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"Derek, perché non vieni a sederti al tavolo con me e facciamo quattro chiacchiere?" la psicologa gli porse la mano, invitandolo ad accomodarsi su di una poltrona imbottita.

Derek certamente non pensava di odiarla, come avrebbe potuto odiare un estraneo? Questa era decisamente fuori discussione. Sicuramente non era un grande estimatore del suo metodo di lavoro: non aveva fatto altro che porgli una serie innumerevole di quesiti sul fatidico giorno.

Già perché il piccolo Derek Hale si rifiutava categoricamente di pronunciare la parola 'incendio': il solo nominarla gli portava alla mente una serie di ricordi talmente spiacevoli da offuscargli vista e olfatto.

Deciso a non dar retta a quella graziosa signorina, il moro fissò intensamente la manopola della porta del suo ufficio: un pomo d'orato e decisamente pesante (per lo meno così immaginava).

Il ragazzino osservava la donna alle sue spalle, attraverso il riflesso proiettato nella maniglia sferica, che alterava le proporzioni di quella stanza, facendola apparire decisamente enorme e ricurva.

"Andiamo Derek, prima concludiamo questa sessione e prima ti sentirai meglio" con tanto che la psicologa avesse un naturale tono di voce angelico, per il ragazzino quella melodia era tutt'altro che paragonabile a miele e dolciumi: non si sarebbe fatto ingannare dal suo buon viso, lui non avrebbe raccontato.

"E' necessario che tu elabori il dolore per poterlo superare" tentò ancora, inginocchiandosi a terra nonostante Derek fosse decisamente alto per gli standard medici della sua età.

"E' diverso: lei vuole che io dimentichi, cosa che non potrei mai fare dato che si tratta della mia famiglia" le concesse una risposta rapida e concisa, frutto di pugni serrati e di una enorme quantità di saliva e lacrime ingoiate.

"Voglio semplicemente aiutarti. Non voglio che tu sprechi la tua vita, macerandoti nel dolore. Nessuno è imputabile per questo incidente: la vita molto spesso è credule. Puoi svegliarti e raggiungere i novant'anni, come puoi restare vittima di un banale incidente, attraversando la strada per raggiungere il panettiere difronte".

La rabbia iniziò a montare nel giovane corpo di Derek.

"Fandonie" disse stizzito, meno che mai volenteroso di collaborare con quella sapientona di probabilità statistiche di morte.

"Derek, questo discorso potrai comprenderlo solamente se mi permetterai di alleviarti la sofferenza che ti logora dentro. E' crudele e spietato ma fondamentalmente è inutile versare lacrime per chi ci ha abbandonato: la loro anima ha già lasciato questo mondo e non potranno più tornare indietro.

"Stia zitta!" sbraitò, lanciando un poderoso pugno contro le assi in mogano della porta.

"Loro torneranno. Questo è solo un dannatissimo incubo e lei è stata inviata di dalla polizia. Le sembro così stupido? Ho origliato lo sceriffo domandarle di sottopormi più quesiti possibili per ricostruire l'incidente e un plausibile colpevole" sospirò affannato come avesse appena tagliato il traguardo di una maratona in collina.

"Quello che la polizia doveva sapere è già stato detto" proferì, come sentenza conclusiva.

"Non voglio trattarti come un bambino Derek, è chiaro che sei molto maturo per la tua età e per questo voglio essere trasparente con te: hai un disturbo, devi essere aiutato. Quando in centrale ti hanno domandato di fornire un identikit, hai disegnato il tuo volto" pareva quasi dispiaciuta che una giovane vita si fosse bruciata in quel modo.

"Non è forse così? Probabilmente i miri genitori nemmeno si sono resi conto di essere soffocati nel sonno ma Laura...se solo avessi insistito maggiormente, a quest'ora si sarebbe salvata" utilizzò un tono così gelido che perfino una voce meccanica e preregistrata sarebbe apparsa più accomodante e calorosa.

CherofobiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora