Arrivo a casa quasi correndo. Varco la porta, butto lo zaino a terra e volo ai fornelli. Mi tremano un po' le mani e il mio cuore incomincia a battere un po' più veloce mentre prendo una pentola, la riempio d'acqua e la metto sul fornello acceso. Mentre aspetto che l'acqua arrivi alla temperatura di bollitura, vado in bagno. Poi, vado in camera e mi accomodo, togliendomi di dosso i jeans e la maglia. Quando torno in cucina, aspetto un altro po', poi butto la pasta.
Spero che quando arrivi sia di buon umore.
C'è un silenzio incomodo, mentre siamo a tavola. Ogni tanto alzo gli occhi per guardarlo, ma lui non li stacca dal suo piatto. Sembra pensieroso. Vorrei chiedergli cosa gli succede, ma ho un nodo allo stomaco che me lo impedisce.
-Stai bene? -Domando all'improvviso. Lui non mi risponde e il mio nervosismo sale- È successo qualcosa?
Questa volta, alza gli occhi ed incontra i miei. Il cuore batte forte nel mio petto, mentre vedo in lui un velo di malinconia. I suoi lineamenti possenti sono a pezzi, il verde delle sue iridi straziante. Delicatamente, posa la forchetta sul tovagliolo, senza separare lo sguardo dal mio. Poi, in un sussurro, pronuncia:
-Mi manchi.
In un millesimo di secondo, mi sciolgo. Le mie spalle ed ogni mio muscolo si rilassano e faccio uscire fuori ogni singolo respiro trattenuto.
-Mi manchi da morire– Continua, alzandosi in piedi e venendo verso dime. Immediatamente, una parte di me torna ad essere rigida e in allerta. Quando è di fronte a me, alza una mano per accarezzarmi la guancia col dorso. Un dolce brivido percorre il mio viso. Continuiamo a mantenere il contatto visuale tanto che, ad un certo punto, iniziano a farmi male gli occhi. Ma quel piacevole brivido viene brutalmente sfumato quando la sua stretta si serra sulla mia mandibola. Sussulto per il gesto improvviso.
-La cosa che mi fa davvero morire, però, è che non posso averti- Una lacrima scivola sul suo volto mentre pronuncia queste parole, e il cuore mi arriva alla gola.
Apro la bocca per tentare di dire qualcosa, ma non dico nulla.
-Dovrei picchiarti. Ma non voglio farlo. Io ti amo.
Vorrei solo scappare via. È troppo intenso, troppo importante, troppo grande. È una cosa insopportabile, non riesco ad ascoltarlo quando parla in questo modo. Ormai non riesco nemmeno più a capire dove sia la sua mente; se nel passato, nel presente o persa, alla ricerca del tempo.
Quando mi molla, chiudo gli occhi e abbasso la testa, mentre lui mi prende per mano e mi fa alzare dalla sedia. Mi lascio guidare senza nemmeno chiedergli dove mi sta portando. Andiamo in camera. Mi fa sedere sul letto, e capisco che devo distendermi quando lui si sdraia accanto ame. Mi stringe al suo corpo in un abbraccio. Con un immenso dolore al cuore, cerco di rilassarmi e quasi mi viene da piangere. Vorrei poterlo aiutare, quando ha questi momenti di debolezza. Vorrei potergli dire che andrà tutto bene. Che ora è lontano da tutto il male, con me, e dovrebbe vivere nel presente cercando di sorridere e cogliere ciò che gli è stato dato. Anche se, pensandoci bene, non gli è rimasto nulla di buono. Ma io so che, nel profondo, c'è il suo vero Io. So che esiste ancora. So che non è stato del tutto posseduto dal male, dal dolore, perché è a questo che si arriva, no? Quando si vive ancora nel passato e non si riesce a vedere con gli occhi il presente.
-Vorrei poterti riavere indietro. Ed è tutta colpa mia- Sussurra, la voce spenta e vuota.
Improvvisamente, un lampo appare davanti i miei occhi e mi fa riflettere: io sono qui con lui, mi sta toccando e sentendo. Perché dovrebbe voler riavermi se già mi ha?
Solo dopo capisco.
