18- My love

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Il tragitto verso casa di Niccolò è durato meno di dieci minuti, ma a me è sembrata un'eternità. Forse perché ho una strana frenesia che percorre il mio corpo, dalla testa ai piedi. Ho voglia di capire cosa pensa, cosa prova in questo momento. Ho la sensazione che posso ancora riparare e che il danno non sia irreversibile.

Arriviamo in una stradina privata. Ci sono villette a destra e a sinistra. Carlo accosta quasi all'inizio della via.
La villa si estende su tre piani, è molto ampia, esternamente c'è un recinto di mura ma si riesce ad intravedere che sul retro c'è una piscina.
Tutto intorno ci sono alberi a coprire la vista delle facciate.

Poco dopo il nostro arrivo ci raggiunge Niccolò con il suo suv, apre il cancello ed entra.
Io mi sento bloccata, non riesco ascendere dall'auto.

-Amy non devi pensare, devi essere onesta e dirgli cosa provi. Abbatti quel muro che hai alzato. Vedrai andrà bene. Io vado da Giorgio, dormo da lui questa sera. I genitori sono fuori per lavoro. Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, chiamami.

Scendo dall'auto, mentre chiudo lo sportello saluto Carlo con un cenno della mano e mi avvio verso il cancello dove Niccolò mi sta aspettando. Saluta Carlo anche lui e mi fa strada verso casa.

Percorriamo un vialetto laterale che porta direttamente al lato piscina, è davvero enorme come l'avevo immaginata con ombrelloni e lettini ai bordi.

Allato ci sono delle vetrate che corrispondono al salone.
Entriamo. C'è un tavolo molto grande con sedie che sembrano quasi ottocentesche, un divano angolare spazioso e un mobile che occupa tutta la parete.
Mi sento intimorita da tutto questo sfarzo. Non sembra casa sua, lui è così semplice, non penseresti sia così ricco guardandolo.

-Accomodati Amy – dice indicando una delle sedie.

Si reca in cucina e torna con due lattine di coca, si siede e inizia a fissarmi. Non capisco il perché, così incuriosita chiedo:

-Perché mi stai fissando?

-Interessante che tu mi chieda perché io ti sto fissando. Sto cercando di capire cosa pensi.

-Eh Nicky, posso chiamarti così?-annuisce- in questo momento sto pensando a tante cose, forse troppe, ho la mente in fiamme.

Mi accorgo che nonostante sia seduto di fronte a me, è molto lontano, sembra impostato, non riesco a capire perché abbia accettato divedermi. Forse vuole mandarmi affanculo guardandomi in faccia e dicendomi lo schifo che prova per me, e come biasimarlo.

Decido in un istante che se è davvero questo il momento del cambiamento per me, devo accettare qualunque sconfitta mi porti. Ora devo affrontare i miei demoni e le mie paure. Così apro il mio cuore tutto d'un fiato:

-Allora inizio dal principio. Quando avevo dodici anni mia madre è morta in un incidente stradale. Carlo all'epoca era il mio migliore amico. Ho abbandonato tutti, compresa me stessa. Ho iniziato a frequentare cattive compagnie e non so neanche come ho fatto ad ottenere i risultati che ho avuto a scuola.
In queste cattive compagnie ho incontrato Boris e la sua ragazza Lucrezia. Abbiamo iniziato a passare interi pomeriggi insieme. Boris raccoglieva i soldi e si preoccupava di portare l'erba e le birre. E questo dal primo liceo. Un pomeriggio a casa di Boris, più o meno tre anni fa ho incontrato Stefano, il ragazzo che hai visto prima. Questo è tutto.

Il suo volto ha uno sguardo impercettibile, non traspare alcuna emozione e inizio a pensare che di lì a poco l'unico scenario possibile sarà la mia uscita dalla sua vita, ma con mio grande stupore risponde:

-Sai qual è la cosa che più mi stupisce?- dice prendendo la mia mano appoggiata sul tavolo- tu davvero non hai vissuto nulla.
Penso che di fronte a me, proprio in questo momento ci sia la vera Amy e quella che ho incontrato al bar la prima volta era solo la tua corazza, fatta di rifiuti e volgarità.

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