68. Diploma

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Continuavo a mettere e togliere l'eyeliner freneticamente, erano dieci minuti buoni che cercavo di applicarlo correttamente ma mi tremavano le mani.
Sbuffai mentre mi apprestavo per la quindicesima volta a ripetere l'operazione, una mano si posò leggera sulla mia spalla distraendomi.

"Lascia che ti aiuti" disse dolcemente Lauren prendendo dalle mie mani la matita e facendomi voltare verso di lei.

Mi truccò con tocco preciso e soffiò appena sulla striscia nera che aveva tracciato sulla mia palpebra prima di invitarmi a riaprire gli occhi.
Continuavano a tremarmi le mani.
Lei se ne accorse e le prese tra le sue stringendole appena.

"Amore, andrà tutto bene" sussurrò "E' solo una cena e sono i tuoi genitori non degli estranei" disse.
"Lo so ma..." avevo la gola secca e le idee confuse "Ho paura Lolo" ammisi.

Non sapevo nemmeno io di cosa avessi cosi tanto timore. In fondo ci avevano invitate a cena insieme e, probabilmente, quello era il primo passo per firmare finalmente una sorta di pace.
Magari erano pronti ad accettarmi e ad accettare Lauren e, in più, ad un giorno dal mio diploma.
Doveva essere un'occasione più che felice e lo sapevo.
Ma nonostante tutto non riuscivo a non essere spaventata. In fondo lo era anche Lauren, benché cercasse di essere forte per me, sapevo che dentro stava esplodendo in balia di tutte le emozioni che la investivano.

Mi dissi che era normale avere paura perché, alla fine, i miei genitori si erano dimostrati molto volubili e non sapevamo cosa aspettarci davvero. Quella cena sarebbe benissimo potuta essere una scusa, un pretesto per convincerci a lasciarci o, peggio, per dirmi che ero definitivamente fuori dalla famiglia.

Quando, la sera prima, avevo esposto questo dubbio a Lauren lei aveva riso nervosamente poi aveva preso la mia mano portandosela al petto.
"Amore" aveva detto "Non fasciarti la testa prima del tempo, vogliono solo chiederci scusa, vedrai. Sono la tua famiglia e ti amano lo sai, sta tranquilla" aveva aggiunto.

Ma lo sapevo che aveva la mia stessa paura, non c'era bisogno che me lo dicesse lei. Lo leggevo nei suoi occhi che un attimo prima mi guardavano rassicuranti e quello dopo si perdevano nel vuoto.

Il tragitto in macchina fino a casa mia fu breve e perlopiù silenzioso.
Lauren mi sorrideva ogni volta che alzavo lo sguardo su di lei ed io facevo lo stesso o, almeno, tentavo di farlo.

Quando arrivammo stavo meditando già da due minuti buoni l'idea di implorarla di fare retromarcia e tornare a casa e lei l'avrebbe fatto se glielo avessi chiesto ma non potevo.
Ero un'adulta ormai e dovevo affrontare i miei problemi.

Scesi dall'auto e lei era già li ad aspettarmi accanto alla mia portiera, bellissima nei suoi jeans stretti con il suo top rosso ed i capelli sciolti sulle spalle.
Era incredibile.
Dio non mi sarei mai pentita di aver rischiato tutto per lei.
Mi avvicinai per baciarla piano e lei sorrise sulle mia labbra rispondendo al bacio.

"Andrà tutto bene piccola e, se anche non dovesse andare bene, non importa perché saremo insieme, ok?" disse dolcemente.
Io mi limitai ad annuire prima di prenderle la mano e farle strada fino alla porta d'ingresso.

Bussai col cuore in gola mentre Lauren mi stringeva la mano.
Fu mia sorella ad aprire la porta, mi saltò al collo prima che potessi rendermene conto ed io risi tra i suoi capelli sollevandola di peso.

"Ciao mostriciattolo" la salutai lasciandole un bacio sulla tempia.
"Lauren" gridò lei entusiasta mentre la mettevo giù cinse con le braccia la vita della corvina che le accarezzò i capelli.
"Ciao Sofi" disse sorridente.