"Dovrei picchiarti, ma non voglio farlo – Vorrei poterti riavere indietro, ed è solo colpa mia".
Non sta parlando di me.
Ma di sua sorella.
Era tutto buio intorno a me e non riuscivo nemmeno a capire dove mi trovavo esattamente. Sembrava di essere in un tunnel alla quale fine si trovava una luce. Solo che, nel mio caso, questa luce non era bianca come la libertà. Ma era rossa. Una luce rosso fuoco.
Feci un passo e non caddi nel vuoto. Potevo camminare e, spinta da una strana sensazione e dalla curiosità, andai verso la fonte luminosa. Quando vi arrivai, uscii al tempo stesso dall'oscurità e il luogo in cui ero prima era stato sostituito da un precipizio con un mare di fiamme. Si sentivano delle urla, delle grida, voci che pregavano aiuto. Mi avvicinai al precipizio, il caldo che si faceva sempre più insopportabile, l'aria che mi bruciava la pelle. Mi sporsi e le vidi immerse nel fuoco, tante figure nere che, disperate, cercavano di scappare. Ma il dolore era più forte e le trascinava indietro più ferocemente. Come fanno le onde dell'oceano. Spaventata, mi tirai indietro, fino a quando non andai a sbattere contro qualcosa che poi, quando mi girai, si rivelò un qualcuno. Era una ragazza. Aveva la testa china e la strana luce verde che aveva intorno andava spegnendosi man mano che si avvicinava al bordo del precipizio.
Spaventata e allo stesso tempo coraggiosa, la presi per il polso prima che potesse sporgersi e cadere. La ragazza si bloccò.
-Cosa stai facendo?- Le domandai allarmata.
Lei alzò la testa e si girò verso di me, con un piccolo sorriso spento sul volto. Non appena la vidi, il cuore mi salì in gola. Quella ragazza ero io.
-Devo andare e bruciare. Questo lo renderà felice- La sua voce era candida e debole.
-Chi renderà felice?
-Ma, come chi? Lui. L'Uomo Nero, lo chiamiamo noi.
-Dove siamo?- Sussurrai.
Lei si portò una ciocca ondulata dietro l'orecchio e continuò:
-Siamo dov'è la sua rabbia, dove Lui trascina pian piano tutte noi.
-Cosa?
-Anche tu devi bruciare- Pronunciò, prendendomi per mano.
Io mi ritirai immediatamente.
-Perché?
-Io ho visto, ho guardato nella tua anima –I suoi occhi erano innocenti e allo stesso tempo intensi e profondi- Ho visto un solo soffio, l'ultimo, che sta per consumarsi come tutti gli altri. Stai diventando polvere come ha sempre voluto lui, stai cadendo in suo possesso e sei solo una fallita adesso. Guarda me, -E, pronunciando queste parole, cominciò ad indietreggiare- sono caduta nella sua trappola, mi ha fatta sua, mi ha fatta in polvere e ora sono...morta- Finì sussurrando. Il suo ultimo sussurro. La sua ultima parola.
Gridai. Gridai in preda alla paura, in preda al panico e le fiamme si fecero più alte, si estesero fino a raggiungermi ed io non potevo scappare. Per quanto ci provassi, non potevo muovermi. Eppure non bruciavo. Era come se in realtà non fossi lì, come se fossi immune a quel fuoco, come se io ero presente solo per osservare.
Allora, come avrei dovuto bruciare?
Mi sembrava di essere all'Inferno, ma solo in uno dei tanti gironi. E, intanto, ne ero sicura. Lei, quella ragazza, era una delle tante parti di me –un'emozione- ed era segnalata con un colore: il colore verde. Quale emozione ha il colore verde?
E, mentre le fiamme bruciavano e si estendevano e s'innalzavano, come se ci fosse posto solo per loro e per nessun altro, come se avessero compiuto il loro atto, pensai che la Speranza è l'ultima a morire.
STAI LEGGENDO
Quello che vidi nei tuoi occhi
RomanceGiulia è una ragazza di 17 anni che nasconde un segreto oltre la porta di casa, dove vive con la persona che ama. Ma un giorno, iniziato il nuovo anno scolastico, conoscerà Franco e il suo cuore si ritroverà diviso in due: da una parte Franco le don...