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LIAM POV'S

Odio la mia routine, odio la mia sveglia, odio la mia scuola, odio la mia famiglia, odio me stesso.

Anche oggi come ieri e come l'altro ieri mi sveglio alla stessa ora, nella stessa camera, nella stessa casa, con la stessa voglia di svegliarmi. Ciabatte, sette passi pesantemente strascinati, bagno, doccia.

Davanti allo specchio i miei capelli gocciolano sul lavandino e la mia faccia e sempre la setta come tutti i giorni, e come tutti i giorni i due cerchi violacei sotto i miei occhi sono più viola di quelli di ieri. Esco dal bagno prima di rompere l'ennesimo specchio di mia madre con un pugno, mi vesto con i soliti vestiti, ho un sacco di paia di pantaloni tutti neri t-shirt dello stesso colore e felpa con il cappuccio in testa che si bagna grazie ai miei capelli ancora gocciolanti, odio asciugarli, come odio sistemarli, quindi li lascio cadere sugli occhi.

Affermo lo zaino e le chiavi della macchina, per poi scendere in cucina ancora scalzo. Il caffe mi aspetta sul bancone, come tutti i giorni, due zollette di zucchero, anche se poi mi lamenterò che è troppo dolce le metto comunque entrambe, tre biscotti anche se ne mangerò solo uno. Mamma rivolta verso il lavandino a fare non so cosa con l'entusiasmo di tutti i giorni, si gira e con un sorriso che conteggerebbe anche i sassi, ma non me, mi dice: <<Buongiorno amore! Dormito bene?>>

Cosa gli rispondo che non ho dormito neanche oggi, si preoccupa già abbastanza, non credo sia semplice sapere che il tuo unico figlio, è stato diagnosticato come "instabile", ma non è colpa sua, lei svolge bene il suo lavoro di madre. Lavora duro, paga le bollette, e ci manda avanti; io lavoro dopo scuola in una caffetteria per dare una mano ma non mi ha mia permesso di pagare le bollette, neanche la spesa; secondo lei devo vivere la mia gioventù e investire sul mio divertimento ciò che guadagno, ma più che per le sigarette che stanno dentro il cruscotto della macchina, non spendo soldi, quindi ho una scatola piena di banconote nell'ultimo cassetto in camera mia. Un giorno ci faro qualcosa ho li darò a mia madre per ora non mi servono.

Quindi gli rispondo come tutti i giorni:<<Giorno. Si mamma ho dormito alla grande.>>

Mi passa un bicchiere d'acqua e le mie pastiglie, aspetta che butto giù tutto, mi da un bacio un'po triste sulla testa e mi dice:<<amore io vado, per qualsiasi cosa chiamami, lo hai il telefono?>> gli rispondo con lo sguardo incollato allo schermo del telefono anche se è ancora spento <<certo mamma, non preoccuparti, buona giornata!>>esce con la borsa in spalla e le chiavi della macchina che tintinnano in mano urlando: <<Fai il bravo, ti voglio bene!>>.

Mi alzo dallo sgabello e mi dirigo alla porta mi infilo le scarpe prendo lo zaino e le chiavi e esco spegnendo le luci.

Salgo in macchina esco dal vialetto di casa dirigendomi a scuola, attacco il telefono allo stereo ma la musica non la accendo, oggi mi da fastidio ogni cosa.

Vado al mio solito parcheggio, perché tutti lo sanno il parcheggio in fondo al angolo appartiene a Liam Henry Wilkinson, ma oggi, cosa che non succedeva da due anni dopo aver picchiato a sangue Robert Dixon per aver parcheggiato sul mio posto, nessuno lo aveva occupato, oggi però c'è una piccola Cooper rossa con il tetto bianco messa storta, ed è proprio sul mio parcheggio. Punto primo: chi cavolo compra una Cooper come macchina, punto secondo: chi ha osato occuparmi il posto non sa neanche guidare perché un parcheggio cosi non è degno di qualcuno che ha seriamente a patente; e poi cosa sta succedendo oggi, tutti vogliono farmi irritare per forza, partendo dallo specchio del mio bagno. Parcheggio poco più in là del orribile Cooper, che si è messa sul mio posto, recupero le mie sigarette dal cruscotto assieme all'accendino e scendo ricacciando il cappuccio in testa; chiudo la macchina appoggio una sigaretta sulle labbra cerco di accenderla, ma il mio accendino come tutto il resto, oggi non collabora, dopo non so quanti tentativi lo scaravento a terra facendolo rompere in mille pezzettini di plastica nera; ne calpesto un paio passandoci sopra con le mie vans trasandate, appoggio la mia sigaretta dietro l'orecchio e mi avvio al entrata. Oggi non è giornata.

Beyond the limitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora