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Ancora una volta, Claud era sparito dalla circolazione. Quella sera, dopo avere chiuso con Daniel l'agenzia, Jeffrey si era deciso di passare da casa dell'amico – anche se gli era difficile reputarlo ancora tale, dopo il loro ultimo incontro – e sincerarsi delle sue condizioni di salute.

Mancava da lavoro già da una decina di giorni e, proprio come Amber, anche Jeffrey non credeva alla storiella che il giovane fosse malato. L'unico che si era dimostrato restio a non dubitare di Claud era stato Keith, perché anche Ryan e Daniel avevano avuto da ridire riguardo quella situazione. Nonostante tutto, mesi prima, Jeffrey aveva eletto direttore del Seraphim proprio Keith, perciò se lui non aveva intenzione di porre rimedio ai capricci del suo serafino, l'uomo non avrebbe di certo messo ancora bocca in quella storia, nonostante lui fosse il proprietario del locale.

Tuttavia, iniziava a preoccuparsi per lui, anche se si detestava per quei sentimenti di cui reputava Claud non meritevole.

Quando giunse nel grattacielo in cui si trovava l'appartamento del giovane, Jeffrey scoprì che Claud mancava da casa già da un paio di giorni. Il portiere di turno al palazzo non seppe rispondergli riguardo la destinazione del signor Blake, limitandosi a riferirgli  che era andato via per il weekend, e l'uomo percepì una certa tensione irrigidirgli le spalle. Non sapeva spiegarne la ragione, ma, a quella scoperta, la sua preoccupazione si fece più pressante, anche se Claud non era affatto nuovo a quel genere di sparizioni.

"Magari mi sento in colpa" si disse, mentre il suo autista lo conduceva fuori da Los Angeles, imboccando la strada principale che portava al Topanga State Park, "Abbiamo litigato di brutto ed è fuggito... da me?" si chiese, mentre intorno alla limousine scorreva il paesaggio selvaggio della zona. La natura si stava lentamente risvegliando, nonostante mancasse ancora un po' all'inizio della stagione primaverile, ma le temperature si erano già fatte più miti durante il giorno e sembrava che l'inverno li stesse velocemente abbandonando.

Il cielo era tinto di colori sanguigni, che ammantavano di suggestive pennellate il tramontare del sole. Quando Jeffrey si trovò davanti la casa di Keith e scese dall'auto, si concesse un paio di istanti per contemplare il paesaggio, riempiendosi gli occhi della bellezza quasi incontaminata che caratterizzava quella zona.

Erano presenti soltanto delle rade e piccole abitazioni, realizzate con materiali naturali, che ben si mimetizzavano nel paesaggio, proprio come la villetta di Keith che, dall'esterno, si presentava come una struttura a un solo piano, realizzata in pietra grezza, con un giardino fiorito sulla sinistra, delimitato da un grande albero, un vialetto centrale che conduceva verso i tre gradini che introducevano al patio e una zona sterrata dove, in quel momento, si trovavano posteggiati un pick-up e una jeep. Il primo apparteneva a Keith e, sicuramente aveva visto giorni migliori, mentre la seconda, verde militare, era di Evan.

Jeffrey la riconobbe subito: grazie a Keith, era riuscito ad appianare i propri trascorsi con Evan, con cui aveva condiviso la propria famiglia per anni, detestandolo e vedendolo come un rivale nella propria corsa alla conquista dell'affetto di suo padre. Jeffrey Major Senior aveva disconosciuto Evan, che non era suo figlio biologico, da qualche mese, dopo avere divorziato dalla madre del giovane. Nonostante non fossero neanche più parenti a livello legale, proprio in quel periodo i due si erano avvicinati e Jeffrey aveva iniziato a vedere in Evan un fratello, scoprendo in lui il significato reale della parola "famiglia".

L'uomo sentì un cane abbaiare, i suoi pensieri vennero interrotti, mentre il sole calava del tutto oltre l'orizzonte, e vide la bestiola sbucare da dietro la casa nel giro di pochi secondi, mentre inveiva contro di lui, come se lo stesse esortando ad allontanarsi da lì. Jeffrey aggrottò la fronte, mentre Rocky continuava a proteggere il suo territorio, scuotendo con vigore la folta coda bruna, mostrandogli i denti. Era di media grandezza e ricordava un pastore tedesco, anche se le sue orecchie spesso si ripiegavano su se stesse e il muso era meno lungo e affusolato di quello di un vero cane di razza. Il manto era di un caldo colore caramello, chiazzato da macchie scure.

LIARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora