Capitolo 19

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La ragazza li aveva condotti nella cantina di un locale lì vicino, sostenendo che fosse sicuro e che solo lei ne conoscesse la posizione.
Troppo scossa da quello che era appena successo, Enola non si lamentò e accetto al volo la proposta dell'altra.
Adesso si trovavano intorno al piccolo caminetto che riscaldava quell'ambiente così cupo e freddo. Tewkesbury era disteso a terra, con qualche coperta e qualche veste sotto la testa, come cuscino. Enola gli stava medicando la ferita, disinfettandola. Ogni tanto gli accarezzava la fronte, giocherellando con qualche ciocca di capelli che gli ricadeva sugli occhi, ancora chiusi.
«Sembrate molto legati...state insieme?»
«Cosa?! No!» esclamò Enola.
«Beh...scusa...è solo che...insomma! Lui è assolutamente cotto di te...si vede da come ti guarda, sai...? E tu...non lo so, insomma...hai chiaramente paura di perderlo...e non mi sembra solo amicizia»
«Cosa?! Cosa stai insinuando? Io e Tewkesbury siamo solo buoni amici, e poi...ah, lascia stare!» esclamò, nascondendo il suo evidente rossore dovuto all'imbarazzo del momento.
«Beh, credo che neanche tu stessa ti sia accorta dei tuoi sentimenti verso di lui...»
«Cosa credi di sapere tu, su di me?!»
«I-io...scusa, hai ragione...io...non dovevo immischiarmi. Perdonami» si scusò l'altra.
«Non importa...tu invece, perché ci hai aiutati?»
«Avevo le mie ragioni»
«Volevi scappare, vero?»
«Non sono affari tuoi» distolse lo sguardo.
«Va bene, almeno posso sapere come ti chiami?»
«Mary»
«Beh, sai già come mi chiamo. E anche come si chiama lui, suppongo...» la guardò freddamente. Dopotutto, quella era l'oca che avrebbe sposato Tewkesbury, se non ci fosse stata lei ad intervenire!
«Si...e dal tuo sguardo intuisco che tu non fossi così entusiasta della situazione che si era creata...» ghignò incrociando le braccia al petto.
«Divertente! Davvero...» sorrise falsamente Enola.
«Io fossi in te non negherei quello che tu stessa sai essere vero...»
«Ti ho già detto che non sono affari tuoi. E piantala!»
«Va bene va bene...se non ti interessa...io ci farei un pensierino...è un bel tipo..., piuttosto interessante, direi» sorrise, maliziosa. Enola, forse senza nemmeno rendersene conto, la fulminò con lo sguardo. L'altra alzò le mani al cielo, come per arrendersi, ma nascose un ghigno, piuttosto divertita dalla sua reazione

Enola alzò gli occhi al cielo, poi tornò al suo lavoro. Prese di nuovo a carezzare il viso di Tewkesbury, delineandone i tratti. La sua pelle era liscia e morbida al tatto, e i suoi tratti da ragazzino stavano lasciando il posto a quelli di un uomo. La mascella era diventata più evidente, le guance si erano leggermente incavate, facendo notare maggiormente gli zigomi. Le sopracciglia si erano inarcate  e infoltite un po' di più, esaltando la forma degli occhi, così belli e grandi. Aveva inoltre mantenuto più o meno la stessa lunghezza di capelli di quando la ragazza glieli aveva tagliati, (per passare inosservato) o addirittura gli aveva accorciati ancora un po', evidenziando la forma del viso. Enola aveva sicuramente sempre notato il bell'aspetto del ragazzo (sarebbe stata ipocrita a dire il contrario), ma adesso che aveva avuto l'occasione di guardarlo da vicino, ne era rimasta piuttosto colpita..."e va bene...parecchio, colpita" pensò la ragazza, tra sé e sé.