Mia sorella si staccò da quell'abbraccio e ci prese entrambe per mano trascinandoci dentro.

Trovammo mio padre in salotto e, a giudicare dal giornale abbandonato sul pavimento e dai cuscini della poltrona un po' spiegazzati, era saltato in piedi di colpo sentendoci bussare.

Mi guardò con aria incerta ed io strinsi più forte la mano di Lauren per impedirmi di correre ad abbracciarlo, non sapevo se mi avrebbe respinta e non volevo rischiare.

"Camila" sussurrò mio padre a mezza voce.
"Ciao papà" lo salutai con voce ferma.
Lo sguardo di mio padre si spostò da me a Lauren poi alle nostre mani intrecciate.
Deglutì a vuoto distogliendo lo sguardo mentre il suo volto si tingeva di un lieve rossore.
"Ciao Lauren" disse infine sollevando lo sguardo in quello della corvina che sorrise timidamente
"Buonasera signor Cabello" disse educatamente.

Dalla cucina spuntò mia madre con ancora in dosso il grembiule da cucina.
"Siete qui" disse entusiasta sorridendo appena imbarazzata.
"Ciao mamma" dissi accennando un tiepido sorriso che Lauren imitò.
"Buonasera" disse la mora.

"Sono contenta che siate venute entrambe" disse mia madre con un sorriso che non riuscii a decifrare.
Cercai di sorridere a mia volta.
"La cena sarà pronta tra due minuti" annunciò.
Mio padre ci fece accomodare sul divano. Non lasciai la mano di Lauren neanche per un secondo.

"Allora, domani è il grande giorno eh?" cominciò mio padre cercando di intavolare una discussione. Era piuttosto surreale tutta quella situazione e mi domandai dove volessero andare a parare con quel tentativo di fingere che fossimo in una situazione tranquilla ed amichevole.
Decisi comunque di dargli corda, forse quello era un tentativo di allentare la tensione e dovevo dire che ce n'era veramente bisogno.

"Già, domani ci diplomiamo" dissi io in tono piatto.
"Sono molto fiero di te. Io e tua madre lo siamo" disse mio padre guardandomi negli occhi. Inclinai la testa di lato scrutando la sua espressione forse con l'idea di trovarvi un qualche segno di scherno ma non c'era nulla se non un profondo orgoglio che quasi mi fece commuovere.

"Grazie" mormorai.
"Lauren farà il discorso di chiusura della cerimonia come studente con i migliori voti" mi affrettai poi a dire orgogliosa a mia volta.
"Camz" mi rimproverò la corvina imbarazzata.
Non diedi peso a quel rimprovero. Volevo che i miei genitori fossero fieri della mia ragazza, tanto quanto lo ero io di averla accanto.

"Davvero impressionante, complimenti Lauren" disse mia madre un po' sbalordita.
"La ringrazio" rispose lei.
"I tuoi genitori saranno fieri di te, immagino" aggiunse.
Lauren titubò un attimo. In effetti nemmeno io ero sicura che i signori Jauregui sapessero ma non era certo il momento di pensarci.
"Già" convenne Lauren, lasciando crollare l'argomento.

Dalla cucina si sentì il campanello del forno che annunciava che, quello che dall'odore doveva essere arrosto, era pronto.
"A tavola, su" ci invitò mia madre e ci alzammo per prendere posto.

La cena cominciò in un silenzio inquietante. Sembrava che, per quanto ci sforzassimo di trovare un modo per rompere quell'aura di imbarazzo, tutto fosse inutile.
Lauren si era complimentata più di una volta con mia madre per l'arrosto e lei aveva risposto gentilmente.
Mia sorella mi aveva parlato un po' della scuola di danza e delle avventure di lord T.
Mio padre era stato per lo più in silenzio. Notavo che, di tanto in tanto, lanciava un'occhiata a me ed a Lauren sempre vicine. Ed alle nostre mani che si cercavano in continuazione.

"E come sta Normani?" domandò mia madre cercando un argomento.
"Molto bene. E' stata presa alla NYADA, comincerà in autunno" la informai e lei sorrise.
"Anche la sua ragazza, Dinah, andrà a New York alla Columbia" annunciai.
A mia mare cadde la forchetta dalla mano mentre mio padre tossiva pesantemente cercando di ingoiare il boccone che gli era andato di traverso.

