1. Both were sleepless

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[~ENTRAMBI ERANO INSONNI~]
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Quando la vita è troppo breve vuol dire
che è cominciato il destino.
-Alda Merini

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California, San Francisco Streets,
1:15 a.m.

Si afferma che l'insonnia consista in una insoddisfazione di quantità e di qualità del sonno, ma in pochi credono che avvenga per traumi psicologici, infermità mentale o semplicemente si sceglie di restare ad occhi aperti per ingannare la mente nell'ora più oscura della notte. Si gioca con i pensieri e Bryan di questo ne era tremendamente spaventato, la notte per lui era l'esatto istante in cui i suoi demoni potevano rivolgergli contro il passato che cercava di gettarsi alle spalle. Non c'era santa sera che chiudeva occhio e se pur accadesse non era la stanchezza a batterlo. Quella sera, inoltrata a notte fonda, giocava con i capelli per ingannare il tempo quando un'idea ingenua gli balenò negli occhi mentre li rivolgeva al soffitto. Si mise a sedere sul letto e cominciò a ruotare gli occhi su ogni parete sbiadita della camera come per cercare una risposta, controllò l'ora ed era l'una passata, ma purtroppo quel pensiero non voleva proprio andare via. Era il tempo perfetto di uscire e di farsi un giro, magari sarebbe stato utile a tranquillizzare i suoi pensieri o semplicemente di ritrovare il sonno che non gli mancava affatto. Quello era il momento giusto di trovare il tempo per sé, e non solo, guardava il mondo in disparte e ne faceva buon ricordo, ammirava nel silenzio la sua splendida e colorata città dove era nato, la California, un posto dove ritornata quando voleva essere avvolto nell'abbraccio dei ricordi e del calore familiare. Bryan desiderava rivivere l'armonia ma faceva fatica a memorizzarla, il punto era però che non volesse dilatare le sue ferite più di quanto non lo fossero già. Perciò quella notte gli serviva solo per schiarirsi le idee. Si alzò e un attimo dopo era davanti alla sua scrivania, getto l'occhio sui fogli dipinti di inchiostro e ne lesse qualche riga, prima di infilarsi il giubbotto sulle spalle. Quei manoscritti erano l'evidenza della sua inquietudine giornaliera, li aveva infatti definiti "appunti di mente" proprio per non dimenticarsi cosa lo facesse restare ancora in vita. Questo era un altro motivo di cui lo faceva tremendamente dubitare di sé stesso e della sua esistenza. Tirò sulla testa il cappuccio della felpa, nera, come del medesimo colore del giubbotto, dei pantaloni e delle scarpe. Mise sul viso una bandana dal modello paisley, una delle sue preferite, per non mancare dal colore nero, e si rifilò in cucina per cercare le chiavi di casa. Nel frattempo cercava di non guardare l'ora, malgrado nelle seguenti successive avrebbe dovuto svegliarsi per correre a lavoro. Un lavoro umile, ben pagato per la sua portata e per quanto credeva di non meritare. Piuttosto era quello che si poteva permettere per via dei suoi precedenti penali per reati di furto e rapine, detenzione a fini di spaccio e trafficazione illecite di sostante stupefacenti, e per ultimo possesso e detenzione abusiva di armi. In pratica aveva la fedina penale più nera degli abiti che indossava. D'un tratto nella stanza riecheggiò lo squillo di un cellulare, che Bryan aveva lasciato sul ripiano del bancone della piccola cucina e che stava cercando. Si avvicinò indeciso e purtroppo a suo malgrado il display ritraeva il nome di Liam, un vecchio amico che lo cercava spesso per grossi favori da ricambiare. Di certo non buoni. Bryan sapeva il motivo del perché lo stesse cercando e così decise di non rispondere, per il suo bene. Afferrò il cellulare per metterlo in tasca, strinse le chiavi in una mano e nell'altra il coltellino pieghevole che portava sempre con se, uscì fuori dal suo appartamento e mentre scendeva le scale si maledisse per non aver risposto al telefono.

"E se avesse voluto darmi qualche avvertimento? Magari sarà una delle sue solite minacce o delle sue offerte compromettenti. Forse voleva dirmi che mi ha trovato?" erano tutte domande che ormai stavano prendendo forma nella sua testa, erano come tarli sotto pelle e a poco a poco rosicavano fino a consumare la sua mente, in tanto sarebbero state per lui un'altra preoccupazione da aggiungere alla lista. C'è n'erano già fin troppe, non né bastavano altre.
Si asciugò il finto sudore sulla fronte e mise piede fuori dal portone, venendo investito da un venticello freddo che spazzò via la sua agitazione. L'aria fresca gli solleticava morbidamente il viso, come una piuma nel bel mezzo dell'equilibrio del nulla, e quella sensazione benevola finì allo stesso modo prima di svoltare in un vicolo buio. Tuttavia raccolse il coraggio e proseguì nell'unica direzione dove la strada era illuminata da un vecchio lampione malfunzionante, eppure era solito percorrere quella via anche quando la luce non c'era. Si sentiva al sicuro, ma nell'ombra poteva marcire nel suo dolore senza che nessuno lo vedesse. Fece una breve panoramica del quartiere, silenzioso e tranquillo, girando su sé stesso tranquillo e senza nessuna paura di essere visto. Si risollevò dai suoi dubbi, ma prima che davvero potesse farlo del tutto un uomo svolto l'angolo alle sue spalle e si fermò a guardare Bryan dal lato opposto della strada, erano molto lontani fra loro. Ciò non tolse che, alla vista dell'arma che quell'uomo incappucciato impugnasse in una mano, mise terrore al ragazzo tanto da cominciare una maratona. Ciò che lo aveva portato a correre erano gli spari che gli sfioravano la testa, e allora comprese che erano indirizzati a lui e quella voce grottesca in fondo alla strada non poteva che peggiorare le cose.

𝖮𝖭𝖤 𝖣𝖠𝖸 || Uɴᴀ Nᴜᴏᴠᴀ LᴜᴄᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora