11. Di quando Hermione si dedicò al volontariato

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Se c'era una cosa di cui Hermione Granger in Weasley era riconoscente, era di avere nella propria vita Emily Perkins, la migliore assistente che potesse esistere nell'intero Mondo Magico.

Da quando Ronald Weasley e Harry Potter le avevano comunicato — con la stessa leggerezza con cui si confesserebbe di aver sbagliato a comprare il giusto modello di assorbenti, nel reparto d'igiene intima al supermercato — di essere innamorati da anni e di volere il divorzio dalle rispettive mogli, l'unica persona che aveva permesso ad Hermione di non perdere la bussola era stata proprio Emily Perkins.

La giovane assistente aveva ascoltato ogni lamentela della Ministra, aveva asciugato ogni lacrima e aveva cercato di essere più presente e precisa che mai, nel ricordare gli appuntamenti e gli argomenti delle riunioni; il tutto senza mostrare il minimo segno di incertezza o di giudizio.

I primi due giorni erano stati, per Hermione, i peggiori in assoluto, ma non aveva demorso e aveva fatto il possibile pur di riempire la propria agenda di riunioni e impegni, così da essere sicura di avere il minor tempo libero possibile e, di conseguenza, minori possibilità di pensare a Ronald e al divorzio.

Aveva funzionato, non in modo impeccabile, ma meglio di quanto Hermione avesse preventivato.

Continuavano ad esserci dei momenti in cui lo sguardo le scivolava sulla ventiquattrore, dalla quale non riusciva ad estrarre i fogli del divorzio, per paura di affrontare la fatalità di ciò che rappresentavano; continuavano ad esserci dei momenti in cui Hermione estraeva dal cassetto della scrivania la foto incorniciata che raffigurava la sua famiglia e non poteva fare a meno di scoppiare a piangere; continuavano ad esserci dei momenti in cui la Ministra partecipava alle riunioni con la stessa indifferenza con cui avrebbe assistito ad una partita di calcio babbano.

Sì, i primi due giorni dopo la grande rivelazione furono sicuramente i peggiori, poi lentamente le cose migliorarono e, con sempre meno frequenza, Hermione si trovò a pensare a qualcosa che non fosse il lavoro.

Con sua grande sorpresa, si rese ben presto conto che, se sentiva il bisogno di sorridere, le bastava pensare alla cena che aveva avuto con Draco Malfoy qualche sera prima e rievocare lo sguardo intenso che, per qualche secondo, le era stato lanciato da oltre il tavolo; bastava quel ricordo per mandarle il viso in fiamme e farle comparire un sorriso a metà strada tra l'imbarazzato e il compiaciuto sulle labbra.

Una delle molte domande che le erano sorte spontanee dopo la cena al Ristorante La Laguna fu come avesse fatto a non notare ad Hogwarts, quando lo aveva continuamente sotto gli occhi a lezione e in Sala Grande, quanto fosse avvenente Draco Malfoy.

Possibile che non avesse davvero mai notato la profondità dei suoi occhi grigi? O il modo elegante in cui intrecciava le dita affusolate sotto il mento quando era soprappensiero?

Più rifletteva su certi dettagli, più si rendeva conto che doveva essere vero quel detto babbano secondo il quale "la bellezza delle persone nasce dagli occhi di chi le guarda", o la variante secondo la quale "la bellezza esteriore delle persone nasce dalla loro bellezza interiore".

Sì, doveva essere stato un miscuglio tra quei due modi di dire babbani, il motivo per cui Hermione non aveva mai notato l'avvenenza dell'ex compagno di scuola.

Come avrebbe potuto notare la sua bellezza, quando tutto quello che le suscitava Draco Malfoy, ad Hogwarts, erano rabbia e ribrezzo; entrambe le emozioni dettate dalla superficialità e arroganza del ragazzo?

Ora la situazione era diversa, Malfoy non era più il ragazzo bigotto di un tempo, l'aveva ammesso egli stesso; era cresciuto e si stava impegnando ad essere una brava persona, ecco perché anche il suo aspetto esteriore iniziava ad apparire agli occhi di Hermione più intrigante.

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