Mia madre mi guardò con l'espressione di chi stava pensando 'anche Normani?!' cercai di rimanere indifferente al loro stupore e lo stesso fece Lauren che si limitò ad abbassare lo sguardo sul suo piatto semivuoto.

Mio padre si schiarì la voce, cercando di fingere indifferenza, benché si notasse lontano un miglio che la notizia lo avesse, quantomeno, turbato.
Probabilmente stava pensando a tutte le volte che io e Normani avevamo dormito insieme sotto il suo tetto per tutti gli anni precedenti. Ero sicura che pensasse a questo e sorrisi divertita tra me e me.

"E tu Lauren, cosa farai dopo il diploma?" domandò mia madre.
La osservai, sapevo dove volevano andare a parare e dentro di me sbuffai per come la tiravano per le lunghe.

"Andrò anche io alla Columbia" annunciò la corvina.
"A New York?" sbottò mio padre bevendo un altro sorso.
"Si" rispose secca Lauren senza scomporsi.

Calò un nuovo silenzio nella stanza interrotto solo dal rumore delle forchette nei piatti. Lo sguardo attento della mia sorellina vagava tra me e Lauren ed i nostri genitori rinchiusi ognuno nei propri pensieri. Di tanto in tanto potevo vederli scambiarsi qualche sguardo senza riuscire a decifrarne appieno la natura.
Poi mio padre si schiarì la voce in tono solenne ed io capii che stava per chiedermi qualcosa di importante e sperai che, finalmente, si potesse parlare del vero motivo per cui eravamo li: di me e di Lauren. Ma non fu cosi.

"Allora Camila, ho saputo che hai ricevuto la risposta dalla Juliard" disse mio padre cercando di sembrare distratto.

Lauren mi sorrise ed io presi un profondo respiro.

"Sono stata presa" annunciai.

Mia madre scattò in piedi con un sospiro pieno di orgoglio e commozione.
Fece il giro del tavolo. Mi alzai meccanicamente e tutto successe cosi in fretta che fu difficile per me riuscire a realizzarlo.
Mi abbracciò con le lacrime agli occhi ed io credetti davvero di poter svenire di felicità in quello stesso istante racchiusa nell'abbraccio sicuro e saldo della mia mamma, con il suo odore buono che mi solleticava le narici.

Piansi mentre l'abbracciavo a mia volta trattenendola contro di me.

"Sono cosi fiera di te, bambina mia" mi soffiò all'orecchio ed io piansi di più contro il suo petto, nascondendo il viso tra le pieghe del suo collo.

"Mi sei mancata cosi tanto" ammise poi.
La strinsi passandole le braccia intorno alla vita.
"Anche tu mi sei mancata, mamma" dissi con voce tremante.

Mi sembrava di essermi liberata di un peso enorme ora che finalmente avevo potuto riabbracciarla. Sollevai lo sguardo oltre la spalla della mia mamma per incontrare il viso di mio padre contratto in un'espressione pensierosa.

"Papà" dissi staccandomi di malavoglia da quel contatto "Non sei felice per me?" domandai asciugandomi le lacrime.

L'uomo sollevò lo sguardo incatenandolo al mio.
"Lo sono" disse annuendo lentamente "Lo sono molto, Camila" aggiunse serio.

Poi abbassò lo sguardo come se non riuscisse a sostenere il mio per più di pochi minuti.
"Papà" lo chiamai inclinando la testa "Guardami, ti prego" lo implorai.

Lo vidi chiudere con forza gli occhi come per trattenere le lacrime o forse per trattenersi dal guardarmi davvero.

"Cosa c'è?" domandai con un filo di voce.
Lui accennò un sorriso amaro.
"Cosa c'è?" disse a sua volta ironicamente "C'è che tutto questa storia mi sembra cosi irreale. Noi che siamo qui a cenare come se nulla fosse, parlando del futuro, fingendo che non ci siano problemi più gravi da risolvere" disse d'un tratto severo.

