Capitolo 6

1K 25 1
                                    

Sulla navicella gli Avengers si prendevano cura di me. Steve era molto preoccupato per la mia salute, e mentre Bruce premeva dei panni sui fori di proiettile con gentilezza continuava a camminare avanti e indietro per la stanza con nervosismo.

«Sei impazzita!? Pensavo avessimo un piano!» esclamò, arrabbiato.
«Ne ho inventato un altro per far si che quello primitivo funzionasse. Prego, Steve» dissi senza mostrare alcuna emozione.

Gli altri Avengers avrebbero potuto pensare che fossi un robot.

«Hai ucciso delle persone lì dentro! Avevamo concordato solo di spaventarle per arrivare ai file e all'archivio, non di far saltare la testa ad uno di loro!»
«Sto bene, grazie» sbuffai, alzandomi dalla sedia su cui venivo medicata.

Tony e Bruce mi fulminarono con lo sguardo.

In quel momento ero accecata dalla rabbia, avevo rivisto il luogo in cui prendevano vita i miei peggiori incubi e la cosa mi aveva leggermente scombussolata.

«Dove sono i fogli che ti ho dato?» chiesi a Steve, sibilando e con i denti stretti.

Me li diede e andai diretta alla pagina in cui compariva il mio nome: Natalia Alianovna Romanova.

I miei occhi studiarono velocemente ogni parola scritta su quel pezzo di carta un po' sbiadito, ma non riuscii a finire di leggere perché un senso di nausea mi fece perdere per un attimo l'equilibrio.

«Hey! Stai bene?» mi sorresse Steve, tenendo le braccia sotto le mie ascelle.
«Si» dissi, scansandomi e allontanandomi con cattiveria.
«Mi vuoi dire che ti prende!?» urlò, più arrabbiato di quanto era mai stato.
«Non lo capisci da solo, Steve!?» replicai, dandogli indietro i fogli che avevo in mano.

Lui li prese con foga e lesse la stessa cosa che avevo letto qualche secondo prima, ma con stupore.

«COSA!?» esclamò, giunto alla fine della pagina.
«Cosa?» chiese Thor, avvicinandosi per leggere a sua volta.

Lesse ad alta voce fino al punto clue.

«Natalia Alianovna Romanova è scappata dalla sede del KGB. Da trovare immediatamente per il completamento del progetto NAR, come nostra cavia. Prima iniezione giorno 21 giugno 2003.»

Gli sguardi di tutti erano su di me, e mi sentii lusingata e imbarazzata allo stesso momento.

Tony mi guardò interrogativo e mi scrutò con attenzione.

«Ma la prima iniezione non ha fatto effetto... insomma, tu sei sempre... tu.»

Steve nel frattempo aveva preso un portatile, in cui inserì la chiavetta USB su cui aveva scaricato i file protetti del KGB.

Nella cartella NAR erano presenti delle mie foto, da quando ero una bambina all'ultimo giorno con il KGB, prima che scappassi di li.

«Nat...» sussurrò lui, puntando lo sguardo su di me. «Il 21 giugno è stato il giorno dell'operazione.»

Bruce riprese a curare le mie ferite, e mentre Clint, Tony e Thor parlavano su cosa fare dopo, Steve continuava a guardare i file sul suo pc.

«Ho trovato qualcos'altro» mormorò a Stark, avvicinandosi e senza farsi notare da me. «Pare che il siero sia molto pericoloso...»

Mentre il Capitano gli mostrava dove leggere, il volto si di Tony si faceva sempre più corrucciato.

«Non dirglielo. Non dirlo a nessuno» lo intimò Tony, imponendogli l'ordine con gli occhi.
«Nat, posso parlarti?» chiese il Capitano, aspettandomi sulla porta per il bagno, sotto lo sguardo attento di Stark.

Mi alzai lentamente dalla sedia su cui stavo venendo curata e lo seguii all'interno dei servizi. Prima che me ne potessi accorgere Steve mi aveva appoggiata ad una parete e mi aveva bloccata con le braccia.

«Hai rischiato di morire, Nat» sibilò, mettendomi in soggezione con il suo sguardo tagliente.
«Non mi importa.»
«Beh, importa a me» continuò lui, abbassando poi lo sguardo.

Sbuffai e gli feci rialzare la testa con l'indice appoggiato contro il suo mento.

«Perché lo hai fatto? Perché hai ucciso quell'uomo?»
«Perché era l'uomo che mi aveva fatto l'operazione, Steve! È lui la ragione per cui non posso aver figli!» sbottai, alzando inaspettatamente la voce. «È tutta colpa sua...»

Singhiozzai ma non uscirono lacrime dagli occhi. Steve mi circondò con le sue enormi e muscolose braccia e mi fece calmare, appoggiando il suo mento sulla mia testa e respirando lentamente.

«Ti voglio bene, Nat. Non potrei mai perderti, e lo sai.»
«Si, lo so.»

///

Tornammo a casa e Steve mi accompagnò all'ospedale per farmi vedere le ferite. Fortunatamente Bruce era abbastanza bravo in medicina, e aveva controllato molto bene l'emorragia.

Il proiettile sulla gamba l'aveva attraversata ed era uscito dall'altra parte, mente quello sulla schiena non era in una posizione pericolosa.

Dopo un intervento chirurgico molto semplice decisi di firmare le carte per la dimissione, nonostante i dottori mi consigliassero di rimanere in ospedale.

«Signorina Romanoff, potrà essere dimessa tra poco. È stata più che fortunata, mi creda» sorrise la dottoressa. «Signor Rogers, potrà portare a casa sua moglie in massimo due ore.»
«Ehm, noi non siamo... sposati» si imbarazzò il mio amico, mostrando l'anulare sinistro libero.
«Già, un po' troppo per lui, uh?» scherzai, vedendo il suo colorito rosso.

La donna si scusò e poi uscì dalla camera lasciandoci da soli.

«Hey, tutto ok?» chiesi, vedendo Steve ancora sconvolto.
«Nat, devo parlarti. È abbastanza urgente e so che non la prenderai bene.»
«Si, certo, dimmi.»
«Fury ha deciso di escluderti dalla missione. Almeno per un po'. Crede che non sarebbe sicuro per te se continuassi a venire con noi.»
«COSA!? Beh, dì a Fury che può andare a fanculo, perché io lavorerò.»
«Nat-»
«No!»
«Ascoltami! Il KGB ha fatto finta di subire un furto per far passare inosservato il loro piano! È studiato nei minimi dettagli, creato il giorno che sei scappata. Ti stanno cercando e non si fermeranno fino a quando ti avranno presa. Vogliono completare questo piano NAR, e lo devono fare con te perché sei l'unica a cui è stata fatta la prima iniezione. È meglio se rimani a casa per qualche settimana, fino a quando capiamo cosa fare, ok?»

Sbuffai e appoggiai la testa al cuscino.

Steve scomparve fuori dalla camera di ospedale e mi lasciò da sola a pensare agli errori e alle sofferenze che avevo fatto e ricevuto nella mia vita, in un silenzio assordante e con i miei occhi fissi sulla parete davanti a me, spalancati come se avessi appena vissuto puro terrore sulla mia pelle.

The first time || Natasha Romanoff & Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora