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Il suono assordante della sveglia mi riporta alla realtà. Niente uccellini che cinguettano e niente odore di pancake per la casa, il che vuol dire solo una cosa. È appena iniziata un'altra lunga settimana.
Se penso che fino a otto giorni fa ero nella mia casa a Verona, circondata da tutti i miei affetti e ignara di come la mia vita sarebbe cambiata di lì a pochi giorni, mi vengono i brividi. Delle volte mi capita di pensare a quanto sia imprevedibile la vita. Di come in un attimo possa cambiare tutto. Ricordo a proposito una citazione di John Lennon: ''La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati a fare altri progetti''

Ed è proprio vero.

Se mi fosse stato detto qualche anno fa, che un giorno mi sarei allontana da Verona per trasferirmi altrove, non ci avrei mai creduto. È incredibile, anche spaventosa l'imprevedibilità della vita. Passiamo le nostre giornate a progettare i giorni, i mesi e gli anni a venire, senza guardare e vivere i momenti. Senza pensare al  presente.
Progettiamo come se avessimo le chiavi del nostro futuro e la certezza che un domani ci sarà. La verità, per quanto dura e pessimista possa essere, è che noi non abbiamo la certezza di niente.
Oggi ci siamo, domani potremo non esserci. La nostra vita può finire o cambiare quando meno l'aspettiamo. E non possiamo fare nulla per impedirlo.

La vita, il cambiamento, non danno segnali, non ti mandano una notifica per dirti che stanno arrivando. Ma arrivano e basta.
E travolgono;
distruggono;
Uccidono;
E forse a volte, migliorano.

Dopo aver finito la mia seduta filosofica quotidiana, mi alzo e comincio a prepararmi per recarmi a scuola.
La giornata è soleggiata come ieri, anche se un leggero venticello settembrile muove dolcemente le foglie degli alberi.
Opto per un outfit basic, jeans skinny neri, una maglia bianca a maniche corte e una giacchetta a vento sempre nera. Indosso le mie inseparabili vans, prendo il mio zaino rosso, lo stesso dalla prima media ed esco di casa. Mio padre mi sta aspettando nel vialetto di casa a bordo di una Nissan Qashqai blu elettrico, la macchina provvisoria che gli è stata prestata da un collega dell'ospedale, che ormai non usava più, nell'attesa che arrivi in negozio la nuova macchina che ha ordinato.

Arrivata a scuola, entro subito nell'edificio anche se mancano ancora diversi minuti all'inizio delle lezioni. Decido di saltare la colazione al bar per andare subito in classe e approfittarne per ripassare per la verifica di Inglese della prima ora.
Entro in aula speranzosa di essere sola, ma trovo Alessia seduta al suo banco;  anche lei sta rileggendo le pagine su Shakespeare, autore su cui verterà il compito.
Lei non alza nemmeno lo sguardo, se ne sta con il volto chino sul libro, con il viso coperto dalla sua folta chioma di ricci. Sul banco tiene una bottiglietta suppongo vuota di succo di frutta e varie cartacce di merendine finite.
Mi dirigo al mio posto, dietro di lei e solo dopo essermi seduta la saluto.
Lei si gira di sbiego verso di me e mi sorride, senza dire niente.
Capisco che è meglio non prestarci troppa attenzione, quindi tiro fuori il libro di inglese e comincio a ripassare.

Dopo poco tempo, essendo suonata la campanella, l'aula comincia a riempirsi di ragazzi che caciarosamente si sistemano ai loro posti. Entra pure David seguito da Edoardo ed entrambi vengono verso di me.
''Ehi Aria, già qui? Pensavo ti saresti saltata il compito non vedendoti al bar'' mi dice David chinandosi per darmi un veloce bacio sulla guancia.

È un ragazzo dolcissimo.

''No, ho preferito andare in classe per ripassare con più tranquillità, sono un po' in ansia'' gli rispondo. Nel frattempo lui si siede al suo posto, dietro di me e accanto a Giulia, la quale non mi saluta neanche.
''Sta tranquilla, sono sicuro ti andrà benissimo. Ma se dovessi avere bisogno, mi trovi dietro di te'' mi dice con tono scherzoso facendomi l'occhiolino.
''Anche io sono molto in ansia'' ribatte accanto a me Edoardo cercando di imitare la mia voce, riuscendo a infastidirmi immediatamente. Non faccio nemmeno in tempo a rispondere che il professore entra in classe, quindi mi siedo e aspetto che mi venga consegnata la verifica.