Ingoiai a vuoto. Da un lato aveva ragione, finalmente era arrivato il momento di parlare del vero motivo per cui eravamo li e, benché fossi d'accordo con lui su quanto la situazione fosse irreale, c'era una cosa che mi aveva dato non poco fastidio e, a giudicare dall'irrigidirsi di Lauren, non aveva toccato solo me.

"Problemi più gravi" ripetei io incredula allontanandomi da mia madre che se ne stava a sguardo basso.
"Sofi tesoro va a giocare con lord T." disse mia madre calma.
Mia sorella dovette capire subito che la situazione sarebbe potuta degenerare quindi, senza fare capricci, si avviò su per le scale.

Sospirai.
"Che diavolo significa problemi più gravi. Sono lesbica papà non sono mica un'assassina" dissi in tono di sfida. A quella parola mio padre scattò in piedi grattandosi una tempia.

"Papà" lo chiamai ma lui teneva ancora lo sguardo basso "Guardami, ti prego" implorai di nuovo, ma lui non sollevò lo sguardo.
"Sono ancora io papà, sono sempre la stessa Camila" dissi andandogli incontro.
"Sono felice e serena ed il futuro che ho davanti è meraviglioso e domani sarà il giorno più importante per me! E tu, Dio, tu e la mamma avete lavorato cosi tanto per permettermi di realizzare il mio sogno e ci sto per riuscire! Io andrò a vivere a New York e ci vedremo cosi poco, davvero vuoi passare il tempo che ci resta ad odiarmi? Solo perché sono innamorata di una donna? Insomma che differenza fa? Sono sempre io" dissi cerando di trattenere le lacrime che però inesorabilmente mi solcarono il viso sfuggendo al mio controllo.

"Papà" lo chiamai ancora "Guardami, solo per un secondo ti prego" implorai.
Questa volta lui sollevò lo sguardo puntando gli occhi nei miei.
Ci guardammo per quella che mi sembrò un'eternità poi lui con le lacrime agli occhi abbassò nuovamente lo sguardo.

Sospirai sconfitta, portandomi le mani davanti al viso per asciugarmi le lacrime che lo bagnavano.
Dovevo essere forte anche di fronte a quell'ennesimo rifiuto, dovevo farlo per me e per Lauren.

"Tutto questo è assurdo" mormorò lei dal nulla facendoci girare tutti.
"Queste sono questioni che non ti riguardano, Lauren" disse mio padre voltandosi e dando le spalle a tutte noi.

"Mi permetta signor Cabello" disse la mia ragazza alzandosi "Mi riguarda eccome! Dovrei stare zitta, non sono della famiglia e non dovrei intromettermi. Ma lei sta trattando la persona che amo come una criminale ed io non posso sopportarlo" disse frapponendosi tra me e mio padre.

L'uomo si voltò per incontrare lo sguardo di sfida di Lauren.

"Mi permetto di rivolgermi a lei perché so che ama Camila, tanto quanto la amo io e forse di più, magari lei crede che tutto questo sia un errore, che io e lei siamo un errore insieme e forse è così. Non lo so, magari amarla è uno sbaglio. Ma è lo sbaglio più giusto che io abbia mai fatto in vita mia e, che lei lo accetti o meno non importa, perché non cambierà l'amore che proviamo l'una per l'altra" disse decisa poi prese un ulteriore respiro.

"Se lei lascia uscire sua figlia da quella porta stasera senza neanche avere il coraggio di guardarla negli occhi la perderà signor Cabello ed io non posso permetterle di fare questo" disse cercando di trattenere le lacrime e riprendere fiato.
"E' sua figlia ed è la persona più meravigliosa sulla faccia della terra. Non permetta all'orgoglio di allontanarla. Camila soffrirà, sua moglie soffrirà, Sofi soffrirà e soffrirà anche lei signor Cabello" disse poi si prese un secondo per mandare giù il nodo di malinconia che le si era formato in gola.
"E magari non le importa ma anche io soffrirò perché sarò stata la causa della distruzione di una famiglia, di un amore enorme che lei e sua moglie provate per Camila, un amore che ci accomuna, che lei ci creda o meno" disse.

