5-Incontro con la mia coscienza

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E' sabato mattina. Mi sveglio e guado l'orologio: sono le dieci.
La casa sembra vuota. Stefano è andato via alle quattro. Non sento nessun rumore.
Non trovo neanche Boris e Lucrezia, saranno usciti, penso.
Controllo il cellulare: c'è un messaggio di Betty delle otto e trenta.

-Ciao tesò tutto bene stanotte? Io alla grande, ci sentiamo pomeriggio ok?

Rispondo molto brevemente: Si tesò tutto ok, a dopo.

Decido di uscire da questa casa. Non so perché ma questo posto che frequento ormai da anni mi sembra vuoto, senza colore.
Non è la prima volta che dormo qui, ma è la prima volta che mi sento davvero sola.

Mi avvio verso la stazione per tornare a casa.
Mi sento un po'stordita dalla sera prima, anche se non ho bevuto molto.
Passo davanti al bar dove ho incontrato il ragazzo sbadato e qualcosa mi spinge ad entrare.
Devo fare ancora colazione.

Faccio un passo indietro: No Amy non devi assolutamente entrare, non puoi rischiare di incontrarlo di nuovo.
Incurante della mia vocina interiore entro mi avvicino al bancone chiedendo alla barista:

-Un cappuccino per favore e può portarlo al tavolo? Grazie.

Mi siedo al tavolino guardandomi intorno, ma del ragazzo misterioso dell'altra sera non c'è traccia.
Ad un certo punto incrocio lo sguardo di un ragazzo seduto al bancone: carnagione scura, altezza media, capelli corti e occhiali da sole indosso: è Carlo, il mio migliore amico durante le scuole medie.

Immediatamente lui prende il suo cappuccino e viene a sedersi al mio tavolino.

-Porca puttana, ma guarda chi devo incontrare stamattina- e subito mi abbraccia forte quasi a volermi fare arrivare con la sua stretta il suo enorme affetto.

-Ehy Amy, da quanto tempo non ti vedo, come stai? Che mi racconti?

-Ciao Carlo è davvero bellissimo incontrarti, quanto tempo è passato. Che ci fai qui?

Carlo ha diciotto anni, mi conosce dalla prima elementare. Abbiamo frequentato anche le medie insieme durante le quali ha capito di essere gay. Siamo stati inseparabili fino alla morte di mia madre, poi ci siamo allontanati lentamente, finché lui ha iniziato il liceo classico e io lo scientifico.

-Eh Carlo, che ti racconto, nulla di nuovo. La scuola ok, il resto la solita merda.

-Ho saputo di quale merda parli, ma dico, cazzo Amy proprio con quello stronzo di Stefano.

Resto quasi senza parole. Penso: ma come sa lui queste cose?
E poi, mi parla quasi come se non ci vedessimo da un giorno. Un po' perplessa rispondo:

-Eh sì!..

-Senti Amy, sono anni che non ci vediamo ma so bene tutto quello che hai fatto in questi anni, Piangipane è molto piccolo come paese. Per me sarai sempre l' amica delle elementari, la mia confidente delle medie, l'unica che mi ha davvero spinto ad accettarmi per quello che sono. Lo sai che ti devo molto. Quante volte ti sono venuto a cercare al primo liceo, ma eri sempre da Boris.

Le sue parole mi stanno scatenando una confusione enorme. Lui appartiene al passato. A quel passato col quale ho chiuso. Quindi taglio corto:

-Ok ora però basta a rompermi il cazzo. - lo aggredisco verbalmente con la speranza la smetta di scavare nelle mie emozioni. Sono un totale casino in questo momento e non ho voglia di fare i conti con la mia coscienza, sono entrata nel bar solo per fare colazione.

-Va bene scusa scusa- dice alzando le mani quasi in segno di arresa- voglio solo dirti che ci tengo ancora tanto a te e per me sei rimasta l'amica migliore di sempre. Sai che sto insieme a Giorgio? E' un bravissimo ragazzo, ha 18 anni e fa la scuola industriale. Stiamo insieme da due anni. Gli parlo sempre di te.

-Va bene Carlo, io ora però devo andare, devo andare a casa.

Ho quasi divorato il mio cappuccino, non riesco a restare qui.
Non posso davvero ascoltare un'altra parola, oggi per me è davvero troppo.
Carlo sta scrivendo qualcosa su un pezzo di tovagliolo.
Mi alzo di scatto dal tavolo e mi da questo bigliettino dicendo:

-E' il mio cellulare, chiamami se hai voglia o se hai bisogno.

Prendo il il biglietto, pago e vado via a passo svelto.
Mentre cammino verso la stazione mille pensieri affollano la mia mente: Ma perché proprio oggi dovevo incontrarlo e cazzo, tanti altri giorni ,proprio oggi. Non ce la faccio a sopportare questa resa dei conti.

Guardo il biglietto tra le mani, prendo il cellulare e registro il numero.
So di averlo allontanato dopo la morte di mia madre. L' ho sempre associato agli anni in cui mia madre era viva e dopo la sua morte ho voluto cambiare totalmente tutto: amici, stile, vita.
Nulla doveva essere più collegato a lei e nulla doveva ricordarmi il periodo in cui la mamma era viva.

Arrivo a casa e salgo di corsa nella mia camera: l'incontro con Carlo ha riaperto una ferita troppo grande, una ferita che non sono ancora pronta ad affrontare. Cosi mi butto sul letto e inizio a piangere.

Osservo la mia stanza tutta al buio e mi addormento tra le lacrime.
È ormai mezzogiorno.

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