Let It Burn

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Attenzione questa non è una esercitazione.

Attenzione prego: tutti gli studenti e studentesse risiedenti nell’ala est del dormitorio, sono pregati di recarsi il più rapidamente possibile nella sala comune.

Attenzione prego: mantenere la calma. E’ preferibile non accalcarsi nei corridoi. Si consiglia di coprire naso e bocca con un panno umido”.

Derek detestava il tipico frastuono metallico emesso da quei piccoli aggeggi infernali, comunemente denominati come sveglie, figuriamoci quale fosse il suo umore quando ad invitarlo a scendere dal letto fu un allarme incendio.

Isaac Lahey, il suo compagno di stanza lì al dormitorio, non era presente. Se questo da un lato lo fece tranquillizzare, dall’altro si domandò dove diavolo si fosse cacciato e soprattutto se ormai le fiamme si fossero divorate anche lui.

Nonostante l’incessante allarme ad occupargli i timpani, Derek si premurò di salvare dal rogo i volumi più antichi o interessanti che possedeva (li teneva sul comodino ed in un certo senso si imbarazzava ad augurargli la buonanotte ogni sera) e la sua solita giacca di pelle.

Se solo gli fosse stato concesso avrebbe accaparrato molti più oggetti e ricordi, ma venne letteralmente strappato dalla sua camera da uno degli assistenti del campus: Boyd, che impedì a Derek si rovesciarsi a terra per aver inalato fin troppo fumo.

Il ragazzo percorse l’intero corridoio che lo avrebbe concotto alla meta prestabilita in caso di emergenze del genere, stringendosi al petto i volumi e cercando di proteggerli avvolgendoli nella giacca. Desiderava dare meno nell’occhio ma il panico lo stava letteralmente assalendo: non aveva un buon rapporto con il fuoco, non che avesse mai confessato ad anima viva il suo tormentato passato, ma che non amasse esattamente i fiammiferi lo aveva intuito tutto il corpo studenti, quando al campeggio delle confraternite li aveva annaffiati affinché non fossero più funzionanti.

“Derek!” finalmente una montagna di riccioli d’oro fece capolino tra la folla: Isaac corse al suo fianco, tentando di mormorargli rassicurazioni ed invitandolo ad assumere un passo più svelto.

Una volta giunti nella sala comune, dove altri studenti erano riuniti per studiare o pasteggiare alla caffetteria, furono immediatamente assaliti da domande poste da coetanei ed insegnanti che si affrettarono a contattare i pompieri.

“Come è potuto accadere?” si domandava il rettore: un certo signor Deaton, mentre osservava quel gruppo di ragazzi impauriti e malmessi. Solo quando Derek iniziò a sentirsi tutti gli occhi puntati contro, si rese conto di essere impresentabile: indossava una felpa del suo vecchio liceo, dove campeggiava il logo: il muso di un lupo apparentemente poco amichevole.

L’aveva guadagnata con il sangue ed il sudore quella felpa, poiché era un dono che da tradizione riservavano solamente ai giocatori più astuti o capaci della squadra di basket e, in un certo senso, Derek si era ripromesso di indossarla per mantenere alto il suo onore.

Tralasciando il fatto che stesse indossando dei comodi pantaloni della tuta, il vero problema erano i piedi nudi: il parquet della sala comune non era riscaldato e tra il fatto di essere madido di sudore ed il fatto di non possedere un paio di calze, il freddo iniziò a farsi sentire.

“Der, andiamo a sederci ai tavolini con gli altri” apparentemente doveva essersi assopito nei suoi pensieri, poiché Isaac dovette scuoterlo, prima che finalmente le sue iridi verdi puntarono nella direzione dei tavoli.

Gli infermieri del campus visitarono uno ad uno gli studenti, consigliando al biondo di tenere avvolto l’amico nella coperta antipanico per un’altra mezzora. La caffetteria tentò in ogni modo di arginare il malumore e la paura dei ragazzi, a suon di zollette di zucchero e te caldo.

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