Prese un profondo respiro mentre mi avvicinavo a lei prendendole la mano per baciarne il palmo dolcemente, lei mi guardò sorridendo tra le lacrime e io feci lo stesso.
Poi la corvina tornò a rivolgere lo sguardo verso mio padre che aveva assistito alla scena, immobile.

"Le farò una promessa signor Cabello, anche se non me l'ha chiesta, anche se non le importa. Io le prometto che avrò cura di questa donna come di me stessa e la amerò fino alla fine dei miei giorni. Io ci sarò nei momenti più importanti della sua vita perché non potrei sopportare di perdere anche uno solo dei suoi sorrisi, non potrei sopportare di non vederla gioire per le sue conquiste e di non gioire con lei, né di consolarla quando avrà paura o starà male o soffrirà. Io ci sarò per Camila. Sempre. Perché la amo. E lei?" domandò retoricamente.

Calò di nuovo il silenzio, sentivo mia madre tentare di trattenere le lacrime e liberare piccoli singhiozzi.
Mio padre non parlò, si limitò a passare lo sguardo lucido da me a Lauren e poi ancora su di me prima di voltarsi completamente dandoci le spalle.
Sospirai.

"Amore" dissi sottovoce fissando il pavimento "Andiamo a casa, ti prego" dissi sconfitta.
Lauren non ebbe bisogno di sentirselo ripetere.
Mi prese per mano ed, a testa alta, ci avviammo verso la porta.
Ci fermammo davanti a mia madre e timidamente le chiesi un abbraccio che con mia grande gioia non mi negò.

"Ti voglio bene" mi disse ed io la strinsi più forte piangendo copiosamente sulla sua spalla prima di farmi coraggio interrompendo quel contatto.
"Da un bacio ad Sofi per me" le dissi con un filo di voce, lei annui.
"Grazie per la cena signora Cabello" disse educatamente Lauren aprendo la porta.
Mia madre fece due passi nella sua direzione fermandosi a indugiando appena prima di abbracciare una Lauren assolutamente sorpresa, quel gesto lasciò stupita anche me.
Mia madre sussurrò qualcosa all'orecchio della corvina che percepii come un 'mi dispiace' o almeno cosi mi parve di capire.

Lauren annuì con gli occhi lucidi prima di aprire la porta e tendermi la mano.

Uscimmo avviandoci verso la macchina mentre la porta alle nostre spalle si richiudeva. Non riuscivo a trattenermi dal voltarmi ogni due passi, sperando forse di vedere mio padre uscire da quella porta e corrermi incontro. Ma non accadde.
Sapevo che non sarebbe accaduto. Conoscevo mio padre e sapevo che aveva bisogno del suo tempo, mi spaventò molto pensare a quanto tempo effettivamente gli sarebbe servito per accettare quella novità.

Lauren dovette capire il mio disagio.
Come sempre, lei mi comprendeva al primo sguardo.
Strinse più saldamente la presa intorno alla mia mano.

"Io ho te e tu hai me, non ci serve nient'altro" mi sussurrò e, quella consapevolezza, bastò a farmi sorridere a rassicurarmi insieme.

*****

Trascorremmo la notte abbracciate, senza dire nulla, nessuna parola serviva.
L'unica cosa che Camila mi disse dopo esserci messe a letto fu un 'grazie' appena sospirato.
Nascose il viso nell'incavo tra il mio collo e la spalla e la lasciai ai suoi pensieri mentre la sentivo respirare avidamente il mio profumo.
Le accarezzai i capelli beandomi di quel contatto.

La mattina dopo tutto fu confuso e frenetico.
I miei genitori si erano messi in ghingheri per l'occasione quasi non riuscivo a credere che sarebbero stati presenti entrambi al mio diploma.

Camila era radiosa, tutto il dolore della sera prima sembrava essere stato messo da parte ed io ero felicissima per questo.
Continuavo a ripassare il mio discorso benché fossi certa di saperlo praticamente a memoria.
Ero nervosa, molto nervosa, ma, allo stesso tempo, non riuscivo a non sorridere come un ebete ogni volta che incontravo lo sguardo su di giri di Camila che saltava come una bambina.
Ogni volta che il panico stava per assalirmi pensavo a cosa ci aspettava dopo quella giornata.

