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'' Aria, il taxi ci sta aspettando sotto casa e sai che tuo padre è poco paziente, sbrigati a venire.''
La voce di mia 'madre' oggi più che mai mi dà il voltastomaco.
Non mi interessa se mio padre si spazientisce o si arrabbia, per me può pure fare tutte le scenate che vuole, oggi non sono proprio dell'umore per alzarmi dal letto, figuratevi poi per cosa: prendere un aereo che distruggerà per sempre tutti i miei obiettivi e i miei sogni che avevo costruito in diciasette anni di vita a Verona.
È da quando la mia vera madre ha deciso, quando avevo sei anni, che la vita di città la annoiava e se n'è andata con chissà chi a vivere sulle montagne in stile nonno di Heidi, che mio padre fa un errore dopo l'altro. O meglio, ha sofferto e soffre ancora per mamma, però per coprire questo suo tormento interiore fa solo scelte sbagliate.

Per dirne una, ha deciso di colmare la sua mancanza di amore con la donna più insopportabile del pianeta Terra. Luciana e mio padre si sono conosciuti in ospedale, lui stava per diventare primario e lei era ai primi anni di specializzazione, infatti si differiscono diversi anni. Un po' come i professori che si innamorano delle studentesse, per capirci.

Fatto sta che Luciana è entrata in casa mia quando avevo solo cinque anni e per farmi pesare meno l'abbandono di mia mamma, come se si potesse, dal primo giorno si è sempre fatta chiamare mamma. O comunque è come pretende che io la chiami. In realtà il mio non è un vero e proprio odio per lei, perchè comunque non mi ha mai fatto nulla e anzi, è sempre venuta  alle mie recite scolastiche, è sempre stata disponibile ad accompagnarmi ovunque. 

Credo che la me bambina in un certo senso, veda in quella donna bassina dai capelli castani e gli occhi neri come la notte, la causa della separazione dei miei genitori quando in realtà, crescendo, cominciai a capire sempre più che lei non c'entra niente.

''Arianna, tuo padre si sta spazientendo, puoi venire per favore?''
Pur di non sentire più la sua voce stridula, mi alzo dal letto e abbandono per sempre quella stanza, mio rifugio nei momenti più bui.

Mentre la mia Playlist indie scorre e sento la voce confortante di Gazzelle nelle orecchie, con la valigia in una mano e la carta d'identità nell'altra, comincio a fare per l'ultima volta un giro in quella camera, che per diciassette anni mi aveva protetta e confortata.

Chiudendo gli occhi riesco ancora a vedere la mia stanza fino a due settimane prima di sapere del trasferimento. Riesco a vedere le migliaia di foto appese alle pareti, dalle foto di classe della prima elementare a quelle del ballo della scuola. Vedo la scrivania colma di libri, penne e fogli di ogni tipo.
Rivedo il letto con sopra il mio fedele computer aperto su Netflix.
Ma soprattutto, ricordo tutti i bei momenti passati in questa camera.
Dai preparativi prima di una festa con le mie amiche, quando nella stanza c'erano più vestiti e trucchi che persone. Ma soprattutto ricordo le nottate con Tommaso. Quelle notti in cui lui veniva sgattaiolando dalla finestra per non farsi sentire, quelle notti in cui ci bastava solamente stare abbracciati, e quegli abbracci e quei baci a fior di labbra che contavano più di mille parole.

La mia vita era così bella. Certo, mi mancava mia mamma, ma col tempo ci avevo fatto l'abitudine. È inevitabile che crescendo, soprattutto nel periodo delle medie, mi siano sorte tantissime domande sul perché mia mamma mi avesse abbandonato, e non riuscivo proprio a capirlo. Fortunatamente mio padre, non mi aveva mai fatto mancare nulla e aveva sempre represso ogni mio brutto pensiero e la mia tendenza ad addossarmi le colpe per la scelta di mia madre, spiegandomi che proprio io, in quella brutta storia, ero solo la '' vittima'' e non la causa.

Non ho dei ricordi molto nitidi degli anni passati con lei, so solo che ci somigliamo moltissimo. Da lei ho preso i capelli neri e gli occhi nocciola e in parte, anche la corporatura.
Infatti, come lei, ancora oggi che ho diciassette anni, non sono molto alta ma mantengo un fisico magro, frutto anche del metabolismo veloce, preso sempre da lei.

L'ultima cosa che vorrei in questo momento è lasciare questa camera, questa casa, questa città.
Mio padre, altro errore di questi ultimi tempi, ha deciso che la vita a Verona annoiava pure lui, ma essendo un uomo con un solido e importante lavoro sulle spalle, che gli è costato tanti sacrifici e avendo due persone a casa da tirare su, non poteva di certo andare a pascolare caprette.
Così, una volta divenuto primario, cominciò a chiamare i suoi vari colleghi universitari, fino a quando un suo amico di Brindisi non gli disse che il loro primario di Pediatria era andato in pensione e che ne cercavano un altro. Mio padre, non facendoselo ripetere due volte, in meno di tre settimane sbrigó tutte le varie faccende burocratiche, prenotó i biglietti dell'aereo, prese un appartamento e ci fece preparare le valigie. Tutto questo, ovviamente, a mia insaputa.

Scostando via i pensieri, prima che ricominci a piangere e soprattutto prima che vengano a calarmi giù con la gru, apro la maniglia, chiudo quella porta per l'ultima volta, e mi dirigo all'ingresso.
*

''Avvisiamo i gentili passeggeri che il volo BA2492 diretto a Brindisi partirà con due ore di ritardo a causa del cattivo tempo al centro sud.'' Fantastico, penso.
'' Oddio, due ore in aeroporto, come faremo adesso!'' Luciana, come sempre, si lamenta. Istintivamente le lancio uno sguardo fulminante, proprio per farle capire che qui quella arrabbiata potevo essere solo io. Mio padre si accorse subito dei miei modi gentili, tanto da ricambiare lui l'occhiataccia per Luciana e allontanarsi con lei, portandola in giro per i negozietti dell'aeroporto in cui anche un paio di calze te le fanno pagare dieci euro.

Mio padre tratta Luciana come una bambina, si differivano sette anni, ma comunque lei è una donna grande e vaccinata dotata di intelligenza e parola e non ha bisogno dell'avvocato difensore ogni volta, o meglio, di una banca portatile visto che ogni desiderio che esprime è un ordine. Anche perchè Luciana, al secondo anno di specializzazione, si è stancata di Medicina, buttando all'aria otto anni di studio e sacrifici e ha deciso di cambiare completamente mestiere.

Decido comunque di staccare la testa da mio padre e la sua compagna e dedicarmi a riflettere. Faccio ripartire la Playlist Indie ed entro su WhatsApp.
15 messaggi non letti
Scorro gli innumerevoli messaggi del gruppo con le mie amiche senza nemmeno leggerli e apro la chat con Tommaso.

Amore mio:
Ari sei già in aereo? O sei già arrivata? Non so quando leggerai questo messaggio, in ogni caso, sappi che ti amo. Ci vediamo presto, te lo prometto.

Ho due ore di ritardo dell'aereo, posso videochiamarti? Mi manchi già.

Trenta minuti passati, nessuna risposta. ''Si starà allenando e lo sai che quando è in palestra non controlla il telefono Arianna, non farti subito paranoie.'' mi dico.
Quaranta minuti dopo il telefono vibra.

Amore mio:

Vieni all'ingresso, vicino ai controlli. Sono qui.

A tre passi da teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora