Capitolo 18

19 2 0
                                    

Il 1964 fu l'anno della consacrazione dei Beatles, i quali avevano già esordito due anni prima e pubblicato diversi album: ma la loro partecipazione allo show del conduttore televisivo Ed Sullivan, e l'uscita del loro primo film "A hard day's night" - il quale riprendeva in nome dall'omonimo singolo - avevano portato all'esplosione di una vera e propria Beatlemania, che aveva dato vita ad un cambiamento della musica, del modo di vivere e della moda occidentale; le linee morbide e classiche degli abiti di fine Anni Cinquanta avevano lasciato il posto a geometrie nette, squadrate, audaci come il futuro a cui pensavamo di andare incontro tutte le mattine: la prima a cavalcare l'onda di questa nuova moda fu Marta, quando ci ritrovammo tutte per la nascita di Sofia, la primogenita di Aurora e Sergio, una calda mattina di inizio luglio, precisamente il 4, quello dell'Indipendenza Americana.
La facilità con cui era passata dai tailleur e i Rayban alla Jacqueline Kennedy al caschetto e i vestiti gamine tipici della Swinging London rivelava quanto cercasse disperatamente di attaccarsi a un qualsiasi riferimento per sopperire alla sua tacita mancanza di sicurezza.
Dopo il parto Aurora le fece i complimenti per quel suo nuovo look.
<< Sai una cosa? Quando rientrerò all'università mi farò anch'io il caschetto beat. Fosse mai che le mie colleghe mi accusassero di essere fuori moda... >> commentò, mentre allattava la piccola Sofia.
Al contrario di Marta, lei era una persona dalle certezze estremamente solide.

                                      ***

Qualcosa si smosse nell'ormai piatta e incolore vita della mia migliore amica il pomeriggio del 14 agosto, quando accese la radio e capitò per caso su di una stazione che non aveva mai ascoltato, tale Radio Guaracita.
Andava in onda dalla sede principale di una catena di balere, La Guaracita, di proprietà dell'imprenditore radiofonico dominicano Radhames Aracena.
<< Buenas tardes, amici ascoltatori al di qua e al di là dell'oceano... Oggi voglio proporvi una cosa nuova, un genere che già esiste da un po' nella nostra bella Repubblica Dominicana ma che è stato ingiustamente snobbato. Signore e signori, Josè Manuel Calderon con la sua bachata "Borracho de amor"! >> introdusse la voce del famoso conduttore.
Non appena quel ritmo familiare cominciò a diffondere le sue note all'interno della camera da letto dei giovani coniugi Martinez, Marta si alzò in piedi e tornò con la mente indietro nel tempo, a quella sera del 15 giugno 1961, quando, scappata con noialtre dalla festa di Mauricio inseguendo Julian Delgado fino alla baraccopoli fuori città, aveva ballato la bachata con lui per la prima volta, e poi ne era sopraggiunta una seconda, e una terza, fin quando la sua adolescenza non era finita bruscamente con l'entrata del marito nella sua esistenza.
Aveva ballato sia con il giovane granjero sia con Valentin, insegnandone i rudimenti anche ad Eugenio, ma dei tre solo Delgado generava nella sua testa ricordi felici, sereni, senza il tormento dell'amore impossibile per Martinez né l'infelicità per una vita di bugie accanto all'uomo che aveva sposato.
Ricordava i loro incontri ai magazzini del mercato di Santo Domingo, le sue imboscate dalla siepe di villa Martinez, le prove con lo spaventapasseri Juanito che mai gli avrebbe rivelato altrimenti l'avrebbe presa in giro fino alla fine dei giorni.
C'era solo la camicia da notte lì, da usare come "partner di ballo", ma se la fece andare bene e cominciò, un passo dopo l'altro, quella danza umile e passionale che le aveva cambiato la vita.
<< Marta, ma che fai? >> la voce di Eugenio la fece trasalire.
<< Oddio, Eugenio! Mi hai, anzi, ci hai fatto prendere un colpo! >> sussultò la Montenegro, riferendosi sia a lei che al bambino che portava in grembo.
<< Lo farai prendere tu a Julia, con questa musica tenuta così alta! Ma che cosa sei, un'adolescente? >> commentò Martinez stizzito, andando ad abbassare drasticamente il volume della radio.
<< Guarda che non l'ho sentita piangere, quindi mica sono stata io a svegliarla! >> ribatté infastidita Marta.
<< Ma cosa vuol dire? E poi comunque ti stai sforzando troppo! Sei incinta, per di più all'ottavo mese, te lo devo ricordare io? >> replicò risentito Eugenio.
<< Appunto, sono incinta, non malata. Ti vorrei ricordare che aspettavo Julia quando mi hai portata in viaggio di nozze in giro per l'Europa, per due settimane! Cosa vuoi che mi facciano due passi di danza? >> sbottò lei.
<< A volte mi sembra di stare a parlare con una ragazzina, piuttosto che con una donna! Non potevi fare come tua cognata, che si sfrutta tanto anche lei, ma almeno lo fa studiando e laureandosi per costruire qualcosa di concreto? No, invece tu balli! >> le rinfacciò lui.
<< Non sono Aurora, porca puttana! Sono io, e se non ti vado bene allora me ne vado, o te ne vai tu! >> si alterò l'una.
<< Che carattere di merda che hai! Non si possono scambiare due parole con te! >> rimbeccò l'altro.
Quando smise di parlare, si sentì subito un pianto disperato: le loro urla avevano svegliato bruscamente la loro figlia.
<< Complimenti, eh... Dicevi tanto a me e alla musica, quando invece sei stato tu a svegliarla! >> tagliò corto Marta, spegnendo la radio e correndo - per quanto ormai il suo stato glielo consentisse - dalla sua primogenita. Il loro matrimonio dopo due anni sembrava una pentola a pressione pronta a far saltare il coperchio in aria, e con esso tutta la verità.