Un'estate intera da passare insieme ed una nuova avventura da vivere a New York con le nostre migliori amiche ma soprattutto l'una con l'altra, senza più paure, senza più drammi.
Solo io e lei.

Arrivammo a scuola in leggero ritardo. Metà dei nostri amici erano già pronti con le loro toghe rosse.
Ero estremamente felice che la scuola avesse scelto quel colore, perché mi donava come nessuno e stava bene anche alla mia moretta. Ma a lei sarebbe stato bene qualunque colore.

Indossai la striscia gialla sopra la tunica, onorificenza per il miglior studente dell'anno, e quasi non riuscivo a credere di essere davvero io.
La Kordei sarebbe voluta sparire, sosteneva che avevo ottenuto voti più alti di lei solo grazie allo spagnolo, piccola invidiosa.

Il preside Figgins salì sul palco cominciando il suo discorso di inizio cerimonia. Nessuno degli studenti era particolarmente interessato, eravamo troppo presi a fotografarci tra di noi.
Io personalmente ero presa dalle labbra di Camila e poco mi importava delle chiacchiere, delle risatine e dei fischi sommessi che provenivano dalle file intorno a noi.

Accanto a me una Dinah radiosa e una Normani un po' su di giri.

"E adesso, chiamiamo sul palco i diplomandi di quest'anno" annunciò il preside fiero.
Tutti scattammo in piedi.
Il preside cominciò a chiamare i nomi nella lista e, man mano, i ragazzi interpellati salivano sul palco per recuperare le loro pergamene e sorridere al pubblico di familiari e professori che applaudiva.

"Normani Kordei Hamilton" chiamò l'uomo.
Normani scattò in piedi, salutando la platea come se stesse andando a ritirare l'oscar.
Roteai gli occhi al cielo.
"Quante scene" mormorai infastidita ricevendo una gomitata sia da Dinah che da Camila che applaudivano allegre.
"Dinah Jane Hansen" la mia amica mi sorrise ed io le lasciai un bacio lieve sulla guancia prima che si alzasse per andare a prendersi il suo meritato diploma e raggiungere la sua ragazza sul palco.
"Zayn Malik" Zayn si alzò battendo il cinque a Brad prima di dirigersi a passo sicuro verso il palco.
"Louis Tomlinson" il ragazzone si alzò, un po' impacciato e per poco non inciampò nella sua stessa toga, salendo le scale.
"Ally Brooke Hernandez" con eleganza Ally sfilò sul palco recuperando il suo diploma e regalando alla platea un enorme sorriso che contagiò tutti.
"Alexandra Emily Robbins" la ragazza si alzò con un sorriso da un orecchio all'altro avviandosi sul palco.
"Brad Simpson" un boato si alzò tra gli studenti mentre un Brad che aveva l'aria di aver appena vinto la coppa del mondo si avviava spavaldo a recuperare il suo tanto agognato diploma.
"Lauren Michelle Jauregui Morgado" Camila mi prese il viso tra le mani mentre io emozionata respiravo a fatica. Mi baciò con passione sorridendomi prima che io mi alzassi per salire fiera sul palco.
Vidi in lontananza i miei genitori applaudire soddisfatti mentre recuperavo la mia pergamena e sorrisi commossa.
Allontanandomi dal tavolo dei professori vidi una manina che mi salutava.
Sofi seduta sulle spalle del padre mi mandava ampi baci con la mano, risposi a quel saluto notando che i signori Cabelll applaudivano tra la folla.

"Camila Karla Cabello Estrabao" chiamò il preside e, stavolta, la piccola Sofi gridò più forte facendosi notare da Camila che salutò commossa lasciando un bacio sulla pergamena appena ottenuta, prima di raggiungermi e congiungere la mano con la mia.

"E adesso, la nostra studentessa migliore Lauren Jauregui ci delizierà con il discorso di diploma" annunciò il preside.
Baciai la mano di Camila che mi fece l'occhiolino prima di darmi una pacca sul sedere.
"Falli piangere baby" disse giocosa facendomi ridacchiare nervosamente mentre mi avvicinavo al microfono.