Più lo guardava, e più ne rimaneva incantata, esaminando ogni suo particolare. Quando si soffermò sulle sue labbra, una strana sensazione si fece strada dentro di lei. All'improvviso, un desiderio di sfiorarle, toccarle, e...assaporarle...si insinuò nella sua mente. Avvertì le farfalle nello stomaco, e per l'imbarazzo che provava a causa dei suoi stessi pensieri, divenne di un porpora piuttosto acceso in viso.
«Enola...» sussurrò il ragazzo, con voce roca.
«Tewkesbury!» sorrise la ragazza, sollevata dal suo risveglio. Senza che se ne rendesse conto, le lacrime le riempirono gli occhi, un po' per la gioia, un po' per liberarsi di quel peso che la opprimeva.
Come se non fosse lei a controllare il corpo, si avvicinò al viso di Tewkesbury e premette la fronte contro la sua, accarezzandogli i capelli.
«Ehi...» sussurrò il ragazzo, vedendola in quello stato. Senza pensarci due volte, la avvicinò al petto e la fece stendere quasi su di lui, stringendola forte a sé.
«Va tutto bene...sono qui ora. È tutto ok...» le disse all'orecchio, passandole una mano tra i capelli e accarezzandole la schiena.
Quando la ragazza sollevò di nuovo la testa, i loro occhi si incrociarono, e si persero in quegli sguardi che solo loro sapevano scambiarsi. Lei sorrise, ancora piangendo, e lui le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per soffermarsi poi sulla sua guancia, accarezzandogliela dolcemente. Le asciugò le lacrime e sfiorò la sua pelle, facendo poi cadere lo sguardo sulle sue labbra. Dio, quanto avrebbe voluto baciarle e sentirne il sapore...Vide la ragazza abbassare lo sguardo, forse un po' imbarazzata dal modo in cui fissava le sue labbra, così la guardo negli occhi. Anzi, si perse ad osservare ogni minimo particolare. I suoi capelli, castani ma con qualche riflesso più chiaro, così morbidi e ondulati, che le incorniciavano perfettamente il sorriso...le sue sopracciglia, che la rendevano così espressiva e talvolta così buffa e al tempo stesso adorabile...il suo naso, così tenero e perfetto secondo il ragazzo...poi gli occhi, nei quali si perdeva ogni qualvolta si fermasse un attimo in più per osservarla, così espressivi e attenti, che erano in grado di scrutare e percepire qualsiasi cosa, accompagnati da una mente brillante come la sua. E, infine, quelle sue maledette labbra... così dannatamente irresistibili, che il ragazzo fece fatica a trattenersi dall'avvicinarsi e baciarla con tutta la volontà che aveva in corpo. Semplicemente, Enola. La perfezione, ai suoi occhi. Durante l'ultimo anno la ragazza aveva assunto completamente tutti i tratti di una giovane donna, e, se prima c'era speranza, adesso Tewkesbury aveva assolutamente perso la testa per la giovane Holmes. Completamente.
Realizzò tutto questo, quando entrambi i ragazzi si stavano, seppur lentamente, avvicinando l'uno all'altro. Trattenne il respiro e sentì le famose farfalle nello stomaco, che nell'ultimo periodo sembravano essersi completamente stabilite dentro di lui, quando vicino a lui si trovava Enola.
«Ehm-ehm...» si schiarì la voce Mary, dietro di loro. Tewkesbury notò una nota di irritazione, disappunto e quasi...dispiacere, nell'espressione di Enola. Decise che ne avrebbe sicuramente fatto un'analisi approfondita più tardi.
«Detesto interrompervi, ma volevo avvisarvi del fatto che mentre eravate impegnati a scambiarvi sguardi da innamorati, io ho preparato la cena. Spero sia di vostro gradimento»
«Non.. non siamo innamorati!» esclamò Enola, (fingendosi) indignata.
Mary rise, perché anche se Enola le aveva risposto in quel modo (e avrebbe giurato che stesse fingendo), il ragazzo non sembrava pensarla allo stesso modo. Bastò guardarlo, infatti, per capire quanto fosse visibilmente contrariato. Abbassò lo sguardo, quasi affranto, e le fece quasi pena.