                                       ***

La situazione parve acquietarsi quando la Montenegro diede alla luce il suo secondogenito, il 17 settembre del 1964: per la gioia di suo padre e della contessa sua nonna, il bambino era un maschio, e venne chiamato Enrique. Al contrario della sorella maggiore, il neonato aveva "staccato la faccia" ad Eugenio; fortunatamente questi era troppo contento per notare le differenze tra i due bambini e arrivare alla verità sui natali di Julia.
Per me che invece sapevo tutto, l'assenza di Valentin fu eloquente più di mille parole, ma al fianco di Rico - anche lui al settimo cielo per essere diventato zio per la seconda volta - tutte le mie paure sembravano attutite; il fatto, poi, che Aurora proprio il giorno prima avesse preso trenta e lode all'esame di Diritto Privato - uno dei più difficili del primo anno di Economia e Commercio - sopperiva alla mancanza del giovane Martinez riempiendo la scena per due. Aveva giurato di essere un'ottima madre e al contempo la migliore del suo corso, e a un anno di distanza da quella decisione aveva tenuto fede ad entrambe le promesse: Sofia cresceva forte e sana, e la sua media universitaria era del ventinove.
Non ci nascose di sentirsi pronta per un altro figlio, e questo atteggiamento da superdonna, alle orecchie di Marta che aveva appena partorito, suonava estremamente fastidioso, non tanto perché lo ritenesse strano o sbagliato, quanto perché le ricordava nuovamente che aveva passato anni a fare la spavalda per poi rivelarsi tutta fumo e niente arrosto, mentre quell'amica che lei sfotteva e criticava in continuazione era stata l'unica a fare le scelte giuste al momento giusto: sotto quel cervello fino, nascosto dietro un caschetto biondo più bombato del suo per via della base riccia dei capelli, esisteva un disegno preciso che la Navarro aveva cominciato a pianificare a partire dai suoi quattordici anni, quando giurava che non sarebbe mai diventata povera, a quattordici anni, quando c'era ancora Trujllo al potere e i Martinez non avevano ancora conosciuto lutti né crisi.
Proprio come la sua alter ego Amy delle "Piccole donne".
La Montenegro si concentrò sull'allattamento del piccolo Enrique, cercando di non percepire quanto stesse diventando soffocante quella prigione dorata.

                                      ***

A partire dal 14 agosto la bachata cominciò ad occupare un posto sempre più importante nelle classifiche radiofoniche dominicane e degli altri paesi di lingua spagnola: dopo il pioniere Aracena con la sua Radio Guaracita, fu la volta di Cuco Valoy di Radio Tropical e di Josè Tabar Asilis de La voz del Tropico.
Era l'unica nota positiva di un anno che avevamo sperato come bellissimo e che invece non vedevamo l'ora di lasciarci alle spalle: il 1964 era stato caratterizzato dalla Guerra del Vietnam, e l'esplosione della Beatlemania non aveva completamente distolto l'attenzione dalle indipendenze degli ex Paesi coloniali conquistate col sangue, soprattutto gli Stati dell'Africa Centrale; alcuni erano ridiventati monarchie o imperi, altri invece repubbliche, come il Kenya, che il 12 dicembre aveva eletto come presidente Jomo Kettanya, storico leader indipendentista; senza contare la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, a cui non bastava neanche più la Terra: da anni ormai le due superpotenze si litigavano anche lo spazio, esportando i loro rancori sulla Luna, su Venere, su Marte.
A lungo avevamo sognato un mondo nuovo, solo che per averlo avevamo pagato e continuavamo a pagare un prezzo altissimo.






A passo di bachata Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora