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Non penso esista stagione più bella dell'autunno. L'aria comincia a rinfrescarsi dopo i lunghi mesi di caldo estivo, la pelle perde l'abbronzatura e torna al suo colore naturale. Le foglie cominciano a cadere dagli alberi, creando una coperta variopinta alle radici dell'arbusto. Si abbandona il bikini e si rimette la felpa, si chiudono in un barattolo le conchiglie raccolte in spiaggia e si riprendono i libri di scuola. La temperatura si abbassa, per strada si cammina con l'ombrello nello zainetto e la sciarpa intorno al collo. Il thè o la cioccolata calda al bar diventano una routine irrinunciabile.

E proprio perché questa stagione porta con sé una miriade di piccoli cambiamenti che la amo.

Oggi è proprio una tipica giornata autunnale. Il cielo è coperto, a tratti una leggera pioggerellina cade dall'alto. Il vento muove dolcemente le foglie degli alberi, le quali ricadono al suolo. Affacciandomi dalla grande finestra bianca in camera mia, posso percepire una temperatura frizzantina, quindi scelgo d'indossare un maglioncino bianco e il mio fedelissimo cappotto color cammello. Mi sistemo per l'ultima volta i capelli appena piastrati, cercando inutilmente di farli stare dritti fallendo miseramente ,in quanto in meno di un secondo tornano a ripiegarsi sulle punte. Dopo l'ennesimo tentativo fallito mando al diavolo tutto e raggiungo mio padre fuori dal cancello di casa.

Il consueto tragitto in macchina verso scuola si svolge in silenzio religioso, il che mi aiuta a riflettere e a organizzarmi mentalmente le cose da fare in giornata.

Arrivata a scuola con largo anticipo, decido di saltare nuovamente la colazione al bar e mi dirigo in classe.
Spero di trovarla vuota, ma appena varco la porta le mie speranze svaniscono.
Infatti, seduta al suo banco in terza fila a destra trovo Luce, circondata da Giulia e Nevea, le sue fedelissime amiche.
Entro facendo finta di non vederle, ma subito Luce si alza e mi si avvicina.
''Ciao Arianna, come va il gomito? Mi dispiace se ieri ti sono venuta contro.'' Mi dice a pochi passi dal mio banco.
Ha nuovamente i capelli acconciati in una coda alta, un semplice trucco che va a risaltare i suoi occhi neri leggermente allungati. Le labbra invece sono tinte di un rossetto color carne, che le fa apparire più carnose di quelle che sono in realtà.
''Ciao, non preoccuparti va tutto bene, grazie per esserti scusata'' le rispondo educatamente, felice per questo suo interessamento.
''Vedo che sei subito diventata amica con Foster, ieri mi è sembrato molto preoccupato per la tua caduta.'' mi dice di rimando

Noto subito che le ragazze alle sue spalle si scambiano occhiate e ridacchiano e potrei scommettere che anche Luce si sta trattenendo dal farlo.
Decisa a stroncare subito la conversazione non capendo il perché della sua domanda rispondo: ''Il primo giorno di scuola Carlotta Dago mi ha presentato i suoi amici, tra cui David. È un ragazzo molto gentile e dolce, siamo andati  d'accordo fin dal primo momento''
Lei, dopo aver assunto un'espressione meravigliata aggiunge: ''Quindi tu conosci anche Carlotta?''

Annuisco, non capendo ancora una volta il suo stupore.

A quel punto Luce si gira verso le sue amiche, le quali stavolta ridono sfacciatamente, intima loro di smetterla - risultando comunque poco credibile - per poi tornare con lo sguardo su di me e dire: ''Carlotta è strana, non ti conviene mischiarti con le sue paranoie e i suoi problemi. E in quanto a David... Sta attenta.''

Non faccio nemmeno in tempo a risponderle che quest'ultimo entra in classe, seguito da Alessia ed Edoardo e allo stesso tempo, Luce torna al suo posto. 
''Aria non mangi più? Mi fai preoccupare'' mi dice David avvicinandosi al mio banco.
''Non preoccuparti, in queste mattine preferisco fare colazione a casa, in modo da poter entrare subito a scuola per ripassare o finire i compiti.'' Gli rispondo.
''Secchiona'' mi dice ridendo Edoardo, il quale ignoro deliberatamente.

''Menomale, pensavo che Alessia ti avesse contagiato con la nausea mattutina che le impedisce di fare colazione.'' Risponde gettando un'occhiata all'amica, la quale non lo guarda nemmeno ma si limita a sistemarsi il cappuccio della felpa rossa sulla testa per poi sedersi al suo banco.

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