Presi un profondo respiro ed entrai letteralmente nel panico quando mi ritrovai davanti la folla in attesa e magicamente tutte le perfette parole del perfetto discorso che avevo preparato per una settimana intera erano scomparse.
Niente non ricordavo assolutamente nulla e, da perfetta sbruffona quale ero, non mi ero scritta nulla convinta che tanto me lo sarei ricordato.
Grandioso.

Presi un altro profondo respiro ad occhi chiusi.
Ok Lauren niente panico.
Mi schiarii la voce e tirai fuori un sorriso di circostanza, pregando che il cielo me la mandasse buona.

"Salve a tutti" cominciai "Sarò del tutto sincera. Mi ero preparata un discorso perfetto ma temo di averlo dimenticato" dissi. Tutti ridacchiarono pensando fosse uno scherzo, ingenui.
"Perciò temo che dovrete accontentarvi di qualche sciocchezza che mi verrà in mente al momento. Potete anche fingere di dormire, così capirò che vi sto annoiando e me ne tornerò al mio posto" tutti risero ancora. Stava andando bene tutto sommato.
Mi presi un istante per cercare le parole più adatte.

"E cosi oggi ci diplomiamo. Mi sembra talmente assurdo che quasi non ci credo, chiederei ai miei colleghi di tirarmi una granitata per convincermi che non sto sognano ma è meglio non farlo perché, conoscendoli, me la tirerebbero sul serio" tutti risero ancora ed anche io accennai un lieve sorriso.

"Sono stati anni particolari questi, nel liceo. Sono certa che tutti noi li ricorderemo, nel bene o nel male, alcuni di noi potano via oggi solo bei ricordi, altri un po' più dolorosi. Tante cose in questi anni sono state guadagnate e perse ma sapete una cosa? Nel bene o nel male l'importante è che sia finita e sapete perché? Perché il momento di crescere è arrivato ed io personalmente non posso che esserne felice, ho amato ogni singolo giorno passato al McKinley ma non era una cosa difficile per me amare questo posto. Ho camminato fiera con la mia divisa da capo cheerleader per questi corridoio con la convinzione che non ci fosse vita fuori da queste mura, mi sentivo la regina del mondo ed adesso riesco solo a ridere di quanto fossi sciocca e superficiale a quel tempo" dissi accennando un sorriso.

"Non ero padrona di niente, neanche di me stessa. Ero una marionetta, tutti noi lo eravamo. Adolescenti guidati dagli istinti, da nulla più che il desiderio di essere popolari, rispettati e di sentirci grandi. Ma non eravamo grandi, non con le nostre stupide divise di poliestere né con la nostra assurda presunzione di sapere tutto. Siamo grandi quando impariamo a decidere per il nostro futuro, quando prendiamo a due mani il coraggio per toglierci la maschera che nasconde chi siamo davvero, quando troviamo la forza per amarci, amare e lasciarci amare" affermai sicura.

"Nell'ultimo anno io ho imparato ad amare me stessa, ho imparato a lasciarmi amare non rispettare, non temere, amare nel più profondo senso della parola. Ho conosciuto la vera Lauren, la vera me, quella che mi ha portato ad avere consapevolezza del mio essere e di ciò che era meglio per il mio futuro. Io mi auguro che tutti i miei colleghi diplomandi abbiano avuto la stessa fortuna che ho avuto io e abbiano trovato loro stessi in quest'ultimo anno. Mi auguro che siano cresciuti, che siano forti abbastanza per affrontare la vita oltre le mura della scuola, come lo sono io adesso. Grazie McKinley per avermi accompagnato in questi anni di crescita, grazie agli amici, quelli veri che mi hanno sostenuto, grazie alle persone che ci saranno sempre nel bene e nel male. E grazie a voi per avermi ascoltato senza sbadigliare nemmeno una volta, lo apprezzo molto" dissi scatenando in tutti una risata seguita da un applauso fragoroso in risposta al quale feci un profondo inchino avvicinandomi nuovamente al microfono per dire "Congratulazioni diplomandi del 2012 ed in bocca al lupo per il vostro, il nostro futuro".