Enola, dal canto suo, avvampò fino alle orecchie, allontanandosi dal ragazzo, che giurava le fosse sembrato quasi...dispiaciuto e...contrariato...per quello che lei aveva detto poco prima. Decise di non pensarci: avrebbe sicuramente perso la sua sanità mentale di lì a poco.
Distolse lo sguardo, e fece per sollevarsi da terra, quando si sentì afferrare dal braccio.
«Ehi...stai bene?»
«Si, non preoccuparti per me. Adesso ti porto da mangiare, non muoverti»
«D'accordo...» rispose il ragazzo.

Poco dopo Enola gli porto un piatto con qualche pezzo di carne e un po' di pane.
«Grazie» fece per sollevarsi, ma stava per cadere di nuovo a terra, dolorante e senza forze. Enola lo afferrò all'istante, e lo aiutò a mantenersi dritto.
«Ce la fai?» chiese Enola.
«Si...si, ce la faccio»
Il ragazzo iniziò a mangiare. Enola aveva finito da un po', e stava davanti a lui con le braccia incrociate, a fissarlo.
«Ehi...sto bene, tranquilla»
«Hai gli occhi lucidi e rossi, come la tua faccia» gli disse Enola.
«Non è niente, io-» venne interrotto dalla ragazza, che gli portò immediatamente una mano alla fronte.
«Mio dio...sei bollente!»
«Cosa? No io...»
«Hai la febbre, Tewkesbury» alzò gli occhi al cielo Enola, non riuscendo però a nascondere quel velo di preoccupazione, che la assaliva terribilmente negli ultimi giorni.
«Stai giù» gli disse spingendolo di nuovo verso il basso. Lo fece stendere e gli rimboccò le coperte. Poi preparò dei bagnoli, e gliene poggiò uno sulla fronte.
«Scotti...» sussurrò Enola, con la voce tremante e gli occhi lucidi, senza riuscire a nascondere più la paura.
«Ehi...è solo febbre. Non preoccuparti. Passerà» sorrise lui, rassicurante. La ragazza sorrise di rimando, ma non sembrò essersi tranquillizzata più di tanto.
Preparò un altro bagnolo, e lo sostituì all'altro.
«Sei carina quando ti preoccupi...Aggrotti le sopracciglia in modo buffo» sorrise Tewkesbury, guardandola.
Enola arrossì violentemente.
«E anche quando arrossisci...» sorrise ancora, divertito. A quel punto, Enola non poté arrossire di più.
«Di' un po'! Ti diverti?!»
«Abbastanza» ghignò lui.
«Beh, stai a sentire, visconte Irritazione, marchese di Fastidiolandia, ti ucciderò io stessa...prima che lo faccia quell'uomo o qualunque altra cosa, che sia questa febbre o no!»
"Hai paura che io muoia?» chiese incuriosito, con una nota di divertimento nella voce.
«Giuro che ti faccio fuori, Tewkesbury!» lo fulminò con lo sguardo, Enola.
«Il che ci porta al terzo punto: sei carina anche quando ti arrabbi...» sorrise ancora.
La ragazza sgranò gli occhi, per il resto non cambio molto sul suo viso: aveva già raggiunto da tempo il limite del suo rossore.
Fece per alzarsi, quando il ragazzo la trattenne.
«Ti prego, resta qui» la implorò, serio, il ragazzo.
Lei allora si chinò e Tewkesbury la tirò a sé, più stretta che poté, tanto da poter godere l'uno del calore dell'altro.
All'inizio sentì la ragazzi irrigidirsi, sorpresa dall'azione del ragazzo, ma poi la sentì rilassarsi e, anzi, avvicinarsi di più a lui. Ciò lo fece sorridere, e avvicinò il capo alla sua testa, per affondare il suo naso tra i capelli morbidi, per poterne annusare il profumo. Così, entrambi cullati dai respiri sempre più pesanti dell'altro, si addormentarono, con un sorriso dipinto sulle labbra.

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