Il compito fortunatamente è molto semplice e riesco a finirlo in poco tempo, quindi consegno e il professore mi fa uscire dalla classe. In corridoio vedo Alessia, seduta in un banchetto disposto ad angolo con la bidelleria, intenta a fissare il telefono. Il look total black con il quale è vestita, felpa e jeans scuri, mettono in risalto la sua pelle bianca e candida. Oggi la vedo più solitaria e meno loquace del solito, così mi avvicino sperando di poter parlare un po'.
''Come ti è andata la verifica? Ho notato che hai consegnato quasi subito'' le domando mentre mi appoggio leggermente con le mani nel banchetto dove è seduta.
Lei alza lo sguardo, squadrandomi dalla testa ai piedi, posa il telefono e con tono un po' scocciato mi dice un secco: '' Ho consegnato in bianco. ''
E subito dopo si alza e va via.

Non capiró mai questa ragazza.

Nel frattempo altri compagni hanno finito il test e a mano a mano stanno uscendo dall'aula. Mi avvicino a David, che non tarda a chiedermi come mi è andato il compito. Gli sto per rispondere dicendo che ho svolto tutte le domande e quindi sono molto fiduciosa quando qualcuno mi viene addosso, facendomi cadere per terra.
'' Luce, ma guarda dove vai. La stavi ammazzando'' urla David contro la ragazza che mi ha fatto cadere, per poi chinarsi subito per aiutarmi a rialzarmi.
''Aria stai bene?'' mi chiede  con tono preoccupato.
Faccio cenno di sì, mentre mi appoggio alla sua spalla per rimettermi in piedi.
''Esagerato, non l'ho nemmeno sfiorata, si è buttata di proposito'' risponde la biondina responsabile del livido che sicuramente mi spunterà sul gomito nei prossimi giorni.
Mi rendo subito conto che non è la prima volta che io e Luce ci scontriamo, avevamo già avuto un frontale il primo giorno di scuola. Da quel giorno, nonostante siamo in classe insieme, non abbiamo più parlato.
''Luce, le cazzate raccontale alle tue amiche va bene? E vedi di scusarti con Arianna.'' dice secco David, prendendomi il braccio dolorante e osservandolo con occhio clinico. Luce per tutta risposta va via con nonchalance senza dire una parola, seguita dalle sue amiche, tra cui Giulia. Cammina facendo oscillare la sua lunga coda di capelli biondi che le arriva fino al sedere, particolarmente accentuato dagli aderenti leggins rossi che indossa.
''Lasciala perdere Aria, Luce è un po' particolare, l'importante è che tu non ti sia fatta troppo male.'' mi dice David mentre rientriamo in classe.
Gli faccio un cenno con la testa per rassicurarlo del fatto che va tutto bene e vado al mio banco, pronta per altre quattro ore di lezione.

Mentre provo a prendere appunti della spiegazione di Latino, fallendo miseramente  visto che il professore parla a macchinetta, un bigliettino  tutto accartocciato mi viene passato da Edoardo. Lo apro e leggo il suo contenuto: 'che è successo in corridoio con Luce?'
Volgo lo sguardo verso di lui e lo scopro a fissarmi. Distolgo immediatamente gli occhi e gli rispondo spiegandogli brevemente l'accaduto. Glielo passo velocemente e torno a concentrarmi sulla lezione.
Pochi secondi dopo, mi passa un altro biglietto.

Non può aspettare la fine dell'ora invece di mandarmi questi stupidi bigliettini?

Lo prendo sbuffando e guardandolo di sbiego. Lui di contro, mi sorride.
'E ti sei fatta male?'
Gli rispondo di no, scrivendogli anche di smetterla altrimenti il professore ci avrebbe scoperto.

E contro le mie aspettative, mi da ascolto e si mette a seguire la lezione.

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