Ritornai al mio posto tra gli applausi e trovai le braccia di Camila ad aspettarmi.
Mi voltai mettendomi in posa con lei e i nostri compagni per una foto di gruppo.

"I Diplomati dell' William McKinley Hight School classe 2012" urlò il preside Figgins tra gli applausi e tutti lanciammo in aria i cappelli saltando e abbracciandosi tra i sorrisi e le lacrime.

Continuavamo a ridere tra noi mentre il padre di Zayn ci scattava mille foto di gruppo, i genitori di Normani non smettevano di piangere mentre i miei sembravano quasi annoiati.
Dinah ci aveva comunicato che la sua casa al mare era a nostra disposizione e che avremmo potuto usufruirne dal giorno dopo in poi. Notizia che scatenò il delirio generale.
Brad stappò lo spumante facendoci letteralmente la doccia ed io non riuscivo a pensare di poter essere più felice mentre baciavo la mia Camz incurante della pioggia di bollicine che ci investiva.

Qualcuno si schiarì la voce alle nostre spalle e ci voltammo per venire investite dall'abbraccio di un piccolo ciclone castano.
"Sofi smettila, non respiro" disse divertita Camila mentre la bambina le si stringeva al collo riempiendole il viso di piccoli baci.

"Congratulazioni Lauren" disse la signora Cabello aprendo le braccia per una abbraccio che non le negai.
"Grazie signora" dissi educatamente.
Io ed il padre di Camila ci guardammo a lungo mentre la donna abbracciava la figlia maggiore.
"Congratulazioni" disse alla fine con aria grave, allungandomi una mano che strinsi accennando un sorriso di ringraziamento.

"Papà" soffiò Camila.
I due si scambiarono uno sguardo intenso poi l'uomo sorrise.
"Sono tanto fiero di te, piccola" disse aprendo le braccia per accogliere la figlia che si aggrappò in lacrime al suo collo.

Forse l'uomo non aveva accettato ancora appieno la nuova situazione ma almeno era deciso a non perdere del tutto i contatti con sua figlia e questo mi rallegrò.
Potevo accettare che non approvasse me, che non mi ritenesse abbastanza per lei, ma non avrei potuto sopportare di vedere la mia Camz rifiutata dal suo stesso padre per causa mia e, per fortuna, non era accaduto.

"Stasera party a casa Simpson" annunciò Brad già ubriaco. Tutti gridarono di approvazione ed io abbracciai Dinah stringendola forte prima che Normani un po' brilla ci raggiungesse unendosi al nostro abbraccio cosa che mi infastidì abbastanza anche se cercai di non darlo a vedere. D'altra parte era un giorno di festa, si poteva fare una piccola eccezione in fondo.
Anche Camila ci raggiunse ed io mi voltai per far scontrare le nostre labbra in un bacio dolce pieno di sorrisi.

"Congratulazioni amore" disse.
"Anche a te genietto" risposi picchiettando l'indice sul suo naso.
"Era bellissimo il tuo discorso"
"Tu sei bellissima" dissi baciandola ancora.
"Andiamo al mare da Dinah vero?" mi domandò.
"Hmm non vedo l'ora di vederti in bikini" scherzai mordicchiandole la guancia prima di abbracciarla lei rise e affondò il viso tra i miei capelli.

"TI amo" sussurrò.
"Anche io" risposi sorridendo sulla sua pelle "Ed è per sempre".
"Non dire per sempre" mi rimbeccò lei "E se poi ci porta male?!" disse terrorizzata.
Sorrisi.
"Ti amerò più che posso" mi corressi.
Lei finse di pensarci su.
"Si cosi va già meglio" disse lasciandosi andare ad una risatina che mi contagiò subito dopo la quale mi preoccupai di impossessarmi nuovamente di quelle labbra.














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ehyyy siamo quasi alla fine, mancano solo 2 capitoli tenetevi pronti !

Sto già pensando di trasformare altre storie brittana o di altre coppie in camren.

with somebody who loves meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora