrisi e abbracciai Wanda e Clint.

«Voi... siete tutti qui!» esclamai. «Siete vivi, state bene!»
«Si, certo, perché non dovremmo?»
«Io- vi ho uccisi e... gli spari... il tavolo di vetro, il sangue...» farfugliai, ricordando quello che avevo fatto nell'universo parallelo in cui ero capitata.
«Nat, di cosa stai parlando?» mi chiese Bruce, confuso.
«Io- Ivan mi ha detto di ucciderti e l'ho fatto!»
«È successo solo nella tua mente, non accadrà nella vita reale. L'importante è che tu sia qui con noi, ok?» mi rassicurò Steve, riprendendomi la mano, che mi ero appoggiata in fronte.

Tutti mi salutarono e esultarono per la riuscita del piano, ma la mente continuava a pensare alle orribili cose che avevo fatto, anche se erano solo immaginazione.

«Nat, tutto ok?» si preoccupò Wanda, vedendomi confusa e preoccupata.
«Si, certo. Steve, non hai detto nulla ai miei genitori, vero?»

Lui scosse la testa e tornò a sorridere.

Quel sorriso era l'unica cosa che mi aveva dato la volontà di continuare a lottare e di non cedere mai, nemmeno quando era tutto ciò che volevo. Ero veramente felice di essere tornata dai miei amici, che erano più una famiglia per me, ma la mia mente non poteva far altro che tormentarsi e chiedersi se quello che avessi vissuto fosse la realtà o no.

«È meglio se porto Natasha a casa, voglio assicurarmi che si riposi» annunciò Cap, prendendomi in braccio come se fossi una sposa.
«Beh, Rogers, posso camminare» ironizzai, sbuffando.
«Non importa. Ci vediamo.»

///

Steve era già sdraiato sul letto, leggendo un libro.

«Non ti facevo un tipo da Agatha Christie.»
«Beh, sai, mi piace pensare di essere l'aiutante silenzioso che scrive gli indizi sul taccuino.»

Mi sedetti accanto a lui e posai la testa sulla sua spalla, seguendo quello che stava leggendo.

«Uhm, Nat, c'è qualcosa di cui vorrei parlarti» disse di punto in bianco, chiudendo con delicatezza il libro.

Mi misi all'ascolto e lo guardai con fermezza, con paura che mi stesse per dare delle cattive notizie.

«Wanda mi ha parlato dei tuoi problemi... che non riesci a dormire e che fai sempre degli incubi, quindi vaghi per la città... è vero?» chiese, cercando di sembrare quanto più dolce e gentile possibile.

Stava cercando di non farmi sentire giudicata, ma non riuscì molto nel suo intento e abbassai lo sguardo.

«Te l'ha detto, uh?» mormorai, sistemandomi il pigiama.
«Se vuoi possiamo parlarne. Magari ti farà sentire meglio.»
«Ecco... è da quando ne ho memoria che faccio fatica a dormire. Non riesco a smettere di fare incubi, che siano su di voi, sulla mia famiglia, sul KGB... non ci riesco, ecco tutto.»
«E quindi ti alzi e vai a girovagare per la città alle due di notte? È pericoloso, sai?»
«Ho lottato contro i più grandi colossi della storia e non posso buttare a terra due o tre uomini imbecilli?»
«Sto solo dicendo che... stasera non andare via, ok? Se avrai un altro incubo svegliami e ne parliamo. Voglio aiutarti a superare questa cosa, ok?»

Sospirai e annuii, prima di spegnere la luce e infilarmi sotto le coperte azzurrine.

«Non ti sembra che stiamo correndo un po' troppo?» chiesi, dopo qualche minuto di silenzio.
«Cosa stai dicendo?»
«Ci conosciamo da anni, questo è vero, ma stiamo insieme solo da un paio di settimane... però viviamo insieme, siamo veramente, come dire... seri. E ste stessimo facendo tutto troppo in fretta?»
«Vuoi andartene di casa?»
«No, sto solo dicendo... forse dovremmo vivere questo più a fondo, senza muoverci così velocemente.»

Steve fece un cenno e spense la luce della sua lampada.

«Non so cosa dirti, Nat, io sarei pronto a sposarti anche domani.»
«Esattamente! Se non ci controlliamo finiremo per essere sposati entro fine anno! Non sto dicendo che non lo voglia, ma che forse è un po' presto...»
«Come vuoi» concluse lui, freddo, sistemandosi sul fianco destro e mostrandomi la schiena.
«Dai, non ti arrabbiare...» mormorai, abbracciandolo da dietro.

Mi diede un bacio sulla fronte e chiuse gli occhi, senza lasciarmi andare.

«Non sono arrabbiato, sono solo preoccupato per noi. Ti amo, Natasha, non voglio perderti.»
«Non mi perderai, te lo prometto. Sarò un po' più prudente la prossima volta che andrò in missione, ok?»
«Ok.»

///

Mi svegliai nel pieno della notte, sudata e con il respiro affannato. Controllai l'ora dal mio telefono, che segnava le tre e venticinque.

Controllai anche Steve, che stava dormendo in pace, così mi alzai e andai in soggiorno, muovendomi in punta di piedi come mi avevano insegnato nella Stanza Rossa.

Presi un bicchiere e vi versai dell'acqua, che bevetti in un solo sorso. Per un attimo i miei occhi videro una bottiglia di vodka, così la afferrai e bevetti un po' di quell'alcolico, giusto per rilassarmi.

Non volevo uscire quella notte, avevo promesso a Steve che non l'avrei fatto e non avrei rotto la promessa. Non l'avrei svegliato, in quanto stava dormendo beatamente, e poi era solo un altro stupido incubo. Ne avevo avuti per diversi anni, e soprattutto erano peggiori.

Mi sedetti sul divano e cercai di calmarmi leggendo qualcosa sul telefono, nuovi articoli di giornale e informazioni sui servizi segreti russi.

Improvvisamente sul telefono apparve il nome di mia sorella, così risposi credendo che mi chiamasse per mamma e papà.

«Yelena, cosa vuoi? Sono le tre di notte!» sussurrai dopo essere uscita sul balcone.
«Oh, scusa... al momento sono in Irlanda, dalla famiglia di Andrew... qui l'ora è diversa.»
«Dimmi.» tagliai corto, massaggiandomi la fronte.
«Non ci girerò intorno, ok? Promettimi che non te la prenderai.»
«Dimmi, cazzo! Mi stai facendo innervosire.»
«Sono incinta.»

The first time || Natasha Romanoff & Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora