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L'agenzia per modelli di Jeffrey Major sorgeva dalle parti di Hollywood West.
Daniel percorreva ogni giorno lo stesso tragitto da casa propria al lavoro e viceversa, concedendosi delle deviazioni soltanto quando doveva sbrigare delle faccende o quando si recava al Seraphim, sempre per questioni lavorative. Non era tipo da riempire le sue giornate con altro. Si era trovato a letto con Claud Blake dopo mesi in cui non aveva avuto rapporti intimi con altri uomini e, nonostante quel diversivo si fosse dimostrato piacevole, non poteva fare a meno di sentirsi a disagio per avere ceduto con tanta facilità.

Entrò nell'edificio di due piani che ospitava l'agenzia di Jeffrey, circondato da verde, caratterizzato da un tetto spiovente, di uno sgargiante colore fucsia. Al suo interno la struttura si presentava come un enorme loft, diviso in altezza da soppalchi, quasi del tutto priva di pareti interne, lasciando che si reggesse su pilastri portanti. Come ogni cosa che aveva a che fare con il suo capo, l'ambiente manifestava uno stile tra l'elegante e il kitsch, tipico di Jeffrey che, per quanto riguardava l'arredamento, aveva dei gusti alquanto discutibili.

I colori predominanti erano il nero, l'argento, il bianco e il fucsia. Tutto aveva un aspetto moderno, minimalista, arricchito da qualche rara piantina agonizzante e delle stampe fotografiche che ritraevano le punte di diamante dell'agenzia. Anche Claud, per anni, aveva potuto vantare di trovarsi tra la rosa dei modelli più gettonati dell'azienda, ma aveva lasciato il suo lavoro, sparendo addirittura qualche settimana prima dall'effettiva scadenza del suo ultimo contratto.

Era difficile lavorare con persone che sembravano essere state ritagliate dal mondo delle perfezione, dove la bellezza fisica smetteva di essere soggettiva e tutti parevano condividere le stesse movenze, le stesse idee, come se fossero prodotti in serie. C'erano anche eccezioni notevoli, ma, pure lì, tutto si basava sull'aspetto fisico, dove una persona più bassa delle altre, più in carne, rispecchiava soltanto un altro punto della scala della beltà, senza porre tanta differenza sul piano intellettuale.

In parole povere, con i suoi colleghi, Daniel si sentiva a suo agio come un pesce fuor d'acqua.

Il ragazzo sospirò e si avvicinò al bancone della reception, salutò gli impiegati, così algidi da sembrare dei manichini. Girò intorno al mobile e si diresse all'interno della stanza che si apriva alle spalle, entrando nel suo ufficio.

Era una delle poche camere "canoniche" presenti nella struttura, con quattro pareti, una finestra stretta che si apriva sul parcheggio dell'agenzia. C'erano tre scaffali carichi di fascicoli, book fotografici, documenti; una piccola scrivania in metallo, di cui uno dei lati poggiava contro un muro, e tre sedie dal design moderno e di doversi colori: nero, fucsia e giallo. L'ufficio era abbastanza piccolo da risultare claustrofobico, ma a Daniel piaceva isolarsi dal mondo, rifugiarsi lì dentro; adorava il suo lavoro e, soprattutto, amava lavorare per Jeffrey Major.

Si sentì arrossire e scacciò dalla mente il ricordo della notte con Claud, per evitare che il cuore gli esplodesse a causa dell'ansia che lo assaliva ogni volta che prendeva in considerazione l'ipotesi che Jeffrey potesse scoprire dell'accaduto. Non sapeva nemmeno se Claud avesse rivelato ad altri di essere tornato, perciò si sentiva come se si muovesse sul filo di un rasoio, da un lato sempre fedele e dalla parte di Jeffrey, dall'altra già traditore.

Era una situazione estenuante e lui non era tipo da sotterfugi; non ne aveva mai avuto bisogno, non si era mai trovato nella condizione di vedersi coinvolto in situazioni ambigue, né come vittima, tanto meno come carnefice.

Si era appena sfilato il cappotto, riponendolo nell'appendiabiti, e qualcuno entrò senza bussare, spalancando la porta di colpo. Non si stupì più di tanto di quella irruzione, dato che esisteva una sola persona, lì dentro, che osava invadere gli spazi altrui senza annunciarsi: dopotutto, era il proprietario.

LIARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora