14. Di quando Harry e Ron adottarono un gatto

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Quel sabato mattina, Harry si svegliò a causa del frastuono proveniente dal piano di sotto.

Rigirandosi nel letto ebbe la conferma di non avere Ron accanto a lui e una punta di apprensione lo spinse a sollevare il capo e con gli occhi appannati dal sonno e dalla mancanza di occhiali, osservò la porta socchiusa della camera da letto: «Ron? Va tutto bene?»

Dal piano di sotto giunse la voce del rosso, particolarmente acuta: «Sì, ho fatto cadere un bicchiere... ops!»

Harry aggrottò la fronte e allungò il braccio, così da recuperare dal suo comodino gli occhiali e indossarli. La stanza si fece improvvisamente meno sfocata, mentre Harry si chiedeva cosa diavolo stesse succedendo al piano di sotto.

Considerò, per qualche secondo, l'idea di raggiungere il proprio compagno nello stato di semi nudità in cui si trovava in quel momento, un sorrisetto malizioso sulle labbra sottili, poi si chiese se al piano di sotto non ci fosse qualcuno e decise di indossare il leggero kimono rosso, che gli era stato regalato da Ronald qualche anno prima.

Ancora mezzo assonnato, rischiò di cadere per le scale, a causa dei gradini troppo stretti.
Il suo battito cardiaco raggiunse in pochi secondi una velocità preoccupante e dovette prendere qualche respiro profondo per farlo tornare alla normalità, mentre continuava la discesa, aggrappato al corrimano.

«Guarda che casino che hai combinato!»

Harry si bloccò ai piedi della scale e la sua espressione si fece ancora più sospettosa: con chi stava parlando Ronald?

Harry approfittò della moquette grigia e triste, che gli permetteva di camminare verso il salotto senza produrre alcun tipo di rumore, per raggiungere il compagno nel più completo silenzio.

La scena che gli si presentò di fronte, gli fece aggrottare profondamente la fronte.

Ronal era inginocchiato a terra, in cucina, e stava raccogliendo i vetri rotti di un bicchiere, che si era sfracellato contro le piastrelle bianche.

Per qualche istante Harry si chiese se le parole che aveva pronunciato a bassa voce il rosso fossero in realtà un'autocritica, poi notò chi doveva essere l'interlocutore di Ronald e la sua curiosità aumentò.

«Quello è un gatto?»

La domanda di Harry spaventò Ron, che con un verso terrorizzato fece nuovamente cadere i vetri a terra e si voltò di scatto verso il compagno, sulla soglia del salotto.

«Harry, ciao, cosa fai già alzato?»

«Potrei farti la stessa domanda. È sabato mattina, tu odi svegliarti presto il sabato mattina».

Ronald abbassò nuovamente lo sguardo e tornò a raccogliere i vetri a terra: «Volevo prendere un bicchiere d'acqua, sai avevo sete...»

«Ron, che ci fa un gatto in casa nostra?», chiese Harry, gli occhi puntati sulla minuscola pallina di pelo grigio che spiccava sulle bianche piastrelle della cucina, ma che si sarebbe potuta facilmente mimetizzare sulla moquette del resto della casa.

Ron sospirò e con un colpo di bacchetta aggiustò il bicchiere, che posò sul piano della cucina, poi prese in braccio il gattino e si avvicinò al compagno: «L'ho trovato in una scatola di cartone vicino ai cassonetti dell'immondizia e non ho potuto lasciarlo lì».

Harry osservò il musetto del gattino, notò che uno dei due occhi era chiuso e ricoperto da sporcizia, mentre l'altro era grande e verde; faceva uno strano effetto vedere quella piccola e delicata creatura tra le braccia forti e ricoperte di lentiggini di Ronald.

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