*La mia buona ragione*
3 marzo
Si dice che c'è una buona ragione per tutto.
C'è o la crei tu.Hospital, Australia.
Ero nascosta dietro l'angolo quando capii di essermi persa definitivamente nel vortice dell'infinito. Sono passati due mesi da quel momento, io ho ancora 20 anni, tu, ancora 32.
Ti guardavo da lontano per paura, per non voler disturbare o essere guardata con quegli occhi di chi sa di avere difronte a sé una persona "malata"; quando ti guardano come se da un momento all'altro potresti spezzarti o addirittura morire, succede ancor prima.
Prendesti una bambina fra le braccia, eri di profilo e non riuscivo a vederti bene ma lei rideva, stava bene e quella era l'unica cosa che mi importava. Rimasi nascosta a lungo e non mi persi neanche uno dei tuoi movimenti più assurdi, mi piacevi, cavolo se mi piacevi.
Non mi persi di te neanche il più piccolo dei particolari: dagli occhi scuri e profondi ai capelli scombinati e comunque dello stesso colore intenso.
Non puoi neanche immaginare quante domande mi sono saltate fuori una volta rientrata in camera per aspettare le medicine che mi portava Betty - colei che si prende cura di me -
Da quel giorno, decisi che io sarei diventata un'infermiera ai tuoi occhi, non volevo farti vedere il mio dolore, non volevo farti vedere tutto ciò che avevo dentro, tutto ciò che da lì a qualche mese mi avrebbe spiazzata, definitivamente.Il giorno dopo, dopo aver avvertito tutti del mio ruolo, con un bel respiro e tanto tanto coraggio, decisi di attraversare quella barriera, io, Amanda Johns, decisi di scavalcare le mie paure, le mie insicurezze e tutti quei paletti che mi rendevano "non abbastanza" per un tipo come te, per un tipo intoccabile, prezioso; si, prezioso, prezioso perché se un uomo sa come far ridere una bambina non può essere cattivo. Rimasi qualche secondo dietro la tua schiena che paragonata alla mia statura mi faceva sentire piccola e ancora una volta, inutile; ma dovevo renderti "la mia buona ragione" e dovevo farlo in quel momento, in quel modo e in quello stato - con i capelli legati e il camice bianco di Betty -
«Ciao!» esclamai con voce stridula mentre il sangue cominciò a scorrere più velocemente, il battito del cuore superava il rumore di qualsiasi altra cosa intorno a me e le gambe le sentivo deboli quasi inesistenti, mi sembrava di star morendo e pensare che quella è una di quelle sensazioni che sento spesso mi fa strano, c'è una sola differenza: la causa saresti stata tu e resuscitare sarebbe stato altrettanto facile.
Ti girasti con uno scatto ed io feci un passo indietro temedo di averti spaventato, forse, neanche quel poco di trucco che mi ero buttata sul viso mi aveva reso bella davanti ai tuoi occhi ma poi sul tuo volto comparve un sorriso e quello, giuro, mi stese ancor prima delle tue parole.«Ciao» mi soffermai sul movimento delle tue labbra creato per emanare quella semplice parola ed io mica sapevo che sarebbe bastato così poco a mandarmi in tilt. «Ho fatto un po' tardi lo so, sarei dovuto andar via qualche minuto fa» iniziasti a ridere mentre guardasti tutti quei bambini che ti circondavano chiedendo di ritornare a giocare con loro e quel suono mi arrivò fin dentro le ossa, tanto che mi trascinasti con te in una piccola e leggera risata, quasi invisibile ma totalmente persa.
«Non ti preoccupare, puoi restare qui finché vuoi» precisai timidamente al tuo sguardo attento, così, abbassai il viso e girai su me stessa per andare via nascondendo la mia vergogna.
Però, tu iniziasti a camminare e mica lo immaginavo che avresti voluto continuare a parlare con me, mi fermasti prendendomi la mano ed io ti guardai senza riuscire a parlare, come vuoi comunicare quando le parole si ritrovano in difficoltà?! Quando addirittura il cervello sembra aver smesso di funzionare?! Ti guardai sorridendo e tu mi lasciasti la mano per grattarti la guancia quasi come se quella presa fosse stata di troppo o forse solo troppo sgarbata.«Volevo avvertirti che una bambina prima ha vomitato e…l'ho nascosto con qualcosa, quindi non prendetevela con loro, mi raccomando» iniziai a scuotere il viso senza riuscire a trattenere l'ennesima risata e tu mi guardasti come se fossi la cosa più bella al mondo e non mi va di pensare che era solo il modo in cui avrei voluto che tu mi guardassi.
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I'll stay among the stars... forever
Roman d'amour#romanzo Amanda Johns, ormai la sua casa è l'ospedale, soffre di tubercolosi e a quanto pare sembra aver accettato il suo destino, nettamente segnato, doloroso... Odia essere "malata" ma sa bene ciò che gli spetta, tuttavia, quando per puro caso, i...