𝖮𝖭𝖤 𝖣𝖠𝖸 || Uɴᴀ Nᴜᴏᴠᴀ Lᴜᴄᴇ

3. Madness Wins Ever

[~LA FOLLIA VINCE SEMPRE~]
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Allungando la mano per raggiungere le stelle,
troppo spesso dimentichiamo
i fiori sotto i nostri piedi.
- Jeremy Bentham

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California, San Francisco Streets,
9:26 a.m.

Il ragazzino continuava ad aggiustarsi la camicia che Bryan stropicciava di proposito per infastidirlo, mostrando poi uno dei suoi rari risolini beffardi.
Scomparve nel medesimo istante in cui si rese conto che nel suo appartamento nessuno ci aveva mai messo piede oltre lui. Era un pensiero ridicolo se si pensava che Bryan lo avesse cambiato per farsi un'altra vita in un altro quartiere, senza però mai allontanarsi da quello iniziale, che però ricorreva ai bei momenti passati senza mai abbandonarli per davvero. Capita spesso a chiunque di non voler lasciare un posto per la paura di dimenticare come e quanto ci sia stati bene. È normale, è una questione di visioni differenti e di sensazioni personali che si discute con se stessi. Si può dare un valore affettivo a qualcosa di concreto o astratto, nel caso di Bryan si può dire che la seconda sia stata di sua scelta.
Non ha mai davvero abbandonato l'idea che quell'uomo lo amasse nonostante le problematiche e le vite disastrose che cercavano di nascondere. Preferiva stargli accanto, essere felice con lui e amarlo fino a che morte non li avesse separati.
Che bello il desiderio di vivere per sempre insieme. Una favola surreale.
Si è felici quando il momento peggiore diventa una pillola di salvezza, ti fa credere che il dolore duri per poco e che la gioia sia soffocata dal dolore e dai pianti salati, risana come un fiore alla fine della pioggia. E si torna ad essere più forti di prima.
Ma è davvero così? Perché si da il caso che la morte chiuda una porta e ne apra altre mille.
Chiude quelle del cuore e apre quelle del dolore, del rimpianto, quelle del mare. Nuoteresti nelle lacrime fino allo sfinimento se non fosse che ti mancano le forze, se non fosse per il buco in cui inciampi sempre anche se sai che lui è lì, non va via proprio come il dolore che ha messo le radici all'interno del tuo corpo.
Bryan ci provava ad essere forte, per davvero, provava ad essere felice anche da solo nonostante la vita che godeva era solo un pugno di sofferenza e di cenere. Era difficile essere felice quando in tanti ti ripetono che basta poco per esserlo.
Ma dov'è che la trovi? Bryan si chiedeva spesso perché non lo fosse, soprattutto quando per un tempo ha avuto ciò che voleva, ciò che aveva lottato per portare la sua esistenza alla quiete mai provata. Eppure c'era sempre qualcosa che mancava, non capiva se odiasse sé stesso o se non meritava nulla di quello che aveva.
Aveva trascorso anni altalenanti e difficoltosi, sia prima della prigione che dopo la punizione, sia prima che dopo la morte del suo compagno, e soprattutto dopo aver ingannato inconsciamente Liam con il suo furto. Era stanco, stanco di tutti quei saccheggi anche se economicamente stava bene. Sapeva di sbagliare ma quei gesti lo appagavano da tutta la schifezza che aveva intorno, dimenticando per un momento la ferita aperta che non gli faceva chiudere occhio sia di giorno che di notte. Alcune volte faceva uso di sostanze stupefacenti, droga leggera per svagarsi un pò. E nessuno poteva dirgli niente. Proprio nessuno. Cominciò a considerare come il suo corpo avrebbe reagito se tutta quella merda finiva in lui a dosi sempre più grandi, con usi sempre più continui e risparmi di un mese che finivano in meno di una settimana. Non sapeva se la sua vita sarebbe servita a qualcosa di questo passo, per questo liberarsene per volare libero era l'idea. Questo era il modo di essere davvero felici.
E finalmente lo sarebbe stato, abbandonato dalla malinconia per essere sollevato dall'amore.

Qualunque fosse stato il suo pensiero venne ugualmente interrotto dai lamenti del ragazzino.
-Non sono un giocattolo, non trattarmi come se non potessi rompermi- esalò il biondino dopo una spinta violenta di Bryan, varcavano appena la porta di casa.